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Articolo 21 - Editoriali
L'incredibile caso di Marcello Lonzi, morto in carcere a Livorno nel 2003
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di Claudio Passiatore

Irene Testa dei Radicali da oggi in sciopero della fame per un riforma delle carceri e a sostegno del caso Lonzi livornese ancora senza un verità. La madre del ragazzo racconta il suo dolore: “Me l'hanno ammazzato”

La dirigente nazionale dei Radicali Irene Testa ha iniziato uno sciopero della fame per una riforma organica del sistema carcerario, estendendo la sua protesta anche al caso di Marcello Lonzi che rischia di essere archiviato dalla procura livornese.  ''E' un modo per chiedere alla procura livornese - spiega Testa - ulteriori accertamenti investigativi su una morte assurda. Questa iniziativa rientra nell'ambito di una più vasta mobilitazione che illustreremo martedì prossimo nel corso di una conferenza stampa in Senato dove racconteremo quindici storie drammatiche e dove chiederemo che l'attuale commissione parlamentare d'inchiesta sull'efficacia del sistema sanitario nazionale che si e' occupata della morte di Stefano Cucchi, non solo non termini il suo lavoro ma si occupi anche del caso di Lonzi e di altri casi ancora''.
Il caso Lonzi si strascina ormai da 7 anni. Maria Ciuffi, la madre coraggio del ragazzo trovato senza vita l'11 luglio del 2003 nella cella numero 21 del carcere delle Sughere di Livorno, in questi sette anni ha lottato senza mai fermarsi. Per lei, dopo tante battaglie – tra le quali uno sciopero della fame -, alcune denunce, e una manifestazione nazionale con i familiari delle “vittime dello stato” organizzata proprio a Livorno, l'imperativo è sempre lo stesso: ottenere giustizia. A qualsiasi costo. “Non riuscirò mai a dimenticare quello che hanno fatto a mio figlio, non puoi dimenticare chi ha ucciso un ragazzo di appena 29 anni – spiega Maria Ciuffi”. Perché questa donna, da sette anni impegnata in una battaglia che non sembra trovare una fine, è convinta che suo figlio Marcello non sia morto per “cause naturali” come stabilito da una prima indagine della magistratura. Per lei Marcello è stato picchiato a sangue senza pietà. E' stato ucciso. Le tremende foto del corpo senza vita e una perizia fatta dopo la riesumazione, secondo la madre del ragazzo, lo confermano.
Le circostanze della morte appaiono da subito poco chiare. Per cercare di capire che cosa è successo nella cella numero 21 del carcere delle Sughere di Livorno, partiamo da quella maledetta notte dell'11 luglio del 2003. Il corpo di Marcello Lonzi viene ritrovato riverso sul pavimento tra la cella e il corridoio con la testa che ostruisce la chiusura della porta. Sul suo cadavere ci sono diverse ferite al torace, al volto e alla fronte. L’autopsia stabilisce che il decesso del ragazzo è avvenuto tra le 19,50 e le 20,14. A causare la morte, secondo i medici, è stato un infarto per aritmia: “cause naturali”. Le ferite vengono considerate come una conseguenza della caduta e dei tentativi di rianimazione. Il caso viene archiviato nel 2004, ma nel 2006, Maria Ciuffi denuncia il pm di Livorno Roberto Pennisi (magistrato di turno la notte del decesso) che ha chiesto l'archiviazione, il medico legale Luciano Bassi (che eseguì l’autopsia) e un agente di polizia penitenziaria. E dopo la riapertura delle indagini da parte della Procura di Genova sul corpo di Lonzi, una volta riesumato, vengono riscontrate alcune “anomalie” rispetto alla prima autopsia. “Le evidenti tracce ematiche sulla schiena non possono non far pensare che a un pestaggio – spiega Ciuffi. Inoltre, invece di due costole rotte come riportato nel 2003, ne vengono trovate otto”. Qualche novità, per la madre di Marcello Lonzi, doveva arrivare qualche settimana  fa  dal fronte giudiziario: a fine gennaio era infatti prevista la chiusura della seconda inchiesta, condotta dal pm Antonio Giaconi, nella quale risultano indagati un detenuto, con l’accusa di omicidio preterintenzionale, e due agenti di polizia penitenziaria per omesso controllo. Per urlare la sua disperazione, Maria Ciuffi ha scritto anche al ministro della Giustizia Angelino Alfano. “Mi spieghi perché ci sono voluti sei maledetti anni per capire che era stato ucciso – ha scritto. Le foto del cadavere di mio figlio sono così crude che io come mamma non dovrei neppure guardarle, ma se sono arrivata sin qui è solo grazie alla mia volontà di lottare”. Una volontà ferrea, che non lascia spazio a cedimenti. Ma tutto ciò non è servito a niente perché, a fine gennaio 2010, è stata resa nota anche la terza perizia ordinata dal pm Antonio Giaconi. Secondo i medici legali dell'Università di Siena Floriana Monciotti e Laura Vannuccini, Lonzi è morto stroncato da un attacco cardiaco provocato probabilmente dalla malattia di cui soffriva. Spetta ora alla Procura decidere se chiudere l’inchiesta o compiere altri accertamenti mentre la madre del ragazzo potrebbe  decidere, dopo la lettura dell’elaborato prodotto dalla Procura, di depositare o no una memoria. A un quotidiano locale Maria Ciuffi ha dichiarato che se il caso verrà archiviato, ricorrerà alla Corte Europea di Strasburgo. “Non mi fermerò finché non otterrò la verità – racconta Ciuffi. La rabbia mi ha portato fin qui, la rabbia mi farà arrivare fino in fondo”.

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