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Articolo 21 - Editoriali
Mafia e democrazia
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di Andrea Leccese

Da molti anni assistiamo, con vivo entusiasmo, ai numerosi duri colpi inferti alla mafia da magistratura e forze di polizia. Tv e quotidiani ci informano della cattura dei latitanti.
Ebbene sorge spontanea una domanda. Come è possibile che, dopo anni di arresti eclatanti, dopo anni di duri e durissimi colpi alla mafia, essa oggi non solo non sia stata definitivamente sconfitta, ma goda di ottima salute?
Insomma, è vero che negli ultimi anni sono stati arrestati molti latitanti, ma anche i più ingenui possono comprendere che non è sufficiente mettere in galera i boss, seppur di primissimo piano, per sconfiggere un’organizzazione criminale di tipo mafioso.
Fatto sta che, mentre si enfatizza la cattura di qualche criminale indicato come l’origine di tutti i mali, le mafie continuano beatamente  a vivere un periodo di grande espansione.
Secondo il X Rapporto SOS Impresa di Confesercenti (2007), il fatturato dell’Azienda Mafia tocca i 90 miliardi di euro. Secondo  l’XI Rapporto SOS Impresa di Confesercenti (2008), la Mafia SpA è “una grande holding company con un fatturato di 130 miliardi di euro”. Secondo  il XII Rapporto SOS Impresa di Confesercenti (2009), il fatturato complessivo ha raggiunto i 135 miliardi di euro. Insomma, la mafia non conosce crisi, e si conferma la prima azienda del Belpaese. Potremmo esserne fieri.
L’entusiasmo che accompagna la cattura dei boss ci dà dunque la misura di quanto il fenomeno mafioso sia sottovalutato, e di quanto scarsa sia la consapevolezza della sua gravità. Tanto che l’associazione per delinquere di tipo mafioso sembra essere considerata alla stessa stregua di una semplice organizzazione criminale. Se così fosse, le mafie sarebbero state smantellate già da tempo.
Anzitutto la mafia va considerata una grande fabbrica di denaro. Denaro proveniente dai traffici illeciti, dal traffico delle sostanze stupefacenti, dal traffico di armi, dal pizzo, dall’usura. E non pare che questi settori del mercato conoscano crisi.
Come scriveva Luciano Violante già nel 1994, l’obiettivo delle moderne organizzazioni mafiose è la conquista del massimo potere economico, perché il potere economico è diventato il segno del potere tout court ed il mezzo attraverso il quale si può conquistare ogni altro potere, avendo la spregiudicatezza necessaria.
Pensiamo all' inchiesta che ha coinvolto il senatore Di Girolamo. Il quotidiano la Repubblica, giovedì 25 febbraio 2010, titolava: “La ‘ndrangheta in Parlamento”. In realtà non c’è nulla di nuovo. Basta leggere il codice penale per capire che le mafie possono anche confezionare consenso elettorale per politici disonesti. L’ingresso in Parlamento di uomini selezionati dalla criminalità mafiosa non è roba da romanzi. La vera emergenza è che la notizia sia passata come l’ennesimo scandalo silenzioso, al quale siamo rassegnati. La vera emergenza è che questo non produca indignazione, che non produca ribellione.
Come si può pensare che la mafia, cioè la prima azienda italiana, non abbia anche un potere politico? Perché stupirsi se un importante politico avverte gli amici mafiosi delle indagini in corso? E immaginate come sarebbe bello scoprire quali sono le leggi ad mafiam approvate nella storia della nostra gloriosa democrazia? Certo, perché i mafiosi non regalano nulla a nessuno. Se ti portano in parlamento o all’assemblea regionale, poi cercano in cambio sempre qualche piccolo favore.
Nel Belpaese, poi, certi politici senza scrupoli sono sempre bene ammanicati con ampi settori della pubblica amministrazione. Nugoli di tartufi, pronti a tutto, pur di far carriera, sono a loro completa disposizione. Allora, come si può pensare che nessuno possa  dimenticare di perquisire l’abitazione del boss? Perché rimaner basiti se uomini dello Stato frenano la ricerca della verità sulle stragi mafiose? Perché stupirsi se qualche provvedimento finisca inavvertitamente per favorire l’impresa infiltrata dalla mafia?
Forse, questo racconto ci è servito ad avvicinarci di più alla definizione più corretta di mafia, e ad allontanarci dal gratuito entusiasmo per l’ennesima cattura di un guappo.
La mafia non è solo un’organizzazione criminale. È anche un’azienda efficiente che produce una quantità impressionante di denaro da riciclare e immettere nell’economia legale. Denaro che fa gola a tutti, anche ad imprenditori cosiddetti “onesti”. Ma non solo. La mafia produce consenso politico. Col denaro si fanno le campagne elettorali, si comprano pacchetti di voti. Ma il politico eletto grazie ai boss non è libero, deve sempre qualcosa in cambio. Per sua fortuna non è solo, può contare sui tanti suoi clienti.
Pertanto, la criminalità di tipo mafioso ci appare più verosimilmente come sistema plutocratico basato su una fitta rete di illecite relazioni d’ogni genere. Se la mafia potesse contare solo sui criminali, i tanti duri colpi subiti l’avrebbero azzerata.  
Se essa non avesse a disposizione una miriade di italiani che per ambizione e vanità, per carrierismo e sete di denaro, sono disposti a mettere in soffitta la legge e la morale, essa da tempo sarebbe stata sconfitta. Può invece contare sulla permeabilità di ben più estesi territori umani. È questo che fa più danni, e fa più paura. Questo ci suggerisce che la nostra è una democrazia manipolata, anche dal potere criminale.

 

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