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Articolo 21 - Editoriali
La notte della stampa
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di Roberto Natale*

Queste righe sono dedicate a chi ancora pensa che il 3 ottobre sia stato esagerato ritrovarsi in tanti in piazza del Popolo a difendere la libertà dell’informazione, perché “guarda quanti giornali trovi in edicola”. Un bell’esempio di rispetto del pluralismo il governo lo ha dato in questi ultimi giorni con la Finanziaria: venerdì notte ha presentato a sorpresa alla Commissione Bilancio della Camera un emendamento con il quale ha anticipato di un anno la soppressione del cosiddetto “diritto soggettivo” per i giornali di partito, cooperativi e no profit a percepire i contributi diretti dello Stato. Dall’inizio dell’anno prossimo, avranno difficoltà estreme ad approvare i bilanci e a contrattare con le banche molte testate - all’incirca cento - dei più diversi orientamenti: l’Unità e Il Secolo, la Padania e Europa, Liberazione e Avvenire, il manifesto e il quotidiano in lingua slovena Primorski Dnevnik, solo per citarne alcune. Voci non solo di partiti (veri, esistenti), ma di gruppi sociali e di minoranze linguistiche. Tremonti aveva già provato il taglio nel 2008, ma il Parlamento lo aveva indotto a fare retromarcia. Ora è tornato all’attacco, ed in Commissione non c’è stata alcuna possibilità di modifica del testo, che arriverà blindato in aula, a partire da domani.
Incivile il metodo, al quale ben si addice la presentazione notturna e quasi furtiva dell’emendamento: nessuna forma di interlocuzione con le rappresentanze di un’area editoriale che coinvolge 2000 giornalisti e 2500 poligrafici, nessuna traccia di quel coinvolgimento vantato dal sottosegretario Bonaiuti quando si era trattato di far approvare il regolamento per l’editoria. E incivile il contenuto: si riducono i fondi per i contributi diretti (che negli ultimi 4 anni sono già scesi da 240 milioni di euro  a meno di 180) in maniera indiscriminata, senza distinguere fra giornali veri e testate allergiche all’edicola. Non c’è nemmeno la possibile nobiltà del rigore, di quel rigore che tanta parte dell’editoria cooperativa, di partito, no profit chiede da tempo, stufa di vedersi accomunata a esperienze finte al limite della truffa e di sentir spirare un’aria ostile che considera spreco clientelare ogni intervento pubblico. Nel quadro di una editoria già pesantemente segnata dal calo della pubblicità e delle copie vendute, questo intervento rischia di assestare a tante esperienze il colpo di grazia. Nell’Italia dei conflitti di interesse, degli editori che hanno troppe altre attività, degli squilibri clamorosi tra risorse per la tv e per la carta stampata, non accetteremo che l’unica riforma sia lo strangolamento delle voci non allineate alla logica del nostro anomalo mercato. Aspettiamo da un anno gli Stati Generali dell’editoria che il governo aveva annunciato sull’esempio della Francia. Lì sono stati  realizzati in pochi mesi; qui, dopo l’annuncio, stiamo vedendo soltanto i tagli. No, non si può proprio tollerare. Contiamo che, nelle prossime settimane, lo capiscano anche i parlamentari, chiamati a decidere se il pluralismo sia ancora un valore.

* Presidente Fnsi (pubblicato su “Il Manifesto” – 8 dicembre 2009)

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