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Articolo 21 - Editoriali
Il declino di Cesare e la libertà di telefonare liberamente
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di Marialaura Carcano

Si racconta che nel 2010, Cesare, che si sentiva ormai sul collo il fiato dei suoi consoli più infìdi, tentò una svolta populista. L’imperatore permanente, preoccupato dai segnali di una imminente e possibile cospirazione, tentò una svolta democratica per tirarsi dalla sua il popolo e promise alle folle la libertà di telefonare liberamente.
 
Sul disegno di legge de intercettatione Cesare si giocava il futuro. Puntò tutto su questa riforma nella fase declinante del suo impero.
Fu una scelta  che a posteriori gli storici giudicarono perdente. Sì, perché Cesare, che fino a lì era stato abile a interpretare gli umori più bassi del suo popolo, in quel caso, puntò su qualcosa di cui al popolo non fregava assolutamente niente: la libertà di telefonare liberamente, appunto.
Cesare cercò di scaricare sul popolo una urgenza che era solo sua e de i suoi consoli, una urgenza che scaturiva da una serie di cose irripetibili  che si  erano detti al telefono fino a quel momento.
Attribuì al popolo, ormai ridotto alla fame e gravato dalla pressione fiscale, un bisogno di libertà di telefonare liberamente che non era vissuto come importante.
Provate voi a dire a un disoccupato, a un cassintegrato, a un precario: “da domani sarai libero di dire quello che ti  pare al telefono”, quando il problema è, se mai, che non ha credito sul telefono..
Il detto  “date a Cesare quel che è di Cesare” si declinò in modo nuovo : “dite che al popolo gliene frega di quel che frega solo a Cesare”.
Che errore! I cittadini non si erano mai posti il problema di cosa dire al telefono. Nelle loro telefonate, tra l’altro, si scambiavano più che altro istruzioni su come fare la pajata o cose del genere e l’ipotesi di essere intercettati (la peggiore) non li angustiava più di tanto.
Cesare, tra l’altro, non seppe cogliere  la tendenza generale: quel la di dire i cazzi propri in pubblico e farne l’oggetto principale di ogni forma di comunicazione: di persona, in tv, sul web, al telefono, nei villaggi vacanze… ovunque. Un fatto che rendeva l’ipotesi di essere ascoltati se mai allettante.
Cesare, fino ad allora interprete degli umori più viscerali dell’audience , sbagliò mossa. La cospirazione ebbe luogo e il popolo non fermò la mano dei cospiratori.
Cesare cadde. Poi ci si mise pure Marco Antonio con il suo famoso “Ma Bruto è un uomo d’onore”.
Bruto,quello che aveva aiutato Cesare con i primi club di ForzaRoma. Insomma Marco Antonio cominciò a collaborare...

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