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Per tutti le Sakineh del mondo, ridare la voce alle vittime della repressione in Iran
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di Ahmad Rafat

Per tutti le Sakineh del mondo, ridare la voce alle vittime della repressione in Iran

Il governo di Mahmoud Ahmadinejad ha deciso di “giocare” con la comunità internazionale e l’opinione pubblica mondiale. Mahmoud Ahmadinejad ha deciso di scegliere anche il tavolo dove “giocare”, quando “giocare” e ovviamente di dettare le regole del “gioco”. Il presidente della Repubblica Islamica cerca di muovere le sue pedine sia all’interno del paese, che sullo scenario internazionale. Le “pedine” di Ahmadinejad non sono solo i gruppi armati nella regione, la vicenda nucleare e la politica di “acquisti” in Africa e America Latina. Spesso le “pedine” utilizzate da Ahmadinejad, sono delle persone. Una di queste si chiama Sakineh Mohammadi Ashtiani, madre di due figli, analfabeta e vittima delle tradizioni. Una donna che certo ha commesso un reato, quello di complicità nell’assassinio del marito a lui imposto quando aveva meno di 16 anni, ma che a sua volta è vittima di una ingiustizia molto più grande. Sakineh che per il reato commesso è stata condannata 15 anni di reclusione, per un atto di amore che non dovrebbe essere un reato, e che in molte parti del mondo non lo è, attende da anni di essere lapidata. Sakineh, che ha avuto salva la vita grazie alla campagna internazionale organizzata dal suo primo difensore, Mohammad Mostafai, oggi non è più difesa da nessuno. Anche il suo nuovo difensore  Javid Hutan Kian , che ha assunto la difesa dopo la fuga del primo avvocato Mostafai che è stato costretto ad abbandonare il paese per evitare l’arresto e a rifugiarsi in Norvegia, è in carcere. Javid Hutan Kian è stato arrestato assieme a Sajjad, figlio di Sakineh, e due giornalisti tedeschi che si erano recati in Iran per intervistarli. Oggi Sakineh è diventata una semplice “pedina” in mano ad Ahmadinejad. Il presidente iraniano cerca di utilizzare questa povera donna, diventata ormai l’icona della ingiustizia nella Repubblica Islamica, per prendere in giro l’Occidente e l’opinione pubblica internazionale. Il governo, rilasciando dichiarazioni ambigue e contrastanti, nonché facendo circolare notizie false come l’imminente lapidazione o il presunto rilascio della donna, cerca di creare confusione e disorientare la campagna internazionale a favore di Sakineh. La televisione di Stato trascinando Sakineh e suo figlio, davanti alle telecamere a scadenze regolari, cerca di colpire chiunque abbia preso a cuore il loro caso, a cominciare dall’avvocato Mohammad Mostafai. Questo legale molto coraggioso non è diventato noto come attivista dei diritti umani con il caso Sakineh. Da anni questo giovane legale si occupa di un’altra vicenda dolorosa nella Repubblica Islamica: le condanne a morte dei minori. Diversi minori condannati a morte sono stati difesi dall’avvocato Mostafai, che sarà ospite dell’Assemblea Generale dell’Articolo21 che si terrà 15 dicembre alla Provincia di Roma. Costringendolo a lasciare il paese per evitare l’arresto, la Repubblica Islamica non ha commesso solo una ingiustizia nei confronti di Mostafai, ma ha soprattutto privato diversi minorenni condannati a morte dalla possibilità di essere difesi. Nella Repubblica Islamica oggi sono nel mirino del regime tutti quegli avvocati che assumendo grandi rischi difendevano i condannati a morte, i prigionieri di coscienza e gli oppositori politici. Rischia la vita in carcere Nasrin Sotudeh, avvocato di molti noti dissidenti, che tra gli altri rappresentava anche il Premio Nobel per la Pace, Shirin Ebadi. In carcere da oltre 100 giorni, Nasrin Sotudeh ha iniziato in questi giorni uno sciopero della fame e della sete. Al marito, con il quale ha avuto un colloquio telefonico dal carcere, ha detto che continuerà lo sciopero della fame e della sete fin quando “tutte le ingiuste condanne inflitte dopo le elezioni del 2009 non saranno annullate”.


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