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Articolo 21 - Editoriali
Lavora e taci
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di Rino Cascio

E’ lecito lavorare, respirare e mangiare, ma quest’ultima cosa solo fuori dall’orario di lavoro. Non è consentito invece lamentarsi, mai …«che il nostro piangere fa male al re, fa male al ricco ed al cardinale …». Pensare e – addirittura – criticare è troppo. Non è consentito. E va sanzionato. Sembra diventato lo sport preferito in questo paese. Al centro come in periferia. Anzi alla periferia della periferia va ancora peggio. Sembra che il fatto stesso di avere un lavoro, in alcuni casi più che precario, in questi tempi di crisi e nuvole nere, sia ritenuto elemento più che sufficiente per non alzare la voce. Al sud, poi. Un lavoro è ritenuto una fortuna tanto che devi stare zitto anche quando rischi la vita. Quando per carenze e disfunzioni di vario tipo vedi morirti i colleghi accanto. Per incidenti che, poi, tanto inevitabili non appaiono.
Quello che sta avvenendo nelle ultime settimane in un ramo dell’amministrazione regionale siciliana ha del paradossale. Un operaio della forestale, di quelli impiegati durante il periodo estivo, per soli 101 giorni, nello spegnimento di roghi che minacciano quei rari boschi e polmoni verdi che resistono nell’isola, viene licenziato per non avere taciuto il suo sfogo sulla carenza di misure di sicurezza costate la vita ad agosto ad un altro operaio come lui. Sfogo raccolto dai giornalisti di un’emittente locale e di un quotidiano regionale. Di più. Un funzionario con oltre 30 anni di carriera alle spalle, con numerosi riconoscimenti tali da meritargli anche il compito di responsabile di quel ramo di amministrazione per i rapporti con la stampa, viene sospeso per tre mesi per avere scritto su un giornaletto on-line da lui stesso diretto, una sorta di blog per fornire informazioni agli addetti del settore e per esercitare pure il suo ruolo di sindacalista. Ruolo di critica e proposta. Sospeso ed umiliato attraverso il ritiro della pistola, del tesserino, delle manette da lui detenute in qualità di commissario del corpo forestale e   affidategli quando era entrato in servizio 33 anni fa. Per impedire che questo pericoloso “sovversivo” le utilizzasse durante il periodo di sospensione?
I sindacati non intervengono tempestivamente, quasi rassegnati ai comportamenti amministrativi paradossali. I giornali non dedicano alla vicenda grandi spazi, assuefatti da un gioco all’ecceso che contraddistingue molti inquilini dei palazzi istituzionali e dell’amministrazione pubblica. Gli interessati hanno come unica forza quella dei propri avvocati, come se la via legale fosse ormai la sola percorribile, l’unica in grado di dare conto di torti e ragioni. La politica, in uno dei due casi, scende in campo. Prende posizione. Coinvolge la comunità perché la vittima è conosciuta, anche per il suo stato di bisogno e  di necessità. Quei 101 giorni di lavoro d’impiego bloccati dal licenziamento sono il tetto minimo fondamentale per ottenere per il resto dell’anno una indennità di disoccupazione. E’ la pietas per la debolezza della vittima e per l’esagerazione della sanzione a muovere la comunità. La pietà più che la ribellione ad un atto di ingiustizia. Ed infatti dove la debolezza della vittima non c’è, perché soggetto graduato e a tempo indeterminato, e dove non viene percepita neanche l’esagerazione della sanzione, perché una sospensione non è comunque un licenziamento, allora l’indignazione non si sviluppa. La protesta della comunità non si alza.
Luigi Pirino ha 48 anni. E’ nato a Riesi e vive con moglie e figli, tutti disoccupati, tra Butera e Niscemi, nel nisseno. Attorno a lui ci sono sindaci e “paesani” indignati perché l’amministrazione regionale lo ha licenziato a settembre scorso accusandolo di pesanti violazioni contrattuali. Violazione delle norme che impongono “obbligo della fedeltà”,  “comportamento secondo correttezza”, “esecuzione del contratto secondo buona fede”, nuocendo al “decoro ed al prestigio“ dell’amministrazione regionale (decoro che nessuno ha ritenuto violato nella storia recente dalle vicende di funzionari, assessori e addirittura presidenti della regione condannati, arrestati, indagati per reati gravissimi). Cosa ha fatto Pirino? Ha detto, con la memoria ancora traboccante delle immagini di un collega morto schiacciato da un’autobotte,  che quando gli operai antiincendio intervengono, spesso lo fanno nell’assenza di capisquadra, con mezzi e strumenti insufficienti o inadeguati. Denunce che si aggiungono a quelle di due sigle sindacali (la Flai Cgil e l’autonoma Codirs) e che erano state presentate ad inizio stagione. Ma in quel caso nessuno sentì violato il decoro dell’amministrazione.
Sarà ora un giudice ad occuparsi di questo licenziamento. Forse più di uno. Con i tempi della giustizia. Tempi lunghi più dei 101 giorni di impiego che Pirino sperava di potere accumulare. Forse il suo ricorso sarà accolto, ma dovrà sbarcare il lunario sino ad allora. Cercare altri lavori, altro reddito per sostenere la sua famiglia. Forse si comporterà diversamente la prossima volta davanti (Dio non voglia) al cadavere di un collega, o ad altri incidenti meno gravi e comunque evitabilissimi. Forse si comporterà diversamente quando vedrà taccuini, microfoni e telecamere. ..«..e sempre allegri dobbiamo stare…» Forse…
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