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Rivelazione shock del magistrato del 7 aprile: fu stoppato sul centro Hyperion
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di Stefania Limiti

Rivelazione shock del magistrato del 7 aprile: fu stoppato sul centro Hyperion C’è una rivelazione shock nel libro che Pietro Calogero, il magistrato noto per l’istruttoria ‘7 aprile’ sui capi dell’Autonomia Operaia, ha appena pubblicato insieme a Michele Sartori e Carlo Fumian: le sue indagini sul famigerato centro Hyperion di Parigi furono stoppate. Quel luogo era chiaramente una struttura superprotetta di un servizio di informazione di carattere internazionale, con compiti di supervisione e di controllo su gruppi che praticavano la lotta armata: forse la Cia? “Verosimilmente” dice Calogero, che ammette di essersi trovato in quei giorni di fronte ad uno scenario nuovo e del tutto inaspettato.

L’esistenza di questa misteriosa scuola di lingua era nota ma le notizie sono frammentarie e confuse, talvolta assai poco credibili, spesso quasi un contenitore per tanti nomi, anche i più improbabili. Per questo le rivelazioni che, a tanti anni di stanza, il magistrato, oggi procuratore generale della Repubblica a Venezia,  ha deciso di rendere pubbliche sono di indubbia importanza e fissano un punto fermo nella ‘mitologia’ di Hyperion: le sedi di questo organismo, dislocate in tre città europee – Parigi, Londra e Bruxelles - garantivano all’intelligence statunitense di esercitare un controllo non formale su personaggi e itinerari del terrorismo di sinistra in Italia e, in relazione ad esso, di <<adeguare la politica di contenimento dell’avanzata, nel nostro territorio, del più forte partito comunista dell’Occidente>>. Tutto questo riuscì a capirlo casualmente, mentre indagava su alcune figure chiave dell’eversione rossa che aveva a Parigi un suo centro di gravità

Calogero ammette di non essere riuscito a raccogliere prove sulla vera attività dell’Hyperion ma la notizia davvero inquietante riguarda il fatto che qualcuno glielo impedì.

Il primo ostacolo fu l’impossibilità tecnica di realizzare intercettazioni in una delle due sedi francesi: i telefoni in questa villa alla periferia di Rouen, in Normandia, non erano intercettabili. Un triplice anello concentrico di sensori  molto sofisticati rendeva impossibile l’avvicinamento alla villa a qualunque intercettazione ambientale. Un secondo, consistente, problema si verificò a Londra dove si recò l’allora capo della squadra mobile di Roma che indagava insieme a Calogero, Luigi De Sena: questi si rese conto di non essere ospite gradito nella capitale di Sua Maestà quando trovò la sua stanza d’albergo completamente sottosopra, dopo soli due giorni dal suo arrivo. Era un chiaro avvertimento, <<l’ufficio di polizia londinese non intendeva collaborare. Dissi a De Sena che il rischio era troppo alto, e abbandonammo il troncone britannico dell’inchiesta>>, racconta Calogero.

La terza tappa di questo affossamento di una indagine che poteva aprire scenari davvero nuovi e chiavi di interpretazione di tanti misteri italiani, fu una fuga di notizie organizzata dai servizi segreti italiani che portò definitivamente all’affossamento dell’inchiesta: il 24 aprile 1979 il Corriere della Sera pubblicò un dettagliato articolo a firma di Paolo Graldi dal titolo Secondo i servizi segreti era a Parigi il quartier generale delle Brigate Rosse. La fuga di notizie ebbe conseguenze irreparabili perché le autorità francesi troncarono la collaborazione che inizialmente aveva offerto, ignare che stavano per pestare i piedi a qualcuno poco propenso alle pubblicità.

Il libro offre dunque materiale per rivedere su nuove e fondate basi la storia ed il ruolo di questo buco nero della storia degli affari italiani, spesso evocato ma mai individuato. La breve ma consistente storia che ci offre Calogero offre l’opportunità per correggere alcune ipotesi e rafforza un punto fermo per la rivisitazione della sinistra eversiva e la comprensione definitiva dell’anomalia italiana.

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