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Articolo 21 - Editoriali
In onore di Morgan
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di Simone Luciani

In onore di Morgan, del quale non sono un fan, e per il quale semplicemente (e musicalmente) non stravedo e non provo disgusto. In onore suo, che abbia o non abbia fatto uso di droghe, che gli piacciano o non gli piacciano, che le abbia usate come antidepressivo o per divertimento. Perché, in fin dei conti, quel che combina nella sua vita è affar suo. Ed è affar suo il tipo di  “messaggio”(tanto per adeguarsi a un termine che significa poco) che vuole mandare in merito. Francamente, il balletto di conferme e smentite su un eventuale “messaggio” di apprezzamento per la droga da parte di Morgan è piuttosto stucchevole, anche perché, semmai, inviato non tramite il servizio pubblico ma tramite una rivista e, salvo cambiamenti dell’ultima ora, pare che la libertà di pensiero e d’espressione sia bene costituzionalmente garantito. Ancora più stucchevole, ovviamente, è l’esclusione del cantautore dal Festival di Sanremo. Povero uomo semplice, io, che credevo che a Sanremo si andasse per cantare, e non per fare sfoggio delle proprie qualità morali (della morale di chi? Di Masi? Di Mazza? Di Giovanardi? Della morale che ognuno di noi è libero, sempre salvo cambiamenti dell’ultima ora, di seguire o non seguire?). E invece, pare che converrà cancellare dai libri di musica alcuni assidui frequentatori del pianeta droga (qualcuno c’è pure morto, parrebbe, in quel pianeta), e pazienza se si tratti di signori (e signore) che hanno scritto la storia del rock. Toccherà riscrivere anche questa, di storia: come in alcune scuole, a quel che mi si dice, non vengono lette alcune novelle di Boccaccio e perfino alcuni canti dell’Inferno (uno, in particolare…), ora ci si dovrà impegnare per scrivere una “Storia della musica dagli edificanti canoni”. Canoni stabiliti da chi? Ad esempio, da Mauro Masi, direttore generale della Rai, tra gli artefici della decisione di escludere Morgan da Sanremo, ma pronto a tornare indietro se il peccatore lanciasse “un messaggio autenticamente positivo e autenticamente forte.” Positivo secondo chi? Secondo Masi, ovviamente. E scatta, irrefrenabile, l’incontinenza verbale di gran parte del mondo politico: per molti è troppo ghiotta, l’occasione, per non partecipare alla consueta gara a chi forgia la battuta più simpatica, più tagliente, più cattiva, anche più esagerata. Sì, più esagerata. Se poi si sente odore di guai, si può sempre insabbiare il tutto con l’immunità. Roberto Castelli, ad esempio, osserva: “Ogni volta che sniffano o fumano dovrebbero dire a se stessi: ‘Sono un complice della mafia’.” O Daniela Santanché, che se la prende con eventuali ‘ipocriti al contrario’, come noi: “non possiamo far finta che quell'intervista non sia niente, sarebbe una forma di ipocrisia al contrario.” Scendono in campo perfino le teste coronate, come Emanuele Filiberto, il quale, da peccatore, ha infine trovato la salvezza: “Io mi sono reso conto in tempo”, sostiene con trasporto. E l’opposizione? Eccola servita… Luigi Bobba, teodem del PD: “sarebbe utile pensare di istituire periodici controlli antidoping a sorpresa tra conduttori ed ospiti dei programmi della Rai.” Ben felici i contribuenti, ovviamente, di pagare simili amenità. Può mancare il governo? No. E chi meglio del responsabile delle politiche antidroga? Preso ieri sera da un’ipercinesi comunicativa, il buon Giovanardi prima invita, tramite comunicato, il peccatore Morgan a ricoverarsi in comunità di recupero. Poi, nello spazio di poche righe, decanta la fosca profezia: “Esaltando l'uso della droga questo 'signore' condanna a morte giovani ingenui e sprovveduti che si distruggeranno per la sua irresponsabile sete di pubblicità.” Morgan boia? Sì. Lo specifica, il nostro Giovanardi, poco dopo a Radio 24: “Chi si rende corresponsabile della morte di migliaia di persona” non deve andare a Sanremo. Morgan responsabile di migliaia di morti. Un Kappler della musica. E sentenzia, il Giovanardi, a chiosa di tutto: “Quando uno è sotto l’effetto della cocaina non è in grado di gestirsi…Non so se nel momento in cui ha dato quell’intervista fosse in grado di realizzare quello che stava dicendo.” Ovviamente non manca l’accusa di vanificare il lavoro del suo dipartimento (e della sua legge) nel contrasto alle tossicodipendenze, i cui risultati sono sotto gli occhi di tutti: aumenta l’uso di tutte le sostanze, come dice la Relazione Annuale al Parlamento del medesimo dipartimento.
Sarebbe bello avere parlamentari ed esponenti di governo (specie se preposti a quello scopo) che si occupassero del fenomeno droga, e non della vita privata di un cantautore, esibendosi in un surreale tiro al bersaglio. E viene da farsi una domanda: se Masi fosse stato il produttore di Jim Morrison? Intanto, godiamoci il Festival della Rettitudine. Con controlli antidoping a seguire.
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