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Articolo 21 - Editoriali
DDL Butti: un nuovo attacco alla Rete
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di Guido Scorza*

E’ approdato in Commissione Giustizia al Senato della Repubblica ed è destinato ad essere esaminato nelle prossime ore il disegno di legge attraverso il quale il Senatore Alessio Butti (Pdl) intende subordinare la libertà di chiunque di “utilizzare” online l’informazione proveniente da riviste e giornali ad un preventivo accordo con le associazioni maggiormente rappresentative degli editori. Ne avevo già parlato qui, all'indomani della sua presentazione al Senato.

Un’autentica folle ed anacronistica iniziativa che minaccia di mettere in ginocchio l’informazione online e di trasformare la Rete nella più scontata, piatta e tradizionale piattaforma editoriale di tutti i tempi.

La soluzione proposta dal Sen. Butti – in compagnia di un manipolo di colleghi – è tanto semplice quanto disarmante.

Un minuscolo comma – appena 637 caratteri spazi inclusi – da inserire con il numero 2bis all’art. 65 della legge sul diritto d’autore che, ironia della sorte, è inserito nel Capo V, relativo alle libere utilizziazioni.

Un pugno di caratteri per dire che “l’utilizzo o la riproduzione, in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo, di articoli di attualità pubblicati nelle riviste o nei giornali, allo scopo di trarne profitto, sono autorizzati esclusivamente sulla base di accordi stipulati tra i soggetti che intendano utilizzare i suddetti articoli, ovvero tra le proprie associazioni di rappresentanza, e le associazioni maggiormente rappresentative degli editori delle opere da cui gli articoli medesimi sono tratti”.

Utilizzare un articolo di attualità online, in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo, cosa significa?

Indicizzarlo? Linkarlo? Inserirne un estratto in un post per commentarlo o discuterlo?

La sensazione, sfortunatamente, è che il Sen. Butti stia pensando a tutte queste cose.

E’ una conclusione alla quale conduce l’esigenza di attribuire all’espressione “utilizzo” un significato diverso da quello dell’espressione “riproduzione”, anch’essa utilizzata nel comma che si vorrebbe introdurre all’art. 65 LDA nonché la circostanza che il Sen Butti, nella relazione al proprio disegno di legge, se la prenda espressamente, anche con i motori di ricerca.

Nessun dubbio, quindi, che almeno indicizzare un articolo dovrebbe divenire illecito salvo autorizzazione.

Ci sarebbe da ridere se il disegno di legge, a circa 20 mesi dalla sua presentazione al Senato, non fosse ora approdato in commissione giustizia, lasciando così intendere l’intenzione di qualcuno di prendere sul serio l’iniziativa del Senatore Butti.

Il 21 febbraio scorso, nella seduta della commissione Giustizia nel corso della quale è iniziato l’esame del disegno di legge, ci si è limitati – per fortuna anche da parte dello stesso Sen. Bruno, compagno di partito del Sen. Butti – a rappresentare l’esigenza di approfondire la questione attraverso un ciclo di audizioni.

Peccato, però, che tra i soggetti che si è, sin qui, proposto di audire vi siano solo gli editori e l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.

Mancano all’appello decine di categorie portatrici di interessi che vengono in rilievo quando si minaccia di disciplinare in modo tanto anacronistico e rigoroso l’uso delle informazioni e, quindi, la libertà di informazione on line.

Utilizzare le informazioni, nel Secolo della Rete, significa semplicemente esercitare, in modo contemporaneo, il diritto di comunicazione e manifestazione del pensiero sancito già nella dichiarazione universale dei diritto dell’uomo e del cittadino.

Solo un folle, un censore o un nemico del futuro pensa di subordinare ad un accordo tra soggetti privati l’esercizio di una libertà fondamentale come quella di manifestazione del pensiero. La libertà di manifestazione del pensiero non ha prezzo e non può dipendere dal raggiungimento o meno di un accordo con chicchessia.

*tratto da http://blog.wired.it

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