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Buon compleanno Bahman – Lettera a un giornalista iraniano in carcere
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di Marco Curatolo

Buon compleanno Bahman – Lettera a un giornalista iraniano in carcere Il 22 maggio 2011 Bahman Ahmadi Amouee, giornalista economico iraniano, compie 42 anni. Trascorre il suo compleanno nel carcere di Evin, a Teheran, dove sta scontando una pena a cinque anni di reclusione e dove, con il breve intervallo di un permesso di 72 giorni concessogli tra marzo e maggio 2010, si trova dal 20 giugno 2009.
Bahman fu arrestato lo stesso giorno in cui, in una strada di Teheran, la ventiseienne Neda Agha Soltan venne uccisa da un miliziano basij, diventando il simbolo della lotta per la libertà dei giovani iraniani. Alla gente che contestava in piazza i risultati elettorali e la rielezione di Mahmoud Ahmadinejad, il regime rispose reprimendo la protesta e arrestando migliaia di giornalisti, studenti, attivisti per i diritti umani, avversari politici e semplici cittadini.
Bahman fu portato a Evin insieme a sua moglie Jila Baniyaghoub, anche lei giornalista. La sua colpa era quella di avere svolto il suo lavoro, criticando la politica economica del governo. Per i suoi articoli fu condannato a 7 anni di prigione, diventati poi 5 in appello, con le accuse di “attentato alla sicurezza nazionale”, “propaganda contro il sistema” e “offese contro il presidente”.
Sua moglie Jila, dopo due mesi, è uscita di prigione, ma sul suo capo pende una condanna a un anno di detenzione e a 30 anni di divieto dall’esercizio della professione giornalistica. Con molto coraggio, Jila ha continuato a pubblicare articoli sul suo blog http://www.zhila.org/ ma è stata ripetutamente convocata in tribunale per risponderne, e minacciata.
Nel frattempo, a Evin, Bahman ha trascorso mesi in isolamento, settimane in sciopero della fame, ha subito pressioni e maltrattamenti, e da dieci mesi gli viene impedito di incontrare di persona, senza limitazioni, sua moglie.
In occasione del suo 42° compleanno, un gruppo di amici e colleghi del giornalista iraniano ha promosso la campagna “Free Bahman Ahmadi Amouee”, invitando a pubblicare articoli sulla sua vicenda e messaggi di auguri a lui indirizzati. E’ un modo per ricordare Bahman, ma anche tutti gli altri: tuttora, nelle carceri della Repubblica Islamica dell’Iran, sono rinchiusi migliaia di prigionieri politici, tra cui decine di giornalisti.   
La lettera che segue è stata scritta in occasione di questa campagna.


Carissimo Bahman,
quando ho deciso di scriverti questo messaggio di auguri, ho cominciato a raccogliere dati e nomi. Quanti giorni hai passato in una cella a Evin? Quante volte e per quanti giorni sei stato in sciopero della fame? Quanto tempo hai trascorso in isolamento? Per quanti mesi ti è stato impedito di ricevere visite e di fare telefonate? Quante volte la tua amata Jila è stata convocata in tribunale da sola, oltre che per rispondere dei suoi “reati”, per avere cercato di essere, in questi anni, la tua voce? Quante volte è giunta a Evin per incontrarti ed è stata rimandata indietro senza avere la possibilità di farlo? Quanti giornalisti come te sono attualmente in carcere nella Repubblica Islamica dell’Iran? Quanti sono i prigionieri politici che languono nelle galere del paese, invece di offrire il loro contributo di idee, il loro lavoro, il loro entusiasmo per il bene della nazione? Quanti sono i ragazzi iraniani che hanno pagato con la vita la richiesta di libertà?
Nella ricerca di numeri e di nomi, mi sono perso. È stato meglio così.
Lo sappiamo: ogni ferita sanguina ancora. Eppure è giunto il momento di aprire il cuore alla speranza e guardare con fiducia al futuro. Perciò dobbiamo raccontare con chiarezza, una volta di più, in nome di cosa, e coltivando quali sogni e speranze, tu e tanti come te stanno trascorrendo anni delle loro vite in prigione. Dobbiamo farci forza pensando al paese che sta nascendo in questi anni, grazie alle sofferenze tue e di moltissimi altri in carcere; grazie agli studenti che non ci sono più; grazie alle madri che aspettano, ogni settimana, ogni giorno, ogni ora, di riabbracciare i loro figli; grazie al coraggio con cui le donne iraniane reclamano i loro diritti; grazie alla tenacia degli studenti; grazie alla fermezza dei lavoratori e dei sindacalisti indipendenti; grazie alla voce delle minoranze etniche, religiose e politiche.
Qual è il paese che ti aspetta, l’Iran che stai e stiamo sognando?
L’Iran del futuro è un paese in cui nessun giornalista sarà imprigionato, torturato, condannato per i libero svolgimento della sua professione; un paese in cui le critiche di un giornalista alla linea politica del governo non saranno considerate motivo di persecuzione e censura, ma un contributo franco ed onesto al progresso della nazione.
L’Iran del futuro è un paese in cui i giornali non verranno mai più chiusi da alcun regime; un paese in cui non ci saranno argomenti di cui è vietato trattare e scrivere; un paese in cui la libera stampa eserciterà, in modo limpido e trasparente, il suo controllo sul potere, e non viceversa.
L’Iran del futuro è un paese in cui la giustizia verrà amministrata con saggezza e umanità da una magistratura indipendente; un paese in cui a nessun imputato sarà impedito di difendersi nel modo che ritiene più opportuno e facendo ricorso all’avvocato difensore che preferisce; un paese in cui la pena di morte sarà solo un brutto ricordo e le forche saranno esposte nei musei, come polverosi reperti di un tempo che non deve tornare mai più.
L’Iran del futuro è un paese in cui le mura delle prigioni non saranno mai più testimoni silenziose di torture, abusi, maltrattamenti contro i detenuti; un paese in cui il carcere sarà il luogo dove ladri, assassini e criminali comuni possano cercare maturazione e riscatto; un paese in cui il concetto stesso di “prigioniero di coscienza” apparterrà ai libri di storia; un paese in cui chi esprime idee e opinioni scomode non finirà in prigione, ma verrà ascoltato con interesse e con rispetto.
L’Iran del futuro è un paese in cui le controversie politiche non verranno risolte imprigionando avversari e oppositori, ma facendo ricorso al dialogo e alla scelta dei cittadini; un paese in cui le elezioni saranno davvero libere e trasparenti; un paese in cui i candidati non dovranno essere selezionati in via preliminare da un organismo apposito, ma solo dalla volontà del popolo.
L’Iran del futuro è un paese in cui le armi delle forze dell’ordine e dell’esercito verranno sempre poste al servizio dei cittadini, e mai usate contro di loro per reprimerne il dissenso e la libera manifestazione delle idee.
L’Iran del futuro è un paese le cui immense ricchezze non serviranno solo a ingrassare i conti esteri della élite al potere, ma a sostenere il progresso di tutta la nazione, eliminando la povertà di troppi iraniani; un paese in cui verrà riconosciuto e tutelato il diritto dei lavoratori a ricevere puntualmente un salario, a organizzarsi in sindacati indipendenti, a difendere i loro interessi.
L’Iran del futuro è un paese in cui a nessuno studente universitario verrà vietato di proseguire i suoi studi a causa delle sue opinioni e del suo impegno politico; un paese in cui le università saranno luoghi di incontro, di scambio, di dibattito libero, di crescita collettiva, un serbatoio di sapere e saggezza per tutta la nazione; un paese in cui mai più gli atenei saranno luoghi di violenza e di morte.
L’Iran del futuro è un paese in cui le donne non avranno dignità solo in quanto figlie, madri, mogli, sorelle, ma in quanto cittadine, dotate di uguali diritti e uguali doveri con gli uomini; un paese in cui la discriminazione di genere verrà superata in un nuovo clima di cooperazione e rispetto.
L’Iran del futuro è un paese in cui, se un ragazzo e una ragazza si terranno la mano, o si abbracceranno in segno di affetto e di amicizia, nessuno dovrà pensare che sia un’offesa ai sacri principi dell’Islam; un paese in cui non ci saranno musiche, film, libri proibiti, ma solo musiche, film e libri belli o brutti, secondo la libera scelta e il gusto di ciascuno; un paese in cui l’arte non sarà uno strumento di propaganda del regime, ma un mezzo di espressione libera e sincera.
L’Iran del futuro è un paese in cui non ci sarà più bisogno di difensori dei diritti umani.
Carissimo Bahman, l’Iran del futuro è un paese in cui potrà esserci molta felicità per te, per Jila, e per tutti quelli che ora stanno pagando un prezzo tanto alto alla costruzione di quel futuro, ma anche per molti altri che quel prezzo hanno scelto di non pagarlo: perché la felicità di un paese riconciliato non può appartenere solo a pochi, e chi lotta per la libertà non lo fa mai solo per se stesso e per quelli come lui, ma anche per tutti gli altri che non hanno avuto lo stesso coraggio e la stessa nobiltà di cuore.
L’Iran del futuro è un paese in cui non ci saranno più i buoni e i cattivi, ma solo cittadini liberi in cammino.
Questo è quello che la sofferenza di questi giorni, tua e di molti altri, sta preparando, caro Bahman. Questo è quello verso cui l’Iran sta andando e quello che presto vedremo: un paese in cui – ne sono certo – ci abbracceremo un giorno da uomini liberi.
Tavalodet mobarak, Bahman jan. (*)
M.

(*) Buon compleanno, Bahman carissimo.

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