Articolo 21 - Editoriali
Afghanistan: ecco cosa devono fare lItalia e la comunità internazionale
		
		 
		
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di redazione
A dieci anni dall’11 settembre, una delegazione della Tavola della pace e dell’associazione americana dei familiari delle vittime dell’11 settembre Peaceful Tomorrows è andata a Kabul raccogliendo un punto di vista inedito: quello dei familiari delle vittime della guerra e del terrorismo e quello della società civile afgana. Vincendo mille paure, resistenze, pressioni e preoccupazioni, otto esponenti della società civile italiana e americana sono stati per cinque giorni nella capitale afgana cercando di capire cosa c’è di vero oltre la propaganda e la disinformazione, i luoghi comuni e i pregiudizi. E’ stata la prima volta per una delegazione ufficiale di pacifisti occidentali.
 
I risultati di questa missione sono stati presentati questa mattina in una Conferenza Stampa che si è tenuta a Roma presso la Federazione Nazionale della Stampa.
 
Oltre a dare voce alle preoccupazioni e alle domande raccolte a Kabul e tracciare un bilancio dei dieci anni di guerra che stiamo conducendo in Afghanistan, i partecipanti presentato una serie di proposte precise rivolte a tutte le forze politiche, al Parlamento e al governo italiano che rispondono alla domanda più difficile: e ora, cosa dobbiamo fare? Cosa deve fare l’Italia?
 
1. Riaprire finalmente il dibattito pubblico sul futuro dell’impegno italiano in Afghanistan;
2. contribuire alla messa a punto di una strategia della comunità internazionale per l’Afghanistan e l’intera regione non più basata sul paradigma della “sicurezza militare” ma quello della “sicurezza umana”;
3. definire immediatamente il piano per il ritiro del contingente militare italiano;
4. destinare almeno il trenta percento delle risorse risparmiate con il ritiro del contingente militare alla promozione della sicurezza umana in Afghanistan;
5. raccogliere la domanda pressante dei familiari delle vittime afgane della guerra e del terrorismo di riconoscimento, ascolto, giustizia, sostegno e risarcimento;
6. investire sulle organizzazioni democratiche della società civile afgana consentendogli di organizzarsi e rafforzarsi, promuovendo il loro riconoscimento politico a tutti i livelli, allargando il loro spazio d’azione, rafforzando la loro voce, sostenendo i loro programmi di riconciliazione dal basso, di difesa e promozione dei diritti umani e della democrazia, di formazione e informazione indipendente;
7. sollecitare una presenza non formale della società civile afgana e occidentale alla prossima Conferenza di Bonn;
8. sostenere la Conferenza regionale di Istanbul e di promuovere lo sviluppo della cooperazione economica nell’intera regione.
I risultati di questa missione sono stati presentati questa mattina in una Conferenza Stampa che si è tenuta a Roma presso la Federazione Nazionale della Stampa.
Oltre a dare voce alle preoccupazioni e alle domande raccolte a Kabul e tracciare un bilancio dei dieci anni di guerra che stiamo conducendo in Afghanistan, i partecipanti presentato una serie di proposte precise rivolte a tutte le forze politiche, al Parlamento e al governo italiano che rispondono alla domanda più difficile: e ora, cosa dobbiamo fare? Cosa deve fare l’Italia?
1. Riaprire finalmente il dibattito pubblico sul futuro dell’impegno italiano in Afghanistan;
2. contribuire alla messa a punto di una strategia della comunità internazionale per l’Afghanistan e l’intera regione non più basata sul paradigma della “sicurezza militare” ma quello della “sicurezza umana”;
3. definire immediatamente il piano per il ritiro del contingente militare italiano;
4. destinare almeno il trenta percento delle risorse risparmiate con il ritiro del contingente militare alla promozione della sicurezza umana in Afghanistan;
5. raccogliere la domanda pressante dei familiari delle vittime afgane della guerra e del terrorismo di riconoscimento, ascolto, giustizia, sostegno e risarcimento;
6. investire sulle organizzazioni democratiche della società civile afgana consentendogli di organizzarsi e rafforzarsi, promuovendo il loro riconoscimento politico a tutti i livelli, allargando il loro spazio d’azione, rafforzando la loro voce, sostenendo i loro programmi di riconciliazione dal basso, di difesa e promozione dei diritti umani e della democrazia, di formazione e informazione indipendente;
7. sollecitare una presenza non formale della società civile afgana e occidentale alla prossima Conferenza di Bonn;
8. sostenere la Conferenza regionale di Istanbul e di promuovere lo sviluppo della cooperazione economica nell’intera regione.
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