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La politica "si vota" la fiducia. Il Paese è lontano. L'Osservatorio vi porta ad Adro
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di Reporter senza rete

La politica "si vota" la fiducia. Il Paese è lontano. L'Osservatorio vi porta ad Adro
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  • Nel giorno in cui la politica si auto assolve  e si vota la  fiducia, i tg giocano ognuno la propria parte in commedia e,  a seconda dei casi rimarcano l’asprezza del dibattito, o elogiano la navigazione sicura che attende il Governo. Il tg4 alle 19 segue la fase delle votazioni riproponendo in forma quasi integrale l’intervento di Berlusconi. Quando i numeri della fiducia  testimoniano l’essenzialità per il governo dei finiani, la faccia di Fede si fa scura. Per il Tg 5, nei titoli, il governo ottiene un’amplissima maggioranza; il tg 3 ed il tg La 7 illustrano il contrario  e Mentana  fa ascoltare un dialogo carpito tra Maroni e Vendola, in cui si parla delle possibili date delle elezioni. Mai come in queste settimane il mondo politico ha mostrato  una distanza abissale dalla realtà del Paese.

     Noi dell’Osservatorio, in controtendenza, proprio oggi vogliamo riflettere sui fatti reali, talvolta agghiaccianti, ma non casuali. E il caso di Adro, la provincia bresciana salita alle cronache per le forzature leghiste su mense, simboli politici a scuola, insofferenza per il mondo ed il lavoro dell’informazione. Stasera nuovo consiglio comunale off limits per la stampa.  Grazie anche alla sottoscrizione aperta su iniziativa di don Angelo Chiappa, parroco di Santa Maria alle Grazie di Brescia, che si occupa di migranti per la diocesi del capoluogo,  nessuno è rimasto senza pranzo, ad Adro, nonostante le minacce del sindaco Oscar Lancini.  E il menù padano obbligatorio, con l’obbligo di consumare carne di maiale salvo presentazione del certificato medico, alla fine ha subito  una deroga di buon senso. Piatto di formaggi al posto del suino per i bambini musulmani. E, mentre Adro continua ad essere sulle prime pagine, tra simboli leghisti nella scuola pubblica e gli interventi del ministro Gelmini e di Napolitano, nel commento  abbiamo sentito  proprio ,   Don Angelo Chiappa che ci rende una versione  su Adro che, certamente nessun  TG ha avuto modo o voglia di presentare. Tanto di cappello al Tg 3 che stasera presenta  un buon servizio sul caso del simbolo leghista riproposto a scuola in 700 esemplari.

    Le proteste di piazza dei sindacati in Spagna e Grecia, sono presenti sul tg 1 e sul tg 3. Il tg La 7 torna sulle polemiche tra Bruxelles e la Francia per la questione Rom.

    Per i fan di Corona, un determinate titolo di Studio Aperto ci rassicura: alla consegna del tapiro, lui nega la relazione d’amore con Lele Mora. Per molti teleutenti, un grande sospiro di sollievo.


    Il commento di Don Angelo Chiappa, Parroco di Santa Marie delle Grazie a Brescia

    (intervista di Elisabetta Viozzi) 

    Don Angelo, anche grazie alla sua sottoscrizione, nessuno è rimasto senza pranzo alla mensa di Adro, ed un piato di formaggi è stato fornito come alternativa alla carne di maiale; un compromesso, diciamo così. Ma può uno scuola pubblica lasciare dei bambini senza cibo o vietare loro di seguire le convinzioni religiose?

    “Sulle convinzioni religiose, assolutamente no, perché occorre creare le condizioni perché ognuno possa godere della propria libertà di espressione, ed il cibo appartiene proprio alla libertà di espressione. Il problema della mensa è che la mensa non è obbligatoria per legge nella scuola: è diventata obbligatoria per modo di dire, storicamente. Nel caso specifico di Adro, quando questa esperienza di scuola a tempo pieno è iniziata, e quindi andiamo agli anni ottanta, ed era diventato un modello nazionale, tant’è che s’era pubblicato a Brescia, da una casa editrice, un libro dal titolo “ Adro, un modello di esperienza”. La mensa aveva un suo significato preciso, cioè fare in modo che i ragazzi, i bambini, si mescolassero alla mensa. All’inizio ci sono stati i comuni, che con l’aiuto della regione l’hanno fornita gratis, poi adagio adagio i fondi si sono ristretti e si è cominciato a far pagare a seconda del reddito. Chi, secondo la denuncia del rendito era sotto una certa soglia, e per competenza regionale, che fornisce dei fondi in Lombardia se si fa la richiesta, e con tasche proprie del comune nel settore di assistenza sociale e politiche sociali, in tutti gli altri comuni del bresciano gli si da la mensa, anche se quelli, oggettivamente, non sono in grado di pagare. Ha un significato ben preciso, in quel modello didattico, la mensa. Chiaramente creare questa discriminazione all’interno della mensa  vuol dire anche rompere un modello pedagogico-didattico. D’altra parte occorre aver chiaro, anche se d’altra parte non lo è, che i genitori che erano inadempienti nei confronti della mensa quando il sindaco è intervenuto erano nove stranieri, disoccupati, in cassa integrazione, tre con mamme e senza papa, e senza lavoro le mamme; uno di questi era poi conosciuto in modo particolare perché vicino di casa del “donatore famoso”. Gli altri che erano inadempienti erano soggetti che portavano i bambini a scuola col Suv, ma che sapevano che siccome non pagavano questi, anche loro non dovevano pagare. Ma siccome la mensa non è mai stata in deficit, la mensa che il sindaco ha obbligato a chiudere, gestita da ventiquattro anni  da un’associazione genitori, nata apposta quando è iniziata la scuola a tempo pieno, per gestire questa mensa, non solo non era senza soldi, ma aveva 110 mila Euro, e quindi non avrebbe lasciato mancare niente. Il problema è che il sindaco ha voluto paccare su questo tema, e l’ha voluto perché doveva impossessarsi della gestione della mensa, e questa è una strategia precisa che il sindaco ha seguito. “ Voi della banda non avete un uomo dei miei a capo: vi taglio i contributi. Mettete un uomo dei miei a capo, vi ridò i contributi. Tu, signora, che mi gestisci la mensa da ventiquattro anni, non sei una mia fedelissima: devo mettere una mia fedelissima a gestire la mensa”. Con questo quadro, in riferimento al tema della mensa, è tutta una questione politica. È chiaro che l’eccesso di voti che la Lega ha ottenuto in questa terra bresciana ha prodotto dei soggetti, di scarsa qualità culturale, che però devono sbraitare come sbraita il loro capo. Devono essere visibili. È la logica di chi dice: “ Adesso il potere ce l’abbiamo noi”.


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