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Articolo 21 - Editoriali
La difficoltà di Minzolini
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di Nicola Tranfaglia

Augusto Minzolini è in difficoltà. Il presidente della Rai Garimberti si è ricordato, dopo molto tempo da quando ha assunto la carica che il direttore del TG1 non ha nulla a che fare con il “servizio pubblico” inteso come servizio neutrale tra le forze politiche e volto a fornire una informazione degna di questo nome ai quattro-cinque milioni di spettatori che ancora lo frequentano.
In particolare ha ricordato che l’editoriale in cui il giornalista ha di fatto abbracciato l’intenzione della Lega Nord di chiedere lo scioglimento delle Camere  al primo voto in cui la maggioranza di centro-destra non appaia sufficiente appare “invasiva di competenze e responsabilità di soggetti politici e istituzionali,giudizi che impegnano il servizio pubblico e che non competono alla Rai.”
Così, dopo gli ultimi taciti scontri tra il Quirinale e il governo Berlusconi culminati nel secco  comunicato con il quale il capo dello Stato ha fatto capire all’opinione pubblica che la richiesta di Bossi e Berlusconi di un intervento presidenziale per ottenere le dimissioni di Fini è del tutto irricevibile, la posizione di Minzolini si rivela  sempre più difficile.
Certo spetta al Consiglio di amministrazione della Rai decidere di irrogare sanzioni o di censurare il comportamento del direttore del TG1 e in quella sede tutto si gioca su uno o due voti.
Ma gli interventi critici del presidente della Rai,come del presidente della commissione di vigilanza Zavoli, segnano un’inversione di tendenza che non si può sottovalutare.
Il fatto è che il telegiornale principale del servizio pubblico appare sempre di più l’espressione di un corpo estraneo all’interno della Rai molto più legato al governo Berlusconi  che alle regole minime di una informazione pubblica.
E’ significativo che, in pochi giorni, il telegiornale di Enrico Mentana sulla Sette ha guadagnato alcuni punti di share sottratti ai due grandi telegiornali,al TGI di Minzolini ma anche al TG5 di Mediaset.
A modo loro i telespettatori italiani si accorgono dell’eccesso di propaganda partigiana che caratterizza i due telegiornali e preferiscono quelle voci che mostrano una certa indipendenza. 

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