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Rogo di Roma: Pino Petruzzelli, "Ognuno vede nel Rom il responsabile dei propri fallimenti"
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di Brunella Trifilio

Rogo di Roma: Pino Petruzzelli, "Ognuno vede nel Rom il responsabile dei propri fallimenti"

Ai quattro piccoli Rom morti nel rogo della loro baracca in via Appia Nuova, Roma ha tributato un giorno di lutto cittadino. “Una tragedia che pesa su tutti noi” ha commentato il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Una tragedia che si ripete, come quella dell'agosto 2007 a Livorno raccontata da Pino Petruzzelli nel suo libro “Non chiamarmi zingaro” edito da Chiarelettere. Che denuncia: ”l'uso che dei Rom si fa in campagna elettorale o in momenti di crisi è risaputo. Anche Hitler li tirò in ballo per dare un contentino all'opinione pubblica che vedeva nello zingaro il responsabile dei propri fallimenti”.

Lei ha dedicato un capitolo del suo libro ai quattro bambini morti tra le fiamme che, per casualità o attentato - nell’agosto del 2007 - distrussero l’accampamento Rom sotto il ponte di Pian di Rota, a Livorno. La tragedia si ripete: al campo Rom della via Appia, a Roma, perdono la vita altri quattro bambini. Annunci elettorali promettenti, ad elezioni concluse, restano quello che sono: parole che fanno vincere e poi sfumano in morte e disadattamento. Cosa sta succedendo nel nostro Paese?
“Nessuno ha mai fatto nulla per gli “zingari” dato che hanno un’aspettativa di vita al di sotto della media nazionale. Oggi fa notizia la morte dei quattro bambini, ma quanti altri piccoli zingari sono morti sotto i ponti senza che la notizia venisse poi riportata sui giornali? Quanti bambini rom sono morti di freddo o di tubercolosi. Quanti bambini rom sono nati e poi morti tra le baracche lasciate sorgere nelle discariche. Anche quando morirono i bambini a Livorno l’opinione pubblica si destò. Lo sdegno durò solo pochi giorni e tutto tornò come prima: la famiglia che perse i figli nell’incendio si ritrovò ancora una volta sotto un ponte. A che serve vedere delle persone in difficoltà e poi non fare nulla per aiutarle? Chi avrebbe dovuto occuparsi di quei bambini? Quale assessorato? Quello alla sicurezza? Quello ai servizi sociali? Come è possibile che abbiano lasciato delle famiglie vivere in baracche? Come è possibile che il nostro sdegno non arrivi a chiedere conto a nessuno di queste morti? C’è una sola risposta: per una buona fetta di italiani, quei bambini sono morti anche per colpa, se non proprio loro, dei genitori. Quante anime candide avranno detto: “E’ terribile quello che è successo, ma io mai avrei lasciato i miei figli da soli. Cosa vuoi, sono zingari.” D'altronde la storia si ripete e come per l’incendio di Livorno a anche a Roma i genitori dei bambini morti saranno indagati per abbandono di minori. Mi chiedo quanti di noi gagé, pronti a scagliarci contro gli zingari, lasciano soli i bambini in casa. Anche solo per un’ora. Anche solo per cinque minuti”.

Il padre dei bambini morti nel rogo di Roma ha riferito di continui, inutili sgomberi.  Anche i superstiti della tragedia di Livorno le hanno raccontato delle loro peregrinazioni e dello stesso epilogo. Lei scrive, in proposito, “La priorità non era dove sistemarli, ma il loro allontanamento dal luogo in cui si trovavano in quel momento”. Il sindaco Alemanno, ha posto l’accento sulla necessità di sgomberare i campi abusivi. Gli sgomberi sono la giusta via d’uscita o il reiterato tentativo di ghettizzare gli zingari – con l’allontanamento dal contesto cittadino – per proprio tornaconto politico?
 “L’uso che dei rom si fa in campagna elettorale o in momenti di crisi è risaputo. Anche Hitler li tirò in ballo per dare un contentino all’opinione pubblica che vedeva nello zingaro il responsabile dei propri fallimenti. Gli zingari servono per ricompattare l’elettorato quando questo sembra prendere una strada diversa. Naturalmente nessun politico voleva la morte dei quattro bambini e nessuno ha festeggiato, ma tanti hanno preso la palla al balzo per dare una parvenza di umana pietà  al razzismo delle proprie scelte. Ciò che noi cittadini chiediamo a un politico, di qualunque colore sia, è di provare a prevenire i possibili disastri. Ogni politico può scegliere come meglio intervenire, ma sotto un ponte o in baracche non deve farci vivere nessuno. Se le istituzioni sapevano perché non hanno agito? E se non sapevano perché non si dimettono? Non penso ci sia una precisa volontà di ghettizzare i rom, c’è solo la noncuranza per la parte debole di una società. E dal mio punto di vista si tratta di un atteggiamento più pericoloso e subdolo perché finisce col mettere i poveri contro i poveri.
 
Altra Regione, altra storia recente: lo sgombero dei Rom nella zona di Opera, in Lombardia. Era il dicembre del 2006 e le ruspe rasero al suolo le baracche che ospitavano i Rom sui terreni di proprietà dell’imprenditore Salvatore Ligresti. Le ragioni degli affari, anche allora, andarono veloci rispetto a quelle della vita: chi non aveva fatto in tempo a raccattare le sue cose perse tutto sotto le macerie; i bambini non ritrovarono i loro quaderni. I Rom finirono in un altro accampamento, subito accerchiato da presidianti organizzati. Lei ricorda, in particolare: la partecipazione, al “Presidio”, dell’onorevole Borghezio; lo striscione che recitava “Per Natale avevo chiesto i Pooh e invece sono arrivati i Nomadi”; i suggerimenti del Gruppo consigliare della Lega Nord di Opera, “No! Al campo nomadi! Al sindaco! Al prete! A tutti coloro che hanno scelto di stare non con i cittadini ma con gli zingari!”; e il “Rom.Pi. Bar”, bivacco felice di manifestanti agguerriti contro i Rom. Non pensa che il degrado delle condizioni di vita dei nomadi sia una diretta conseguenza dell’imbarbarimento della politica e dei comportamenti istituzionali e del modo di pensare della gente comune? E’ questo che serve al nuovo modo di fare politica? 
“Ho sempre suggerito di andare a veder come si vive in un campo nomadi. Si sopravvive magari con un bagno chimico da dividere in cento persone. E se allo scoccare dell’ennesimo anno in simili condizioni si vuol costruire un bagno in muratura, si è accusati di abuso edilizio come lamentava un consigliere comunale durante un incontro pubblico. Certo il campo nomadi non è un lager, ma è qualcosa di profondamente incivile. Il discorso oggi non è tra accoglienza si e accoglienza no, ma tra civiltà e barbarie, come sostiene Enzo Bianchi”.
 
Nel suo libro, lei ricorda i cinquecentomila zingari uccisi nei Lager, ma anche le deportazioni dei nostri tempi: gli sgomberi di Genova, Livorno, Opera, Roma. Alla luce della sua esperienza, cos’è cambiato dagli anni bui del nazismo nei confronti della diversità?
“Ripeto, i campi nomadi non sono dei lager e assimilarli significa lasciare la possibilità alla parte peggiore della nostra società di trovare una scappatoia alla precisa accusa di razzismo. Il razzista che spaventa è il benpensante che popola le nostre strade e che con il suo “buonsenso” maschera l’odio per il diverso con la richiesta di una vita tranquilla e indifferente verso tutto ciò che accade intorno. E’ anche vero che il nazismo non è scomparso, ha solo affinato le armi: niente più camere a gas, ma guerra tra poveri. E quando i poveri si ammazzano tra loro lo sfruttatore resta libero di agire”.
 
La vicepresidente della Commissione Europea, Viviane Reding, protagonista di un durissimo scontro con il presidente Sarkozy a causa delle espulsioni dei Rom dalla Francia, ha dichiarato che quest’ultima tragedia “… dimostra che l’integrazione dei Rom deve restare in cima alle priorità dell’agenda politica” lasciando intravedere la possibilità che il resto dell’Europa si proponga di seguire una strada diversa. Anna, una zingara che nasconde la sua etnia per svolgere la professione di medico tra i gagé, le ha confidato il suo punto di vista. “Oggi, forse quasi nessuno avrebbe da ridire sugli ebrei, sui testimoni di Geova, sugli omosessuali, ma sui Rom, sugli zingari c’è ancora tanta di quella strada da fare che ho preferito tacere …”.  Il silenzio che circoscrive la vita dei Rom nel nostro Paese è un problema solo italiano?
“Purtroppo i rom sono discriminati ovunque, anche se l’Italia, in questa triste classifica, è ai primi posti. Il nostro Pese deve risolvere la questione dei campi nomadi. Bisogna dirlo: i campi nomadi sono una caratteristica solo italiana perché si è convinti che il nomadismo è una caratteristica genetica e non una necessità. Perché non si è mai dato dei nomadi al popolo ebraico che pure è stato sempre costretto a fuggire da continue persecuzioni? Chi si sposta lo fa per cercare altrove condizioni di vita favorevoli e non perché è geneticamente nomade. In tutta Europa i rom e i sinti vivono in appartamenti come tutti o, se estremamente poveri, in baracche illegali. Il campo nomadi, ovvero la segregazione istituzionalizzata è una prerogativa solo italiana. Ogni miglioramento non potrà che nascere dalla chiusura dei campi nomadi. Il fatto che alcuni rom o sinti vogliano ancora vivere in campi nomadi dimostra solo la paura che hanno di essere discriminati da una società che li ritiene un corpo estraneo e indesiderato”.
 
Ultimamente, sembrerebbe che i comportamenti malavitosi del Sud stiano tentando una scalata nazionale. Eppure proprio al Sud qualcuno prova a cambiare registro. Nel dicembre scorso il poeta Giuseppe Salvatore vince il Premio “ Antonio Proviero” con una poesia dal titolo evocativo (Livorno, Agosto 2007) che ci ammonisce sull’indifferenza.  A seguito dei fatti di Roma, il sindaco di Bari Emiliano, ci rammenta che “siamo tutti responsabili di questa tragedia a causa delle sgangherate modalità con le quali affrontiamo il fenomeno dei popoli nomadi”. Un meridione esemplare per il resto d’Italia o un’estemporanea e felice coincidenza dopo gli episodi d’intolleranza verso i migranti del rosarnese e del casertano? Cosa dovrebbe fare concretamente oggi un gagè, perché anche allo zingaro sia dato il diritto alla vita?
“Le cose si cambiano solo continuando a lottare e a portare dalla nostra parte tutti coloro che scelgono di dare valore alla vita come fondamento per una società attenta alle generazioni che verranno. Apprezzo molto i gesti di chi in questi giorni ha scelto di spendere una parola di pietà e di umanità nei confronti del popolo rom. A questo punto però chiediamo che le parole divengano fatti a cominciare da domani, quando i riflettori sulla morte dei quattro bambini si saranno spenti. Altri bambini, vivi, chiedono una vita dignitosa e sicura”.

"Dichiarazioni Maiolo? Un’estremizzazione del pensiero di Borghezio". Intervista a Fabio Granata - di Elisabetta Viozzi / Piano nomadi, Filippo Miraglia (Arci): "Il piano nomadi ha fallito, i campi vanno chiusi" / Piano nomadi: la demagogia securitaria sulla testa dei Rom - di Bruna Iacopino (dalla rivista Confronti -  dicembre 2010)

Appuntamenti: Contro il Piano nomadi. Per il diritto alla casa. Presidio in Piazza del Campidoglio domani alle ore 18.00


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