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Sudan, elezioni a rischio brogli: opposizione si ritira. Ong chiedono intervento della comunità internazionale
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di Antonella Napoli

Sudan, elezioni a rischio brogli: opposizione si ritira. Ong chiedono intervento della comunità internazionale

I segnali giunti dal Sudan nelle ultime settimane avevano già fatto 'suonare' qualche campanello di allarme, ora si sono trasformati in una vera e propria sirena che nessuno può e deve ignorare. Dall'11 al 13 aprile nel più grande stato africano si terranno le prime elezioni multipartitiche: politiche,  regionali e presidenziali. Ma a pochi giorni dal voto tutto sembra rimesso in discussione. Quando il presidente sudanese Omar al Bashir ha minacciato di espellere gli osservatori stranieri, 'colpevoli' di aver suggerito il rinvio della competizione elettorale, la comunità internazionale avrebbe dovuto intervenire in modo deciso per evitare che essa si trasformasse in una farsa. E invece non lo ha fatto.
Ora il principale rivale di Bashir, Yasser Arman del Movimento per la liberazione del popolo del Sudan, e altri esponenti dell'opposizione si sono ritirati in blocco dalla corsa alla presidenza del Paese.
La nota ufficiale dell’Splm non lascia adito a dubbi: "Facendo campagna elettorale nel Darfur - affermano i vertici del maggior partito del Sud Sudan - ci siamo  resi conto che lo stato di emergenza in vigore rende impossibile qualsiasi attività e per questo avevamo chiesto il rinvio delle elezioni. Inoltre tutto il processo elettorale è viziano da  irregolarità e noi abbiamo avuto difficoltà tecniche con la  presentazione delle liste".
Sono seguite a ruota le defaillance delle altre principali formazioni politiche del Sudan, tra cui il partito comunista e il Democratic Unionist Party (DUP), che hanno deciso di boicottare le elezioni e attraverso la voce di Mariam al-Mahdi dell'Umma Party hanno accusato il National Congress party, che sostiene il presidente uscente, di  puntare alla riconferma di Bashir senza voler correre il rischio di un confronto equo che possa dimostrare la sua debolezza politica
I cinque candidati che dovevano contrapporsi al leader del partito di maggioranza sono tutti personaggi di alto profilo: Sadek al-Mahdi, ex primo ministro e fondatore del partito Umma (nazionalista), Mubarak al-Fadil, capo di una importante fazione del partito Umma, Ibrahim Nugud, leader del Partito comunista, Hatem al-Sir, candidato del partito Unionista democratico, esponente di spicco della società civile sudanese e il più importante, Arman, candidato degli ex ribelli sudisti e principale oppositore di Bashir. Tutti ritengono che le irregolarità riscontrate nel processo elettorale abbiano pregiudicato il voto, il cui esito sembra ormai scontato.
Il ritiro di Arman, fra tutti, è quello che ha un peso maggiore essendo il candidato del Movimento di Liberazione del popolo del Sudan, la cui partecipazione alle elezioni è considerata condizione essenziale per lo svolgimento del referendum e il riconoscimento dell’indipendenza del Sud Sudan.
Il Sudan, il più grande Paese africano, è da sempre diviso tra il nord a maggioranza musulmana e il sud, dove prevale la popolazione cristiana. Per oltre vent’anni le fazioni contrapposte si sono scontrate in una guerra che ha causato milioni di morti e altrettanti sfollati e che è terminata con l’accordo di pace del 2005 (CPA) che prevedeva, alla fine di un periodo di transizione di cinque anni, una consultazione popolare per l’indipendenza del Sud da Khartoum.
Se questo referendum non si tenesse nei tempi fissati, il terrore degli anni del conflitto civile potrebbe non essere solo un ricordo del passato.
Gli analisti e gli osservatori delle questioni sudanesi temevano da tempo che il percorso verso le elezioni non sarebbe stato democratico e limpido. E sono ancor meno fiduciosi sul referendum. E ne hanno ben ragione.
Dopo la firma del Cpa, il governo sudanese non ha fatto nulla per preservare l’unità del Paese. Anzi. Ha alimentato le tendenze secessioniste del Sudan people liberation movement che, però, non sembra capace e pronto a governare un Sud Sudan totalmente indipendente.
Bashir conta su questo e se potrà rallentare il processo referendario non esiterà a farlo.
Il Sud meridionale è quindi oggi un’emergenza pari, se non più grave, a quella del Darfur. E’ per questo che il 10 e l’11 aprile in tutto il mondo si svolgeranno manifestazioni per chiedere che la comunità internazionale vigili sulle elezioni. Anche Italians for Darfur è tra le organizzazioni internazionali che hanno promosso ‘Sudan365” (www.sudan365.org) e insieme ai musicisti di ‘DrumCircle’ ha organizzato un’iniziativa che si terrà al Teatro del Lido di Ostia, domenica 11 aprile alle 16,30. Chiunque può partecipare a questo ‘cerchio di tamburi’ facilitato. Non è necessario avere delle percussioni, basta un coperchio e un mestolo o una pentola. E tanto entusiasmo. Battiamo insieme un colpo per la pace e per la giustizia in Sudan.


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