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di Roberto Rossi
“Oggi sono ancora più motivato, questi signori mi hanno dato una spinta in più a continuare nel mio lavoro”. Ferdinando Piccolo ha 23 anni. Scrive da San Luca per il Quotidiano della Calabria. Quando gli parliamo, ha appena trovato una busta con dentro cinque pallottole calibro 9 e un biglietto: “Stai attento a quello che scrivi o sarai un morto che cammina… con la ‘ndrangheta non si scherza”. Il biglietto era scritto a macchina. Abbandonato sotto la vetrina del negozio del padre, barbiere di Bovalino. Un negozio che Ferdinando frequenta spesso, dà un mano al padre, specialmente di Sabato con tutta la gente che c’è.
Ferdinando ha scritto di Polsi, ha seguito “l’ultimo retorico via vai di politici e amministratori pellegrini per un giorno al santuario – ci dice – tutti presenti a parole per strappare la madonnina alla ‘ndrangheta e restituirla ai calabresi onesti e devoti”. E proprio per non buttarla solo su Osso, Mastrosso e Carcagnosso, in quei giorni, il 4 settembre, la sua firma esce in calce a un articolo sulla strada che collega Polsi a San Luca. Una strada tutta rovinata, da sistemare, da almeno un ventennio. Scrive di un appalto di 12 milioni di euro vinto nel 96 da una ditta di Crotone che prende i soldi (fallisce) e scappa. E del subappalto concesso a un’altra ditta, tutta sanluchese, il cui proprietario dice di non aver mai visto il becco di un quattrino.
Siamo a quindici. Dall’inizio dell’anno. Quindici cronisti minacciati di morte dalla ‘ndrangheta in questo 2010. Solo ieri la notizia del furto di computer a Emiliano Morrone, coraggioso autore de “La società sparente”.
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