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Articolo 21 - Editoriali
Il 3 ottobre deve essere solo un primo passo
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di Fulvio Fammoni

“Essere esposti al maggior numero di opinioni possibili per realizzare la scelta più consapevole”.
E’ molto lontano lo stato del sistema di informazione italiano da questo concetto di democrazia.
L’informazione, la conoscenza, il diritto di espressione sono fondamentali diritti di libertà e cittadinanza. Se vengono messi a rischio viene messo a rischio la democrazia e le sue conquiste. Un cittadino consapevole e informato è più autonomo; ma forse proprio per questo in Italia si taglia sulla conoscenza, sulla formazione, sui beni culturali, sulla cultura e sullo spettacolo.
Una informazione che presenta una verità di parte come realtà dei fatti o all’inverso che non racconti i fatti rappresenta un rilevante problema democratico.
Il Censis ha indicato come la maggioranza  delle opinioni di voto si orienti sulla base delle informazioni televisive.
In Italia c’è dunque bisogno di una informazione che racconti la verità dei fatti, attenta ai bisogni delle persone; che non distorca le opinioni e dia voce ai più deboli e indifesi; che rafforzi i valori delle non violenza, del rispetto degli altri, della legalità e solidarietà.
Lo testimonia il rapporto internazionale di Freedom House che prende come riferimento il conflitto di interesse e di concentrazione esistente. Lo testimonia l’evidente non rispetto del concetto fondamentale di obiettività, completezza, lealtà e imparzialità dell’informazione.
Il lavoro ed i suoi problemi ne sono un esempio eclatante: per il modo distorto del poco che si rappresenta e soprattutto l’oscuramento intenzionale che lo fa sparire dalle cronache.
Sono tanti i meccanismi che determinano questo stato di cose: economici, politici, censori.
Solo per citarne alcuni: l’uso delle risorse pubblicitarie e la evidente concentrazione esistente, le norme sulle intercettazioni attualmente in discussione, tagli ai finanziamenti pubblici dall’editoria al sistema culturale e dello spettacolo, fino all’altissimo uso della precarietà del lavoro nel settore dell’informazione.
Per ultimo, si usa adesso per un meccanismo meno diretto ma non certo meno efficace. Ritardare la pubblicizzazione dei programmi, ritardare all’estremo i contratti dei protagonisti, non prevedere le tutele legali necessarie. Se poi non funziona si torna al concetto proprietario di servizio pubblico e alla minaccia della censura, alla esaltazione del conflitto di interessi.
Tanti meccanismi, alcuni decisi per legge e altri che si tenta di imporre di fatto, ognuno apparentemente svincolato dall’altro, che identificano un progetto non accettabile, contrario al dettato dell’art.21 della Costituzione.
A questo stato di cose è giusto e necessario reagire denunciando quello che non va e contemporaneamente avanzando una proposta alternativa sulla quale far discutere e aggregare.
I nodi principali su cui intervenire riguardano la necessità di una norma rigorosa sul conflitto di interesse e una nuova legge di sistema per l’intera filiera della comunicazione che a partire da normative antitrust generali e per i diversi settori superi le evidenti anomalie della sbagliata legge esistente e dia norme certe ai diversi settori. Una proposta costruita nel modo più ampio e plurale, ognuno mettendo da parte qualche particolarismo.
C’è un tessuto grande di società (rappresentato dalle tante associazioni,  organi di informazione e cittadini che nel corso di questi anni non si sono arresi a questa deriva di omologazione dell’informazione italiana) in campo per la libertà e il pluralismo dell’informazione.
Chiede chiarezza nei contenuti e certezza di continuità nell’iniziativa. Deve essere nostro impegno contribuire a proporre una piattaforma di contenuti e un concreto programma di iniziativa a  suo sostegno e per questo, in tempi in cui si attacca la Costituzione, è giusto ripartire dal tema centrale, dalla premessa, dall’attualità straordinaria dell’art.21.
Ecco il senso profondo della manifestazione del 3 ottobre a Piazza del Popolo, ecco perché è così importante la sua riuscita e perché quella iniziativa non è il culmine ma deve essere l’avvio di un vasto percorso di iniziativa.
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