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Articolo 21 - Editoriali
Fecondazione assistita, è servita la Consulta per ribadire le ovvietà
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di Simone Luciani

Sono stati necessari cinque anni, un mare di dolore, coppie all’estero in cerca di fortuna, gravidanze plurigemellari spropositate rispetto al resto del mondo occidentale, guerre di carte bollate e avvocati perché contro gli integralismi religiosi fosse usata l’arma più ardita: quella dell’ovvietà. Ieri la Corte Costituzionale ha depositato la sentenza con la quale dichiara illegittimi alcuni punti della legge 40/2004 sulla fecondazione assistita. Come già noto da aprile, il punto più importante cancellato è quello che fissava a tre il limite massimo di embrioni producibili e obbligava a un unico e contemporaneo impianto degli stessi embrioni. La Consulta ha cancellato questi due limiti, lasciando come unica indicazione il principio per cui debbono essere creati gli embrioni strettamente necessari al tentativo di ottenere la gravidanza. Chi deve stabilire il numero “necessario”? Il medico. Spetta al medico stabilire quanti embrioni produrre, caso per caso e a seconda delle necessità che riscontra nella coppia e, soprattutto, nella donna.  
L’altro punto messo in discussione è quello (crudele nei contenuti e perfino nella formulazione in lingua italiana), conseguente al precedente, per cui nel caso non fosse stato possibile l’”unico e contemporaneo impianto” per “grave e documentato” problema di salute della donna era possibile crioconservare gli embrioni (pratica in generale vietata), per procedere all’impianto “non appena possibile”. La Corte lo ha valutato incostituzionale laddove non prevede che tale impianto può essere effettuato solo se non crei pregiudizio verso la salute della donna.
Scava scava, cosa ha detto la Corte Costituzionale? Nulla più dell’ovvio. Sul primo punto, ha detto che per affrontare un problema di infertilità o sterilità deve essere il medico a individuare la soluzione più adatta alla coppia. Pretendere di stabilire, come faceva la legge 40, in maniera così puntigliosa (ai limiti dell’ossessione), e con punte di irrazionalità (perché il limite dei tre embrioni? Perché non due o quattro?), quando, quanto e come intervenire entra in contrasto evidente con il principio di uguaglianza. Si può dare a tutti i malati la stessa terapia? Non serve essere medici per rispondere di no. Sul secondo punto, la Consulta è tornata a chiarire, con buona pace di quei filosofi e bioeticisti cattolici che in tutti questi anni sono parsi vivere su Marte, che la tutela dell’embrione non può essere assoluta. Soprattutto se entra in contrasto con il diritto alla salute delle donne che, ahinoi per il Movimento per la Vita, sono riconosciute, almeno in Italia, almeno in Occidente, come persone, a differenza degli embrioni, che lo status di persona lo acquisiscono in qualche libro di filosofia o in alcuni documenti della Chiesa Cattolica. Dunque, è un’ovvietà che le terapie migliori le decide il medico? E’ un’ovvietà che la salute della donna va tutelata? Per noi sì. Ma c’è voluta la Corte Costituzionale per stabilirlo. Ora, c’è un’occasione imperdibile per sfidare l’ovvietà a colpi di integralismo: le linee guida su questa legge, che dopo la sentenza la Sottosegretario alla Salute Eugenia Roccella ha annunciato di voler fare. Per dire cosa? Sul piano tecnico, i dubbi sono stati dissipati dalla sentenza: si producono gli embrioni necessari, se per scelta medica qualcuno non può essere impiantato si congela (in deroga al divieto). Dunque, linee guida per mettere nuovi divieti? Dovessimo scommettere, diremmo di sì. Con nuovi divieti, le linee guida verrebbero cancellate anche solo dai Tar, come accadde, appunto, a quelle che scrisse il ministro Sirchia. Ma la giustizia ha i suoi tempi, e l’integralismo non punta alla correttezza istituzionale: punta a imporre principi (facendo danni) anche solo per qualche anno.
Piuttosto, c’è un interrogativo per il quale sarebbe urgente una risposta. In Italia giacciono nei frigoriferi dei centri più disparati 3500 embrioni “abbandonati”, creati e non usati nei cicli di fecondazione assistita prima della legge 40. Con la deroga aperta dalla Corte Costituzionale il numero crescerà. Che farne? Ci sono tre soluzioni. Una, ardita e vietata dalla stessa legge 40 in Italia (non in gran parte del mondo civile), è quella di metterli a disposizione della ricerca, che può ricavarne cellule staminali embrionali. E non se ne parla nemmeno. La seconda, “minimal”, è quella di darli in “adozione”, o “donazione”, a coppie che si sottopongono fecondazione assistita. C’è una proposta di legge di Antonio Palagiano (IDV), in questo senso. C’è anche un parere del Comitato Nazionale per la Bioetica, del 2005, che raccolse il consenso (sia pure sfumato) perfino dei cattolici più integralisti. Ma questa è una proposta di buon senso. Dovendo fare un pronostico, gli embrioni (che pure vengono considerate persone da chi oggi non prende decisioni) continueranno a giacere nei frigoriferi. Perché per affermare l’ovvio ci sono voluti cinque anni. Figuriamoci per affermare il buon senso…

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