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Articolo 21 - Editoriali
27 novembre, non la solita manifestazione
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di Sabrina Caneva

Un'altra manifestazione della CGIL, la solita... cita qualche giornale con l'intento (il solito) di sminuire la voce di milioni di persone che passano la notte a litigare con il sedile di un pullman o di un treno per far sentire, ancora una volta, la loro voce. Una grande fatica quella del manifestante, una fatica che spesso non è riconosciuta e che qualcuno non ha neppure la più pallida idea di cosa possa significare, abituato com'è a viaggiare in comodi convogli di prima classe o in aerei e auto private.
 Ma i manifestanti non mollano e ci sono, di nuovo, ancor più numerosi, ancora più forti e ancora più gioiosi con i loro slogan e i loro cartelli colorati, i loro canti e i loro balli, con la loro capacità di non essere mai stanchi,. E la piazza di sabato 27 novembre ha dimostrato che non è vero che il Paese è tutto alla deriva, non è vero che alla gente non importa più niente della partecipazione e dei propri diritti, non è vero che ormai tutto è perduto e la gente si accontenta della mediocrità  di uno talk show televisivo facendo perversi sogni sulle squallide avventure dei potenti.
Il Paese c'è ancora, la voglia di ricostruire e la capacità di farlo anche. E la CGIL ha dimostrato di essere il collante, la struttura organizzativa, unica in questo momento, in grado di mettere insieme studenti e pensionati, lavoratori a tempo indeterminato, precari e disoccupati, migranti e minoranze, ricercatori, artisti e giornalisti, dipendenti del settore pubblico e privato: uniti in un progetto di futuro. La CGIL non divide, come qualcuno vuole fare credere, unisce. Quella del 27 novembre, in questo momento storico, non è stata la solita manifestazione; non lo è stata per più motivi: anzitutto per i grossi numeri, in controtendenza rispetto a quanto accaduto negli ultimi tempi, poi per lo stile, per i temi e per il linguaggio. Per la chiarezza con cui si è ribadita la centralità del ruolo del Lavoro, il contratto come diritto universale, e il chiaro no alle deroghe, la necessità di investire in innovazione e conoscenza, la chiarezza con cui si è condannata la scellerata politica del Governo in fatto di scuola e università, la forte richiesta di legalità, la capacità di stare davvero, senza se e senza ma, dalla parte degli ultimi, dei più deboli, degli esclusi. Il linguaggio finalmente chiaro e deciso di chi non ha paura di esprimere chiaramente le proprie posizioni, di chi è disposto alla mediazione, ma non a perdere la propria identità culturale.
E poi, un ultimo motivo, il primo per importanza. E' stata la grande manifestazione di riscatto delle donne in questo Paese. Finalmente, sul palco, come Segretario generale, per la prima volta, una donna, autentica, vera, sincera.
Vedendo Susanna Camusso in piazza San Giovanni,ascoltandola parlare e cantare Bella Ciao dal palco, veniva da pensare che questa era davvero una grande svolta. La Camusso è la donna che rende giustizia a tutte le donne italiane, offese e umiliate dalla cultura berlusconiana (e purtroppo non solo): è una donna normale, che ha lavorato duro per arrivare; una donna che non affida al suo aspetto esteriore quella che è la sostanza; non ha paura a essere una donna e di parlare da donna, non imita goffamente gli uomini. Una donna capace, competente, sorridente e decisa.
Quella del 27 novembre, ce ne accorgeremo, non è stata davvero la solita manifestazione!
 
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