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Articolo 21 - Editoriali
Eâ?? in gioco la stessa sicurezza dei cittadini
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di Federico Orlando*

10 GIUGNO, IL DUCE PUGNALA  LA FRANCIA. IL CAVALIERE LA GIUSTIZIA E LA STAMPA *

Cara Europa, leggo a pagina  13 del Corriere  della  sera (ripeto: pagina 13, non prima o seconda)  che il 10  giugno la camera ha consentito al governo di far passare il  suo decreto sulle intercettazioni con un voto di fiducia, cioè  imbavagliando il parlamento.  La maggioranza ha commesso questo delitto contro la giustizia, contro la stampa  e i cittadini onesti: E’così che   andiamo avanti da un anno – la quindicesima volta  che il governo pone la fiducia – fra l’indifferenza degli elettori e il silenzio del Colle,  che dovrebbe garantire il parlamento quale  espressione nostra, dei cittadini. Invece sembra garantire il governo: vedi l’attacco del 9 giugno alla magistratura (specie pm), proprio alla  vigilia della fiducia. Fin qui, abbiamo respirato odore di mafia e di casino, adesso sentiamo anche odore di fascismo.
(Nicola Gianmatteo, Milano)

Lei ha un buon naso, caro Gianmatteo, Anch’io percepisco quegli odori. Perfino le date concorrono alla pochade. Il 10 giugno era il 69° anniversario del giorno criminale (1940) dell’entrata in guerra di Mussolini contro la Francia agonizzante e contro l’Inghilterra, lasciata sola a fronteggiare Hitler. (I giovani sono meglio di noi vecchi, certo,  ma se avessero un po’ più di conoscenze storiche  coglierebbero  meglio  il significato simbolico e concreto di certi ritorni o coincidenze). Il  duce del fascismo, prima di  regolare i conti con le  democrazie demo-pluto-giudaico-massoniche, li aveva regolati con giornali e giornalisti. Già nel 1923,  meno di un anno dopo la conquista del governo, si assicurò contro la stampa, conferendo ai prefetti un potere quasi assoluto di sequestro di quotidiani e periodici e di espulsione dei loro direttori. Oggi un  simile conferimento sarebbe costituzionalmente impossibile, perché la seconda parte dell’articolo 21 della Carta,  quella che non viene mai citata,  stabilisce: “La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”, i due strumenti  cui ricorrevano i prefetti fascisti. Berlusconi-Ghedini-Alfano non hanno la franchezza di Mussolini (che s’accompagnava all’ammazzamento di quattro o cinque giornalisti particolari, Giovanni Amendola, Piero Gobetti, Nello e Carlo Rosselli); essi invece costruiscono il loro regime comminando la galera ai giornalisti (da 6 mesi a 1 anno) e sanzioni pecuniarie salatissime agli editori (oltre che a direttori e cronisti). Così questi vengono posti tra plotoni d’esecuzione e spalle al muro: o i giornalisti rinunciano a scrivere o il tribunale  speciale  per la difesa dello stato distrugge l’azienda. Se si trattasse  d’impedire l’intercettazione e l’eventuale pubblicazione delle telefonate fra criminali che parlano fra loro di politici, o minorenni e governanti dalla bella vita, il male per la società sarebbe grave ma limitato. Invece è in  gioco la stessa sicurezza dei cittadini (“E’ un favore ai peggiori delinquenti” dice l’Associazione nazionale magistrati, “la morte della giustizia  penale”). E’ un favore  ai trafficanti di clandestini. Sulla pagina da lei  citata del Corriere della sera c’è un corsivo di Giovanni Bianconi che chiarisce le idee al ministro Maroni, spiegandogli che con la nuova disciplina, che limita la  possibilità di intercettazione a soli due mesi, le operazioni che hanno consentito di smantellare organizzazioni criminali transnazionali non saranno più possibili (e i leghisti lo sapranno presto). Quanto al Colle, caro Gianmatteo, l’invito pressante ai magistrati, e specie ad alcuni pm, a non alimentare i terrori processuali del sultano, a me sembra saggio, come giusto mi sembra frenare la pubblicazione di fatti privati, quando siano ininfluenti per la sicurezza dei cittadini e dello Stato. Meno scuse si danno al sultano, più sarà chiaro ai cittadini il suo tentativo mussoliniano di ridurre il potere giudiziario a occuparsi degli stracci. I giornalisti continueranno a denunciare tutto questo, ma da soli non ce la faranno. Per mobilitare il paese in nuove piazze San Giovanni,  occorrono partiti sindacati e movimenti. Se ne  esistono.

* da Europa del 12 giugno 09

 

 

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