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di Giulia Cusumano
Era solo una battuta. Una boutade. Una provocazione.
“Però dai, diciamocelo: questi extracomunitari hanno davvero rotto i coglioni”.
A leggergli nel pensiero, troveremmo parole simili nella testa di Matteo Salvini, rampante deputato del Carroccio e geniale ideatore della proposta di vagoni del metrò riservati ai milanesi.
Qualcuno tra i suoi compagni di merende ci avrà creduto.
Ma sì, sarebbe una bella idea.
Le metropolitane tornerebbero ad essere pulite (i milanesi si lavano), ben frequentate (i milanesi sono notoriamente tutti aitanti e ben vestiti), sicure (non esistono milanesi disonesti o pericolosi).
Basta neri, rumeni, albanesi e perfino terùn che ti fottono il posto.
Finalmente si farebbero viaggi comodi e sereni.
Si arriverebbe a lavoro rilassati e dunque si lavorerebbe di più.
Si rientrerebbe a casa felici e contenti e quindi si farebbero più figli italiani.
Peccato che in pochi abbiano colto lo spirito terapeutico del progetto.
Da sinistra e da destra si è scatenato il putiferio.
I primi, che gridano alla discriminazione da apartheid.
I secondi, che accusano il pupillo di Bossi di fare campagna elettorale per raccogliere quattro voti in vista delle europee.
Ma la Lega ci prova sempre.
Dai tempi delle“classi ponte” si è passati a quelli delle spie.
Dai presidi-spia, passando per i medici-spia, ora si vorrebbero istituire i controllori-spia.
Peccato non aver potuto approfondire i contorni della proposta.
Sarebbe stato interessante sapere in che modo il controllore avrebbe dovuto procedere alla sanzione una volta accertata la cittadinanza milanese del viaggiatore.
Foglio di via obbligatorio o espulsione diretta dell’extramilanese dalla carrozza del metrò, magari in corsa?
A leggergli nel pensiero, a Salvini...
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