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Articolo 21 - Editoriali
C'è sempre qualcuno più bianco di te
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di Federico Orlando

Credevo che la mia pelle fosse bianca finché non ho visto la tua. Come il bucato del carosello televisivo. Era guerra dei detersivi, guerra pacioccona a cui credevamo d'esser destinati vita natural durante, dopo le guerre criminali che avevano insanguinato l'Europa. Questa invece è la guerra del “diverso”, eterna e inestirpabile. Raccontano gli inviati a Rosarno che, compiuta  dallo Stato italiano-democratico-liberale-cristiano la pulizia etnica , felicemente incruenta, l'attenzione degli uomini e, per altre ragioni, delle donne di quella cittadina, si volge a bulgari e rumeni: che fanno parte della Comunità europea, possono liberamente muoversi, risiedere e lavorare anche a Rosarno senza reato di clandestinità. Al più, chi li ingaggia senza contratto, rischierebbe una multa per lavoro nero, se lo Stato esistesse. Ma siccome non esiste, non esiste neanche il problema. Invece, esistono la pelle bianchissima e i capelli biondissimi o no di bulgare e romene, ed esistono tanti uomini soli (anche a Rosarno) che sarebbero disposti ad assumerle come badanti e magari come mogli, prosciugando i quattro soldi del libretto postale (salvo più congrui conti d'altra provenienza), su cui vigilano cupidi eredi. Come nel film di Verdone “Io, loro e Lara”. Così, potremmo dire  che “la tragedia si risolve in farsa” se non fosse la preoccupazione che , dopo la guerra razziale dei bianchi contro i neri, scoppi tra un po' la guerra sessuale delle bianche contro le più bianche e bionde di loro. Che  non possono essere deportate o rispedite in patria. Infatti, la loro patria è a Rosarno come a Bucarest o a Sofia. Sono gli scherzi dell'Unione Europea, e si verificano in tutta Europa, non solo nella piana di Gioia Tauro.
         L'Unione, crescendo, fa questi miracoli di decentralizzazione etnica. Un tempo si limitava ai giochi di prestigio nei campi e nelle stalle, fronteggiando con sussidi le crisi di sovrabbondanza; ed evitando così ai proprietari di dover rastrellare i disperati del mondo, spremerli e poi rigettarli nei ghetti o in altra clandestinità. Perfino le mucche erano miracolate. Un giorno – racconta Gian Antonio Stella – tutte le mucche della Val d'Aosta s'ammalarono di turbercolosi. Infatti per una normativa comunitaria il latte delle mucche tbc doveva essere distrutto e i proprietari ripagati con sovvenzioni della stessa entità. Da un giorno all'altro, tutte le mucche tornarono in ottima salute: era scaduta la sovvenzione. Si è governato così, lasciando intatti i mali strutturali dell' agricoltura. E quelli sociali, gli ordinamenti fondiari, il trauma del rapido passaggio dalla pressione democratica sui campi alla loro desertificazione, il successivo trauma dell'immigrazione extracomunitaria venuta a riempire il vuoto  di manodopera, ma così veloce  negli ultimi dieci anni da portare gli immigrati da uno a 5 milioni. Troppi, e troppi clandestini, in barba alla legge Bossi-Fini.
         Così, dopo le guerre pacioccone delle mucche, del grano, delle mele, delle olive, degli agrumi, è ripresa anche in Europa “l'eterna guerra contro l'altro”, come il ricordato Stella la definisce e la racconta fino a far drizzare capelli (genocidio armeno, olocausto ebraico, mattanza bosniaca, per stare al Novecento) nel suo ultimo libro Negri, froci, giudei & Co. Per fortuna, a Rosarno tutto questo non c'entra, siamo ancora a livello poco più che leghista. E però il virus che s'è manifestato è sempre lo stesso,la deriva xenofoba conservata nel brodo dell' “ossessione feticista dell'identità”. Spiritoso com'è, il veneziano Stella racconta di certi suoi concittadini: “Al centro del mondo – dicono a Rialto – ghe semo noi altri. I venessiani de Venessia. Al di là del ponte della Libertà, che porta in terraferma, ghe sono i campagnoli, che i dise de esser venessiani, ma no i xè venessiani: i xè campagnoli. Al di là dei campagnoli ghe xè i foresti: comaschi, bergamaschi, canadesi, parigini, polacchi, inglesi, valdostani...tutti foresti (…) Sotto el Po ghe xè i nopo'etani, più sotto ancora dei napo'etani ghe xè i mori: neri, arabi, meticci. Tutti mori”
         Ecco, adesso che i mori-negri sono stati portati via dalla polizia di Maroni, sono arrivati i bianchi dell'est, i sciavi (slavi) e i xingani (zingari): appunto bulgari, romeni, moldavi,russi, ucraini, e soprattutto le loro donne. E le rossanesi scoprono che ci sono dei bianchi, delle bianche, più bianchi di loro, che invece sono “mori”. E che romeni e bulgari sono, proprio come loro, cittadini dell'Unione.  I proprietari gli danno la casa, gli agricoltori il lavoro, le donne i mariti, i vecchi il conto corrente. Solo se delinquono li puoi mettere in galera, e poi espellerli. Ma far innamorare un uomo o sposare un vecchio non è reato. Forse erano più sicuri i negri, chiusi nei lager dal tramonto all'alba, come gli zio Tom nelle piantagioni dell'Alabama. 

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