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Articolo 21 - Editoriali
Può l’illegalità (o la sospensione della legalità) essere il solo contenuto della politica?
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di Francesca Santolini*

"Quello che colpisce, nella vicenda nell’abusivismo di Ischia, è che non si registra un solo politico della Campania che abbia sostenuto la necessità di dare un segnale di rigore, o che almeno abbia proposto un programma di rientro nella legalità per l’isola e per la regione più abusiva d’Italia. Dal PdL che promuove il decreto di sospensione delle demolizioni per tutta la provincia di Napoli, fino al partito marxista leninista che capeggia la rivolta popolare contro le ruspe, passando per i moderati di ogni orientamento, tutti sostengono concordemente che la legge non debba essere applicata.

Sergio Rizzo, sul Corriere di giovedì 22 aprile (la giornata della terra!), ne ha dato conto ampiamente. Senza mezzi termini ha definito tutta l’operazione una schifezza.

Poi la crisi nel partito di governo ha spostato l’attenzione sulla politica politicante, e della questione si sono già perse le tracce. Ma a pensarci bene la schifezza di Ischia sta proprio nel cuore della crisi della politica, e probabilmente ne rivela i caratteri più chiaramente dello scontro tra Fini e Berlusconi. Perché tutti, ma proprio tutti i politici campani si sono dimostrati concordi nel proporre l’ennesima sospensione della legalità, invocando da una parte la necessità, dall’altra la crisi economica o quella sociale. La casistica della sospensione della legalità in nome dell’emergenza si dispiega per intero nell’isola del golfo, che solo pochi anni fa era un paradiso pieno di natura e di storia e ora ospita orrori di cemento e veleni di inquinamento nel precario equilibrio dei suoi terreni compromessi.

Per il leader della rivolta isolana, che si proclama più a sinistra di tutti i partiti di sinistra italiani, sembra valere la regola antica che “necessitas non habet legem”, la necessità giustifica la trasgressione della legge. E’ la logica delle spese proletarie nei supermercati degli anni Settanta, le quali di certo hanno fatto molti meno danni delle costruzioni abusive di oggi, che sottraggono natura e terreni all’uso comune per assegnarli ai privati. Un modo molto curioso di fare il marxista.

Per gli amministratori di destra, invece, c’è la logica dell’emergenza permanente, che è stata manifestata con grande evidenza nella politica nazionale sulla protezione civile. Non la necessità, ma lo stato di eccezione giustifica il potere che esce dalle regole, decide per l’urgenza di decidere, senza curarsi di leggi che non c’è tempo di osservare. Nella sua declinazione estrema, questo principio conduce all’arbitrio più assoluto, alla giustizia sommaria, alla sospensione delle regole che garantiscono libertà personali. Per ora, comunque, sospende la concorrenza leale e regolata. Ed è anche qui uno strano modo di fare i liberali e inneggiare alla libertà.

Ma può l’illegalità (o la sospensione della legalità) essere il solo contenuto della politica? Può l’Italia permettersi una classe politica che tutta intera ha rinunciato alla politica, e cioè a un progetto per il Paese?

Il territorio del nostro Paese è senza dubbio il capitale più grande della nazione italiana. Non meriterebbe un progetto, una politica fatta di obiettivi graduali perché sia messo in sicurezza innanzitutto, e poi liberato gradualmente dalle occupazioni abusive, dalla bruttezza, dalla prepotenza? E’ vero che la politica è l’arte del compromesso e del perseguimento disilluso del possibile; ma per fare compromessi è necessario avere un obiettivo alto, puntare a un risultato che poi si raggiungerà per le strade realmente percorribili.

In Italia, invece, manca proprio questo obiettivo. Non c’è un progetto comune intorno al quale possiamo riunirci e lavorare, non una meta verso la quale camminare insieme. Perciò le divisioni aumentano, i localismi trionfano, la politica perde il suo senso.

Eppure il Paese, anche nelle sue regioni più degradate, è ancora capace di entusiasmi, di impegno e di passione. Il ruolo di una politica rinnovata nel personale e nello stile dovrebbe essere proprio quello di risuscitare queste energie. L’ambiente può darci una parte molto importante dei contenuti necessari. Gli italiani, soprattutto quelli che non vanno più a votare, potrebbero darci la forza di rimettere in piedi la politica e – chissà – anche il nostro Paese".

* autrice di "Passione Verde. La sfida ecologista alla politica" Marsilio Editori

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