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Segreto di stato. Calipari: " Aprire gli archivi, verità e giustizia per i famigliari delle vittime"
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di Michele Cervo

Segreto di stato. Calipari: " Aprire gli archivi, verità e giustizia per i famigliari delle vittime"

C’è una legge, la 124 del 2007 varata dal Governo Prodi, che pone un tetto, massimo 30 anni,  alla secretazione dei documenti custoditi dai servizi di sicurezza nazionali. E c’è una commissione, presieduta da Renato Granata, voluta dall’attuale esecutivo, che punta ad estendere oltre i 30 anni tale limite. Non solo, lo stesso governo  non ha ancora varato i decreti attuativi, senza i quali la legge 124 non potrà essere applicata.  Nei giorni scorsi il comitato “Aprite gli archivi”, costituito in gran parte dai familiari delle vittime di stragi, con 40 mila firme raccolte sul sito di Repubblica.it si è presentato davanti al Copasir,  presieduto da Massimo D’Alema, per chiedere l’apertura dei 108 archivi dei servizi segreti sparsi in Italia. L’iniziativa è nata dopo la sentenza che ha assolto tutti gli imputati nel processo sulla strage di Piazza della Loggia a Brescia. Le norme sono chiare, ma i componenti del comitato e diversi parlamentari che si sono occupati della vicenda, ritengono che ci sia la volontà da parte della Presidenza del Consiglio di procedere ad una revisione di tutto l’impianto della legge. Preoccupazione che si riscontra nelle parole dell’onorevole Rosa Villecco Calipari. “La commissione Granata – dice – ha portato all’interno del comitato di controllo sui servizi segreti dei risultati che pongono una serie di paletti. Non solo quello di allungare il termine dei 30 anni, ma anche sulla desecretazione”.

Allora onorevole Calipari ci spiega quali sono questi paletti?
“Ci sono tanti archivi sul territorio, come  ha riferito il presidente del Copasir D’Alema,  che fanno capo ai servizi segreti e molto probabilmente sono gli archivi dei vari centri dislocati in tutta Italia. Quindi la legge che nella sua interpretazione diceva che c’è il compito di riunire in un archivio unico questi documenti segreti e da desecretare, incontra una oggettiva difficoltà. Laddove non si toccasse il termine dei trent’anni, il rischio è che tutta questa macchina organizzativa che prevede un enorme impegno, risorse e soprattutto la volontà di farlo, troverebbe un ostacolo dal punto di vista strettamente oggettivo. Cioè mettere sotto tutela il tutto e fare in modo che non passi il coordinamento unico, che fa capo ai servizi, degli archivi. L’altro rischio è che nonostante siano stati respinti dal Copasir i paletti introdotti dalla commissione Granata,  non solo quelli di ordine temporale, ma anche  di una desecretazione che può avvenire tenendo conto di accordi internazionali, oppure a quali soggetti aprire e a chi no, che ribadisco va contro l’interpretazione della legge 124, l’altro rischio, dicevo, è che il governo potrebbe decidere di apportare delle modifiche alla legge votata nel 2007 e quindi rimettere in discussione tutta la questione legata al segreto. Oppure non fare assolutamente nulla, fermando i decreti attuativi”.

Questi archivi fanno ancora paura e a chi in particolare?
“Gli archivi sono tanti. L’altra parte dell’appello (“Aprite gli archivi” n.d.r.) fa riferimento anche a carte secretate o riservate che fanno parte di archivi che non sono dei servizi segreti, ma sono gli archivi delle forze dell’ordine e di tutta polizia giudiziaria. E mettono in gioco anche gli stessi archivi degli esteri. Perché la connessione tra le varie carte, potrebbe far comprendere cosa è avvenuto per  alcuni eventi come le stragi, laddove non c’è, e non ci può essere per legge, una vera apposizione del segreto di Stato. Ma il problema è che se alcune carte riservate , mi viene in mente Ustica, sono connesse a rapporti internazionali, li magari  il magistrato non è riuscito mai ad arrivarci e quindi ovviamente quel filone l’indagine non ha potuto mai prenderlo. Quindi bisogna mettere in rete tutti questi archivi ed aprirli, dopo trent’anni, a tutti i soggetti interessati, studiosi, cittadini, familiari delle vittime, perché quest’ultimi sono i primi ad avere il diritto di verità e giustizia, penso che sia questo il vero senso dell’appello”.
 
E sarà data anche la possibilità di riaprire i processi sulle stragi e riformulare quelli in corso.

“Certo. E questo riguarda anche i processi per mafia. Visto che si sta parlando di ipotetiche o possibili trattative Stato-mafia in alcuni anni anche stragi di mafia potrebbero trovare dei risvolti investigativi di altra natura”.

Secondo Lei come mai queste notizie passano sotto traccia in tutto il sistema dell’informazione?
“Quando è stata costituita questa commissione governativa, io ed altri miei colleghi abbiamo trovato la notizia solo su un’agenzia. Nessuno ne sapeva niente, tranne ovviamente chi l’aveva costituita, cioè il governo, e ovviamente il comitato di controllo. Per tutto il resto i giornalisti non se ne erano accorti, non avevano capito nemmeno l’entità del problema. Noi abbiamo monitorato il tutto molto attentamente, facendo quello che compete ai parlamentari, interrogazioni, richieste. Devo dire che la stampa è stata poco attenta in questo anno e mezzo in cui abbiamo sollevato il problema. Si, c’è una carenza soprattutto d’informazione, ma nonostante questo 41 mila firme dimostrano che c’è qualcosa all’interno dell’opinione pubblica che è forte come sentimento. Cioè vogliono capire  cosa è successo  in alcuni anni drammatici che hanno insanguinato  piazze e vie di questo paese, che hanno toccato tante persone e tante famiglie.  Servirebbe per fare chiarezza, per ottenere una verità storica, laddove non c’è stata una verità giuridica e giudiziaria nei processi, l’unico modo per consentire una pacificazione degli animi in un paese civile e democratico”.

 

 


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