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Siddi: "Lotta al precariato e contro ogni forma di bavaglio all'informazione"
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di Michele Cervo

Siddi: "Lotta al precariato e contro ogni forma di bavaglio all'informazione"

Franco Siddi e Roberto Natale sono stati riconfermati rispettivamente segretario e presidente della Federazione nazionele della stampa, il sindacato unico dei giornalisti italiani, al termine del ventiseiesimo congresso che si è tenuto per l'intera settimana a Bergamo. Un' assise che ha visto confrontarsi i delegati di tutte le Associazioni regionali sui temi che più preoccupano l'intera categoria, come la lotta al precariato, il rapporto con gli editori, la lotta contro ogni forma di bavaglio all'informazione. Un tema, quest'ultimo, che sta a cuore al riconfermato Siddi.

Segretario, non le pare che ruolo e funzione del giornalista siano messi in crisi da proposte di legge non a caso definite "leggi bavaglio"?
"La credibilità del giornalista è condizione fondamentale per affermarne il ruolo e la funzione che esso ha nelle società democratiche. Ruolo e funzioni oggi sono in crisi non solo in Italia, ma anche fuori. Abbiamo visto cosa sta accadendo in Ungheria".

Sui fatti ungheresi avete anche approvato una mozione.
Il congresso si è levato tutto compatto per denunciare le vicende ungheresi. Per nessun giornalista in Italia e in Europa un bavaglio di qualsiasi genere può essere tollerato. Tantomeno se questo bavaglio arriva per legge, attraverso forme di censura. Il congresso ha approvato una mozione con la quale in sostanza il sindacato ha voluto dire che combatterà qualsiasi forma di bavaglio in Italia e in Europa. E se il congresso si leva per contrastare la legge ungherese, lo fa perché avverte che la diffusione di quel seme maligno può determinare squilibri nella corretta informazione ovunque. Noi ci siamo già passati. Nel precedente triennio contro proposte di legge che avrebbero messo in serio pericolo la libertà d'informazione abbiamo scioperato e manifestato, come il 3 ottobre del 2009 e poi a luglio 2010. Perché con la difesa alla libertà d'informazione noi inneschiamo anche le battaglie per il lavoro e per il giornalismo professionale credibile e autorevole.

Sulla questione lavoro e lotta al precariato Lei pensa che il caso Fiat possa estendersi anche ad altre categorie, così come auspicato dal Ministro del Welfare?
"Credo che i ministri abbiano una responsabilità diversa da quella di Marchionne e dovrebbero guardare cosa serve all'Italia. Immaginare di trasformare le relazioni industriali di una azienda manifatturiera come la Fiat, che indifferentemente è pronta ad operare alla stessa maniera sia se l'azienda rimane in Italia sia che vada in America, credo non possa essere assunto come modello per il paese. Che poi quell'accordo abbia effetti positivi o negativi per lo specifico dei lavoratori di quell'azienda, mi pare che sia un tormento che angoscia soprattutto i lavoratori di quell'azienda, che sono stati costretti ad un referendum dal quale non esce una indicazione illuminante. Abbiamo l'impressione che ci sia molto una forma di necessità delle persone. Per quanto riguarda noi, non è sovrapponibile ciò che sta accadendo in Fiat al mondo dell'informazione. Noi riteniamo che i contratti collettivi ed i diritti universali debbano essere salvaguardati, insieme alla democrazia sindacale e alla rappresentanza. Se in quella vicenda alcuni di questi aspetti sono in discussione è evidente che ci preoccupiamo. Ma abbiamo avuto durante il congresso anche una risposta, direi convergente.

Si riferisce agli editori?
"Qualcuno ha criticato il fatto di aver cercato questo dialogo con gli editori. Tuttavia gli editori, come noi, hanno convenuto che per il sistema avanzato dei media moderni, che ha una relazione stretta con la democrazia, non c'è bisogno di pensare a Mirafiori".

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