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Il 19 settembre al Circo Massimo battiamo un ‘colpo’ per la pace in Sudan
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di Antonella Napoli

Il 19 settembre al Circo Massimo battiamo un ‘colpo’ per la pace in Sudan

Mentre Omar Hassan al Bashir, presidente sudanese su cui pende un ordine di cattura della Corte penale internazionale per genocidio, crimini di guerra e contro l'umanità, continua a visitare indisturbato Stati africani senza rischiare l’arresto, la tensione interna in vista del referendum per l'indipendenza del Sud Sudan, previsto nel 2011, è sempre più alta. Per scongiurare una ripresa su larga scala del conflitto, che potrebbe tramutarsi in una nuova guerra civile, il 19 settembre la coalizione internazionale Sudan365, di cui è membro  fondatore ‘Italians for Darfur’ insieme ad Amnesty International, Human Rughts Watch, Save Darfur e Crisis Action, ha promosso una Giornata per la pace in Sudan a cui ha aderito convintamente Articolo 21, che sarà rappresentata dal segretario Tommaso Fulfaro. L’appuntamento a Roma è al Circo Massimo, Ara Massima d’Ercole, alle 11.
Attivisti italiani, rifugiati africani e musicisti animeranno una 'drum session' con ospite d’onore Tony Esposito, testimonial italiano della campagna, e i percussionisti di Circles.it coordinati da Lorenzo Rompato.
L'obiettivo è quello di tenere alta l'attenzione sul Sudan in vista dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite che si svolgerà dal 20 al 24 settembre a New York dove i leader del mondo, compreso il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama, si incontreranno per discutere del futuro di questo complesso e importante Stato africano.
Il timore che la situazione in Sudan si sia pericolosamente deteriorata  spinge tutte le organizzazioni che si battono per i diritti umani a spronare i governanti affinché un'eventuale emergenza non sia mal gestita con un impatto devastante su milioni di civili.
Attraverso una video – petizione Italians for Darfur, Articolo 21 e le altre organizzazioni che aderiscono all’iniziativa chiedono un intervento al ministro degli Esteri Franco Frattini quale garante, insieme ad altri paesi, del ‘Comphrensive peace Agreement’ che nel 2005 ha sancito la fine dell'ultra ventennale guerra tra Nord e Sud Sudan.
Gli accordi di pace generali avevano stabilito che fosse un referendum per  l’autodeterminazione a  stabilire  se  il  Sudan  meridionale si sarebbe  separato  dal  resto  del Paese. Quel momento è giunto E ormai sembra scontata l’indipendenza del Sud da Khartoum. 
Ad  Abyei, in  contemporanea, si terrà  un  secondo  referendum  che chiederà ai cittadini di questa strategica e ricca area petrolifera di scegliere  se mantenere lo status di regione a statuto speciale con il nord o se unirsi al Sud.
Indipendentemente dal risultato delle urne il Sudan cambierà radicalmente una volta che gli accordi temporanei del CPA, a 6 mesi dal voto, saranno scaduti e la  Costituzione ad interim del 2005 sarà rinegoziata. 
La gestione di questa fase, e la conseguente transizione, si preannuncia piena di insidie e né il Sudan, né i Garanti internazionali che hanno formalmente garantito il loro supporto all’adozione dell’Accordo, sembrano pronti ad affrontarla
E il  tempo continua a scorrere  veloce. Per questo è  essenziale che i Garanti  raddoppino  il  loro  impegno  in  modo  da  assicurare  una  preparazione  adeguata  ai  referendum,  supportando  il raggiungimento  degli  accordi  sui punti più sensibili, quali la  demarcazione  dei  confini  e lo  sfruttamento delle risorse petrolifere.
Tutti gli attivisti impegnati nella campagna Sudan365, dall'Africa al Medio Oriente e dall'Europa agli Stati Uniti, nei mesi scordi attraverso un dettagliato rapporto avevano già chiesto un'azione urgente per prevenire irregolarità e abusi dei diritti umani in occasione dell’appuntamento elettorale.
Il dossier denunciava il tentativo di alcuni esponenti del governo sudanese di destabilizzare il processo elettorale e sosteneva che a poco più di 5 mesi dal 9 gennaio 2011, il periodo che precedeva il voto e l'esito delle consultazioni dovesse essere gestito con estrema attenzione e con una visione complessiva delle questioni non risolte.
La speranza degli osservatori internazionali e degli attivisti è che l'esperienza fallimentare degli ultimi anni, che ha dimostrato quanto possa essere dannoso concentrarsi su una sola parte del Sudan a discapito di un'altra, scoraggi coloro che vorrebbero continuare a focalizzare l'attenzione sul processo di definizione dell'accordo di pace senza tenere conto delle situazioni ancora non definite nelle altre aree critiche nel Paese, affrontando questa delicatissima fase nella sua complessità. Questa è l'unica chance per evitare che il Sudan precipiti in un baratro di violenza e sangue.


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