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Articolo 21 - Editoriali
La libertĂ  da riprenderci
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di Daniele Cerrato*

Se non fossimo già abbastanza convinti dell’utilità della manifestazione di sabato prossimo dopo il Porta a Porta di ieri sera non dovremmo avere più dubbi. Ieri nel “salotto buono” della Tv era in onda la noia della solita vecchia canzone: io sono io… e faccio tutto io. Forse il flop negli ascolti è dovuto al fatto che mancava il fido Apicella a gettare melodia sui ritornelli. Ha ragione Vespa quando dice che la libertà di stampa non si minaccia spostando una trasmissione: infatti è la somma di tutto il “pacchetto” a farlo, dando il vero segno di quello che sta succedendo nel nostro paese. “Allineatevi”, dice questo andazzo, Report non avrà più le tutele  legali, Ballarò non va bene per raccontare la consegna delle prime case ricostruite di Onna, quello di Bari, per giorni e giorni, è stato un semplice scandalo di tangenti. Insomma regolatevi: questa è la linea, bisogna essere giornalisti di fiducia per essere lasciati in pace e magari anche crescere, diventare direttori senza averne statura o passo, diventare qualcuno senza esserlo mai stati. Brutto andazzo. Brutto perché la libertà d’informazione è sorella di quella riconquistata combattendo una dittatura, ma se si avvicina questo concetto ad una trasmissione rimandata si finisce a piè pari nel ridicolo. La manovra è più strisciante di quanto appaia, anche se la faccia del portavoce onorevole Capezzone un po’ ci mette sulla strada giusta: piccoli interventi, tutti legati da un filo invisibile e i giornalisti sono nell’angolo. Ma è anche vero che chi scrive delle imprese del Cavaliere, magari da un foglio di famiglia ripudiato a giorni alterni, è anche lui giornalista. Chi si accontenta di raccontare del fumo mai cercando l’arrosto è giornalista come quelli che sabato in piazza del Popolo a Roma manifesteranno per la libertà d’informazione. Dov’è la via d’uscita? Proviamo a guardare alle nostre spalle, anche andando oltre il bel tomo di Franco Siddi “La conquista della libertà” sulla storia del giornalismo italiano da Amendola alla Liberazione. Mi perdonerà Siddi se gli preferisco Dante che parlando della libertà nel Paradiso scrive  «Lo maggior don che Dio per sua larghezza - fesse creando e a la sua bontade - più conformato e quel ch' e' più apprezza - fu de la volontà la libertade» un regalo a portata di mano, ma da afferrare. Qui sta il punto. All’esame professionale bisognerebbe chiedere ai candidati quanta propensione hanno alla disubbidienza, all’indipendenza, alla voglia di guardare oltre un fatto quando tutti dicono che già quello è la notizia. Notizia che deve essere vera, per carità, verificata, ma va posata sulle pagine di un giornale in modo delicato e fermo, distante dalla politica, distante dal commento. Una storia che racconta una storia sua, soprattutto quando parla di politica. Ho avuto una stretta a cuore quando abbiamo ringraziato una parte politica per aver rinunciato a fare della manifestazione di sabato un proprio terreno di gioco. Dobbiamo imparare a giocare da soli, ne va della libertà e della nostra forza, che in fondo sono la stessa partita. Era nei fatti dire grazie, ma nei fatti non avrebbe dovuto esserci nemmeno la tentazione di abbracciare uno spazio di libertà transennato dai giornalisti… oggi finiti a un soldo al pezzo, tanto precari e sempre più poveri. Se non si riprendono la libertà, senza chiedere “permesso” a nessuno, domani saranno, saremo, marginali in un paese che sposta le trasmissioni come in un puzzle dove i pezzi sono tutti uguali e qualsiasi cosa accada nulla fa differenza e notizia.


*Presidente Casagit

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