Articolo 21 - Editoriali
Editoria: abbia coraggio sottosegretario Peluffo
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di Vincenzo Vita
Le parole del sottosegretario Peluffo sul Fondo dell'editoria sono incoraggianti. La devastazione avvenuta durante l'era berlusconiana delle risorse pubbliche destinate a cento testate - almeno parzialmente fuori dal mercato - è arrivata alla catastrofe annunciata.
Il Fondo si è ridotto a un decimo rispetto a dieci anni fa. Le manovre di Tremonti hanno dato la botta decisiva ad un pezzo qualitativo del pluralismo. Testate non profit, di tendenza, politiche, cooperative, locali costituiscono il tessuto nervoso della parte davvero "contropotere" dell'informazione. Ecco il quadro dei giornali a rischio di chiusura. "Liberazione" già ha cessato le pubblicazioni cartacee, "il manifesto" è in amministrazione coatta; dall'Unità all'Avvenire, passando per i fogli diocesani e delle associazioni la malattia si propaga.
Abbia coraggio sottosegretario Peluffo e la appoggeremo convintamene. Non basta, però, mettere un po' di denari (certo, meglio che niente) nel Fondo traendoli dall'altro Fondo, quello della Presidenza del consiglio.
Serve una riforma che stabilizzi per un certo numero di anni (almeno tre) il "quantum", ma soprattutto lo leghi a criteri selettivi: tirature/vendite, occupazione, impegno civile (vale a dire appartenenza all'informazione come bene comune). Del resto, è di queste ore l'ulteriore puntata della vicenda Avanti-Lavitola. C'è il coinvolgimento di un parlamentare, De Gregorio e chissà che c'è nello scrigno, dopo Ciarrapico e così via. Ma ci sono decine e decine di testate significative, da non giudicare ovviamente sulla base di valutazioni politiche. E quattromila persone che vi lavorano.
Si faccia un decreto urgente, venga il governo a riferire nelle commissioni parlamentari competenti, si ascoltino gli appelli chiarissimi del Presidente della Repubblica. Ora, o davvero mai più.
Siamo nella transizione all'era digitale, ma il passaggio richiede i vivi e non i morti.
P.S. La stampa cattolica va difesa. Ha sbagliato Adriano Celentano ad attaccarla, pur essendo libero di farlo.
E ci mancherebbe.
Il Fondo si è ridotto a un decimo rispetto a dieci anni fa. Le manovre di Tremonti hanno dato la botta decisiva ad un pezzo qualitativo del pluralismo. Testate non profit, di tendenza, politiche, cooperative, locali costituiscono il tessuto nervoso della parte davvero "contropotere" dell'informazione. Ecco il quadro dei giornali a rischio di chiusura. "Liberazione" già ha cessato le pubblicazioni cartacee, "il manifesto" è in amministrazione coatta; dall'Unità all'Avvenire, passando per i fogli diocesani e delle associazioni la malattia si propaga.
Abbia coraggio sottosegretario Peluffo e la appoggeremo convintamene. Non basta, però, mettere un po' di denari (certo, meglio che niente) nel Fondo traendoli dall'altro Fondo, quello della Presidenza del consiglio.
Serve una riforma che stabilizzi per un certo numero di anni (almeno tre) il "quantum", ma soprattutto lo leghi a criteri selettivi: tirature/vendite, occupazione, impegno civile (vale a dire appartenenza all'informazione come bene comune). Del resto, è di queste ore l'ulteriore puntata della vicenda Avanti-Lavitola. C'è il coinvolgimento di un parlamentare, De Gregorio e chissà che c'è nello scrigno, dopo Ciarrapico e così via. Ma ci sono decine e decine di testate significative, da non giudicare ovviamente sulla base di valutazioni politiche. E quattromila persone che vi lavorano.
Si faccia un decreto urgente, venga il governo a riferire nelle commissioni parlamentari competenti, si ascoltino gli appelli chiarissimi del Presidente della Repubblica. Ora, o davvero mai più.
Siamo nella transizione all'era digitale, ma il passaggio richiede i vivi e non i morti.
P.S. La stampa cattolica va difesa. Ha sbagliato Adriano Celentano ad attaccarla, pur essendo libero di farlo.
E ci mancherebbe.
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