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Eritrei, cosa accadrebbe se venissero rimpatriati
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di redazione

Eritrei, cosa accadrebbe se venissero rimpatriati

"Se qualcuno viene sospettato di fuga allora viene legato - solo le mani, o mani e piedi, o ferro [con manette d'acciaio]…” "A Dahlak non c'è limite di tempo, si aspettano due cose: che qualcuno venga a trasferirti o ad ucciderti…” Questi sono solo alcuni estratti da interviste inserite all’interno del rapporto di HRW, dedicato all’Eritrea e pubblicato lo scorso anno. Da allora la situazione non è di certo cambiata. Il rapporto sottolinea come il paese sia una sorta di immenso carcere dove la tortura e la detenzione arbitraria, unitamente alla leva obbligatoria e illimitata nel tempo, alle restrizioni della libertà di culto, ai lavori forzati,  rappresentano la pratica quotidiana e rispetto a cui sempre più gente tenta di sfuggire raggiungendo i paesi vicini e poi l’Europa. Il rapporto parte dalla raccolta di testimonianze dirette. Le condizioni per i detenuti e per i coscritti sono analoghe: lavori forzati, tortura, trattamenti crudeli e degradanti. I prigionieri, per motivi politici, religiosi o semplicemente disertori sono tenuti all’interno di celle sovraffollate, a volte sotterranee o all’interno di container che raggiungono temperature elevate di giorno, gelide di notte. Stando al suddetto rapporto, anche le famiglie di chi cerca di scappare dal paese vengono sottoposte a carcerazione o a multe pesantissime. Del resto era stato lo stesso commissariato ONU per i diritti umani ad ammonire l'Italia in seguito ai respingimenti in mare avvenuti lo scorso anno proprio a danno di imbarcazioni che ospitavano numerosi eritrei, perchè si stava violando la normativa internazionale. Lo stesso commissariato invitava dunque i singoli paesi a non respingere in alcun caso i cittadini eritrei in fuga vista la pericolosità reale per le loro vite al rientro in patria.
si moltiplicano dunque, anche in queste ore gli appelli per i 250, c'è chi dice 300 eritrei detenuti in Libia e a rischio deportazione. E una richiesta di chiarimento, in merito a tale vicenda, arriva anche dal Commissariato europeo per i diritti umani. Con due lettere, inviate al Ministro degli esteri Frattini e al Ministro dell'interno datate 2 luglio e rese note soltanto oggi, il commmissario Hammarberg, partendo dal presupposto che molti di questi uomini e donne stessero cercando di raggiungere l'Italia siano invece stati rispediti verso la Libia, chiede piena collaborazione da parte del Governo italiano, sottolineando : "...c'è motivo per ritenere che qualora questi migranti fossero rispediti in Eritrea rischierebbero di essere vittime di gravi violazioni dei diritti umani". Intanto domani la questione approderà in Parlamento con il question time.


Articolo21 aderisce e si fa portavoce dei numerosi appelli lanciati in questi giorni a esponenti del Governo, da aprte di testate giornalistiche, associazioni, parlamentari e singoli cittadini affinchè l’Italia intervenga a favore dei 250 eritrei trattenuti in Libia in condizioni disumane e a rischio deportazione nel loro paese d’origine dove potrebbero essere sottoposti al carcere, alla tortura e persino alla pena di morte.

INTERROGAZIONE DI TOUADI AL MINISTRO FRATTINI
Il 2 luglio il parlamentare Jean Lèonard Touadi deposita un’interrogazione urgente diretta la Ministro Frattini: “"Ancora una volta il Governo Italiano rischia di essere correo di una palese violazione del diritto internazionale. Gli eritrei – afferma il parlamentare del PD - hanno diritto a chiedere l'asilo politico in Europa, ma, a causa dell'ignobile politica dei respingimenti, non e' possibile accertare la presenza di persone che potrebbero avvalersi del diritto d'asilo. Le notizie che sono state raccolte dall'agenzia Fortress Europe descrivono una situazione estremamente preoccupante. Il governo di Tripoli ha avviato una grave escalation di violazioni dei diritti umani. Solo alcune settimane fa e' stata chiusa la delegazione dell'UNHCR a Tripoli. Proprio su questa vicenda ho presentato un'interrogazione sempre al Ministro degli Esteri ma non ho ancora ricevuto alcuna risposta. In base alle informazioni raccolte da Fortress Europe, le autorità libiche si stanno preparando a rimpatriare gli eritrei verso il paese d'origine, atto che esporra' queste persone a sicure azioni di ritorsione da parte del governo dell'Eritrea. Mi auguro - conclude Touadi - che il Ministro Frattini sia celere nel rispondermi, qualora non fosse cosi', dovro' per l'ennesima volta registrare l'assoluto disinteresse del Governo italiano sulle questioni attinenti il rispetto dei diritti umani". 

L'APPELLO DE L'UNITA' E DI FORTRESSEUROPE
Il giorno seguente anche l’Unità lancia un appello al Governo raccontando i dettagli di questa tragedia: “'Erano sulla rotta di Lampedusa quando sono stati arrestati e portati nel lager di Gheddafi, ammassati in 90 in una stanzetta e picchiati ogni due ore'': il drammatico racconto arriva da don Mussie Zerai, sacerdote e responsabile dell'agenzia Habesha, Ong dedicata all'accoglienza dei migranti africani, che ha riferito al quotidiano l'ultima telefonata avuta con uno degli eritrei rinchiusi nel centro di detenzione di Brak, nella valle dello Shaty, nel Sud della Libia, a circa 75 chilometri da Sebha. Quando sono arrivati a Sebha, dopo un viaggio di mille chilometri ''hanno ricevuto pochissima acqua e ancora meno cibo, cinque persone nella stanza respirano a fatica, ci sono persone ferite, il cui sangue rende ancora piu' irrespirabile l'aria''. Zerai racconta cosi' quello che a loro volta i rifugiati hanno raccontato a lui. Rifugiati eritrei respinti nel 2009 dalle forze italiane dal Canale di Sicilia in Libia.
E un altro drammatico racconto arriva da Gabriele del Grande, fondatore di ''Fortress Europe'': e' il 30 giugno ''l'esercito libico ha fatto irruzione nel carcere di Misratah all'alba, il giorno dopo la rivolta degli eritrei.
Molti stavano ancora dormendo, li hanno portati via cosi', 300 persone circa e li hanno rinchiusi dentro due camion e un container di ferro. Tutti quelli che hanno lavorato all'accordo tra Italia e Libia dovrebbero riflettere sugli effetti che ha prodotto''. Da queste considerazioni muove anche l'appello del quotidiano: ''ci rivolgiamo ai nostri lettori, serve un'ampia mobilitazione per rompere il silenzio. Per questo vi chiediamo di inviare una mail al ministro dell'Interno Roberto Maroni perche' la legga e la inoltre al resto del Governo''. Gli eritrei di Brak chiedono, tramite Habesha, ''di essere accolti da un paese democratico in grado di rispettare il diritto dei richiedenti asilo politico e rifugiati''.


GLI INTERVENTI DI RADICALI, IDV E PDL
In parallelo, il radicale Perduca fa appello ai Presidenti di Camera e Senato: “"L'ennesima notizia tragica che proviene dalla Libia deve trovare una pronta risposta istituzionale basata sul rispetto della parola data e il tradizionale spirito umanitario italiani. Infatti, in occasione della scellerata ratifica del trattato Italia-Libia al Senato, il Governo espresse parere favorevole su un ordine del giorno del Presidente Marcenaro che chideva il coinvolgimento del Parlamento nel monitoraggio dell'applicazione dell'accordo con Tripoli. Considerato che l'Italia, seppur nella sua restrittiva interpretazione della convenzione sui rifugiati del '51, ritiene comunque gli eritrei tra i popoli a rischio persecuzioni, credo che Camera e Senato debbano chiedere al Governo di mantenere la parola data e inviare senza indugio una delegazione in Libia per valutare la situazione."

Dura presa di posizione anche da parte dell'IdV: " "Il governo avrà sulla coscienza ogni vittima - sostiene in una nota il portavoce Leoluca Orlando - e su questo esecutivo grava non soltanto il patto scellerato con il dittatore Libico, ma rischia di pesare anche la morte di disperati abbandonati a se stessi e al proprio destino come se non fossero esseri umani ma oggetti. Tutto questo rende ancora più pesante il comportamento del ministro Frattini, soprattutto dopo la chiusura dell'ufficio dei rifugiati delle Nazioni Unite in Libia. Ci attiveremo in tutte le sedi europee per portare all'attenzione di Bruxelles questa pulizia etnica che sta avvenendo in Libia. Costringeremo Berlusconi, Frattini e Maroni ad assumersi tutte le loro responsabilità".
E un appello arriva anche dal deputato PdL Enrico Pianetta, già presidente della Commissione diritti umani del Senato: ''Faccio appello alla sensibilita' dei ministri Frattini e Maroni per salvare i nostri 300 fratelli eritrei che hanno diritto ad avere asilo politico e non di essere trattati come bestie dalla Libia''. Che ricorda come l'Italia verso l'Eritrea e la Somalia ''deve essere piu' responsabile perche' non bisogna dimenticare cio' che il nostro Paese e' stato per quelle popolazioni, nel bene ma, purtroppo anche nel male. Non dobbiamo dimenticare tutto quello che hanno perpetrato in quell'area i marescialli di sangue Badoglio e Graziani."


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