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Articolo 21 - Editoriali
Le domande cui si vorrebbe fosse data risposta (con buona pace del sottosegretario Giovanardi)
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di Valter Vecellio

A questo punto, la domanda da porsi è: perché, a proposito della strage di Ustica, il sottosegretario Carlo Giovanardi insiste tanto, e con tanto accanimento, con la tesi della bomba a bordo? Secondo questa scuola di pensiero, l’ordigno a tempo, costituito da 200-300 grammi di TNT-T4 sarebbe stato collocato nella toeletta del DC9, poco prima del decollo da Bologna. In particolare, l’attentatore avrebbe collocato la bomba nel piccolo vano dove si trovano le strisce di carte che si usano per coprire il WC. Un attentato, dunque. Commesso da chi? Mistero. Per quale motivo? Altro mistero. L’attentato non è mai stato rivendicato. Andiamo avanti. Tra i rottami del DC9 ripescati, c’è il disco di plastica che ricopre il water nella toeletta. Intatto. Come è possibile, dopo una simile esplosione, in un piccolo vano? C’è una spiegazione possibile, la troviamo a pag.111 del libro “La minaccia e la vendetta” (Franco Angeli editore), scritto da un altro sostenitore della tesi della bomba: l’ex ministro Giuseppe Zamberletti: “…E’ una spiegazione macabra non logica. La toeletta era occupata. Il corpo di qualcuno ha fatto da schermo…Ripeto: è macabra, ma è impensabile che al momento dell’esplosione l’unica toeletta posteriore del DC9 fosse vuota. L’aereo aveva molti passeggeri a bordo, era giunto alla parte terminale del suo volo e stava per iniziare la fase di avvicinamento per l’atterraggio…Quello è un momento in cui la toeletta di un aereo è sempre occupata da qualche passeggero…”. A dire il vero, quando comincia la fase di atterraggio è il momento in cui – come sa chiunque sia salito su un aereo – il personale di bordo invita i passeggeri a sedersi, tenere allacciate le cinture, alzare i tavolini e rimettere in posizione verticale le poltrone. Però certo, si può sempre avere un bisogno impellente, irrefrenabile.
   Col permesso di Zamberletti e di Giovanardi (ma anche senza il loro permesso), si dà più credito a Rosario Priore, il magistrato che ha svolto lunghe e pazienti indagini sulla strage di Ustica. E per non incappare in errori e imprecisioni, si farà ricorso a quello che lo stesso Priore sostiene in un libro, “Intrigo internazionale. Perché la guerra in Italia. Le verità che non si sono mai potute dire”, scritto con Giovanni Fasanella (Chiarelettere). Quella relativa alla strage di Ustica, scandisce Priore, “è una verità indicibile, quella che non è stato possibile rivelare in occasione dell’inchiesta giudiziaria, come del resto è capitato in molte altre inchieste su episodi oscuri della storia italiana recente, a cominciare dalle stragi e dai legami internazionali del nostro terrorismo. Una verità su Ustica, misconosciuta dalle sentenze assolutorie, ma che oggi viene affermata a mezza bocca anche dalle più alte istituzioni. Ma la si dice e poi quasi la si ritratta nella speranza che col tempo venga disinnescato il suo effetto deflagrante, e quindi venga rimossa (pag.134-135). A proposito della teoria della bomba, Priore dice: “E’ stata sostenuta a lungo, e ancora oggi c’è chi ne è convinto. Ma è poco credibile, perché le parti principali di questo vano sono state ripescate e su di esse non c’era alcuna traccia di esplosione. No, questa ipotesi non è sostenibile, anche se i periti non hanno raggiunto l’unanimità dei pareri…” (pagg.135-136).
   Ancor meno credibile la tesi che si vuole accreditare che quella sera, in quella porzione di cielo, il DC9 volasse solo. “I periti dell’aeronautica hanno sostenuto che l’aereo Itavia quella sera, a quell’ora, in quello spazio, volasse ‘solo’, cioè non fosse stato avvicinato da altri velivoli, né civili né militari. E non è vero. Dall’inchiesta è emerso che il nostro aereo civile non volava solo. Anzi, si era trovato, diciamo così, in una situazione complessa: era stato seguito, affiancato e intersecato da altri aerei. Questo dicono con chiarezza le tracce radar…” (pag.136). E ancora: “…l’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga, che all’epoca era presidente del Consiglio, ha detto qualcosa in proposito. Riferendo informazioni provenienti dall’interno dei nostri servizi, ha parlato di una responsabilità francese” (pag.152); dai francesi, ricorda Priore, ci fu la chiusura più totale: “In tutte le epoche e da tutti i governi. Sia Vàlery Giscard d’Estaing sia François Mitterrand si chiusero a riccio, persistendo nella politica di tutela assoluta dei segreti di stato, a prescindere dal colore dei governi. Qualche indicazione preziosa la ricavai invece da un lungo colloquio con Alexandre de Marenches, il direttore dello SDECE, il servizio segreto francese all’epoca di Ustica…Mi disse che le mie ricerche in Francia non avrebbero sortito alcun effetto…” (pag.154). Infine la testimonianza del generale dei carabinieri Nicolò Bozzo, già collaboratore del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa: “Ci aveva segnalato un intenso traffico aereo in partenza verso sud dalla Corsica. Si trovava in vacanza con il fratello e la famiglia sull’isola francese a due passi da Solenzara, ed era in un albergo la cui finestra dava proprio sulla base aerea. Ci disse che quella sera, fino a notte inoltrata, ci furono continui decolli e atterraggi di caccia militari, esercitazioni a cui partecipavano squadroni di più paesi europei…(pag.155).
   Priore a parte, anche il presidente Cossiga ha in più occasioni puntato l’indice contro i francesi. Lo ha fatto, per esempio, rispondendo alle domande dei magistrati di Palermo. Ha raccontato, per esempio, che l’ammiraglio Fulvio Martini, all’epoca direttore del SISMI, gli aveva rivelato che “ad abbattere il DC9, per mero errore, sarebbe stato un aereo dell’aviazione francese decollato da una portaerei francese al largo del sud della Corsica…l’aereo francese aveva in realtà come missione l’abbattimento di un aereo che trasportava il colonnello Gheddafi”. Sempre Cossiga riferisce che il generale Santovito, anche lui direttore del SISMI prima di Martini, gli aveva confidato che “i servizi italiani avevano salvato il colonnello Gheddafi da un attentato, perché era stato avvisato di non partire con l’aereo oppure di tornare indietro dopo essere partito”.
   Con buona pace di Giovanardi, quella notte il DC9 Itavia non era solo.
   Ora conviene riferirsi a un’interrogazione del 7 marzo 2011, la n.4-11148 presentata dai parlamentari radicali. Ai ministri della Difesa e per i rapporti con il Parlamento si chiede se sia vero che rischia una “sonora querela chiunque sosterrà che il DC9 dell’Itavia fu abbattuto sui cieli di Ustica il 27 giugno del 1980 durante un combattimento aereo tra velivoli militari o da un missile, tirando in ballo depistagli della nostra Aeronautica militare”, e che si sarebbe dato incarico specificatamente all’Avvocatura dello Stato, “onde tutelare l’onore dell’Aeronautica e dei suoi generali, se qualche scettico dovesse tornare a ipotizzare loro responsabilità”. Nell’interrogazione si chiede se sia vero che sia stato incaricato, e da chi, il Ministro per i rapporti con il Parlamento di “vigilare” sul rispetto della versione “secondo la quale il DC9 Itavia sia esploso a causa di una bomba collocata a bordo”. L’interrogazione attende ancora risposta, ma il sottosegretario Giovanardi è più attivo che mai. Resta da capire:
   a) il Governo e il presidente del Consiglio condividono l’attivismo – chiamiamolo così - del sottosegretario Giovanardi?
   b) Perché il sottosegretario Giovanardi ha preso tanto a cuore la questione? Ha avuto una delega dal Governo (e se sì, perché?), oppure il suo “attivismo” è frutto di iniziativa personale? 
   c) E’ vero quanto riferisce Andrea Purgatori in un commento per “Il Corriere della Sera”, “che l’organizzazione Human Rights Watch ha messo le mani, a Tripoli, sull’archivio segreto dell’intelligence libica che – ha rivelatoli responsabile del settore emergenze Peter Bouckaert, contiene moltissimi documenti su quanto accadde il 27 giugno 1980”? Ci si è attivati, ci si attiverà, per ottenere copia di quei “moltissimi documenti”?
   Con buona pace del sottosegretario Giovanardi, sono queste le questioni che premono, le domande cui si vorrebbe fosse data risposta.

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