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Global day for Darfur al Colosseo: sit-in e musica per non dimenticare
di Antonella Napoli*
Anche quest’anno si celebra in tutto il mondo il Global Day for Darfur, dedicato alla crisi umanitaria in atto nella regione sudanese dal febbraio 2003 e che dal 2006 viene ricordata anche in Italia, grazie all'impegno di Italians for Darfur, associazione Onlus di cui fanno parte giornalisti, operatori sociali ed esponenti della società civile.
Da quando il nostro appello alle televisioni italiane è stato rilanciato da Articolo 21 l‘azione del nostro movimento è stata ancora più forte ed efficace. Ora il Darfur non è più considerato ‘uno stile di vita’ (confuso con ‘fastfood’) o una ‘caramella’ (Doufur…)come incautamente affermavano alcuni parlamentari ai microfoni delle Iene qualche anno fa. Ma molto resta ancora da fare.
Il conflitto in questa regione del Sudan poco conosciuta nell’arco di otto anni, ha provocato (stime Onu) tra i 200 e i 300.000 morti e ha costretto almeno due milioni e mezzo di persone alla fuga, destinandole ad una vita da sfollati sia
all'interno del Sudan, sia nei campi profughi in Ciad, circostanza che di fatto ha allargato il conflitto anche a questo paese confinante.
Mentre l'attenzione internazionale è diretta altrove, il Sudan accusa uno dei momenti peggiori della sua storia a causa di nuovi reiterati scontri in molte parti del Paese.
Oltre 100 mila persone fuggono dalla città di Abyei, che galleggia sull'oro nero, per sfuggire al bombardamento dei tank governativi, mentre dalle zone vicine in Darfur, El Fasher, Nyala e Jebel Marra, continuano i raid aerei che aggiungono nuovi sfollati agli oltre 70 mila civili che hanno tentato di salvarsi rifugiandosi nei campi profughi ormai al collasso.
L'aviazione sudanese nelle ultime settimane ha bombardato i villaggi di Sheraya, di Sukamir e di Labado nell’area meridionale della regione mentre le milizie alleate dell'esercito sudanese hanno incendiato cinque villaggi, Karko, Linda, Abu Mara, Jurab Bray e Asilowa - situati a 50 km a sud della capitale provinciale El Fasher (Darfur settentrionale). Tutto questo mentre al Sud continua il flusso di rientro dei profughi dai campi verso i luoghi di origine, ormai privi di ogni bene primario.
Violenze e scontri tra forze governative e ribelli del Sud Sudan People Liberation Movement sono esplose anche sulle montagne del Sud Kordofan, stato ai confini con la regione del Blu Nilo, proprio in questi giorni.
Il governo sudanese, mentre sul campo sparge sangue, ai tavoli delle trattative per il processo di pace dichiara con fermezza di voler completare
il cammino verso la risoluzione del conflitto in Darfur intrapreso a
Doha, in Qatar e di voler riconoscere il nuovo Stato del Sud Sudan. Peccato che abbia occupato militarmente l’area di Abyei, la più contesa per le immense risorse petrolifere, e abbia ritirato le sue truppe solo dopo il richiamo dell’Onu e di tutta la comunità internazionale. Eppure una seppur minoranza politica in Sudan vorrebbe davvero cambiare le cose. Dar un nuovo volto e un futuro di pace e democrazia al Sudan. Volontà che si scontra con interessi nazionali e sovranazionali, ma anche con il perdurare delle attività criminali delle tante milizie armate che imperversano in Darfur e molto spesso, imbracciano le armi per ottenere visibilità e ritagliarsi un ruolo politico e militare, al pari delle storiche Sudan Liberation Movement e Justice and Equality Movement.
Per denunciare tutto questo e per chiedere che si presti maggiore attenzione al Sudan, domenica 19 giugno saremo in piazza per il ‘Global day for Darfur’ 2011 con un sit – insieme ai rifugiati della Comunità del Darfur in Italia.
Oltre ai messaggi di sostegno dal mondo della società civile e dalle istituzioni, tra cui i presidenti di Camera e Senato, è stata riconosciuta alla nostra associazione la medaglia di Rappresentanza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per la mostra "Volti e colori del Darfur" che sarà allestita a Roma, al Colosseo. Con la speranza che si accendano i riflettori su questa tragedia spesso dimenticata e che sembra non avere mai fine.
*Giornalista e presidente di Italians for Darfur
Da quando il nostro appello alle televisioni italiane è stato rilanciato da Articolo 21 l‘azione del nostro movimento è stata ancora più forte ed efficace. Ora il Darfur non è più considerato ‘uno stile di vita’ (confuso con ‘fastfood’) o una ‘caramella’ (Doufur…)come incautamente affermavano alcuni parlamentari ai microfoni delle Iene qualche anno fa. Ma molto resta ancora da fare.
Il conflitto in questa regione del Sudan poco conosciuta nell’arco di otto anni, ha provocato (stime Onu) tra i 200 e i 300.000 morti e ha costretto almeno due milioni e mezzo di persone alla fuga, destinandole ad una vita da sfollati sia
all'interno del Sudan, sia nei campi profughi in Ciad, circostanza che di fatto ha allargato il conflitto anche a questo paese confinante.
Mentre l'attenzione internazionale è diretta altrove, il Sudan accusa uno dei momenti peggiori della sua storia a causa di nuovi reiterati scontri in molte parti del Paese.
Oltre 100 mila persone fuggono dalla città di Abyei, che galleggia sull'oro nero, per sfuggire al bombardamento dei tank governativi, mentre dalle zone vicine in Darfur, El Fasher, Nyala e Jebel Marra, continuano i raid aerei che aggiungono nuovi sfollati agli oltre 70 mila civili che hanno tentato di salvarsi rifugiandosi nei campi profughi ormai al collasso.
L'aviazione sudanese nelle ultime settimane ha bombardato i villaggi di Sheraya, di Sukamir e di Labado nell’area meridionale della regione mentre le milizie alleate dell'esercito sudanese hanno incendiato cinque villaggi, Karko, Linda, Abu Mara, Jurab Bray e Asilowa - situati a 50 km a sud della capitale provinciale El Fasher (Darfur settentrionale). Tutto questo mentre al Sud continua il flusso di rientro dei profughi dai campi verso i luoghi di origine, ormai privi di ogni bene primario.
Violenze e scontri tra forze governative e ribelli del Sud Sudan People Liberation Movement sono esplose anche sulle montagne del Sud Kordofan, stato ai confini con la regione del Blu Nilo, proprio in questi giorni.
Il governo sudanese, mentre sul campo sparge sangue, ai tavoli delle trattative per il processo di pace dichiara con fermezza di voler completare
il cammino verso la risoluzione del conflitto in Darfur intrapreso a
Doha, in Qatar e di voler riconoscere il nuovo Stato del Sud Sudan. Peccato che abbia occupato militarmente l’area di Abyei, la più contesa per le immense risorse petrolifere, e abbia ritirato le sue truppe solo dopo il richiamo dell’Onu e di tutta la comunità internazionale. Eppure una seppur minoranza politica in Sudan vorrebbe davvero cambiare le cose. Dar un nuovo volto e un futuro di pace e democrazia al Sudan. Volontà che si scontra con interessi nazionali e sovranazionali, ma anche con il perdurare delle attività criminali delle tante milizie armate che imperversano in Darfur e molto spesso, imbracciano le armi per ottenere visibilità e ritagliarsi un ruolo politico e militare, al pari delle storiche Sudan Liberation Movement e Justice and Equality Movement.
Per denunciare tutto questo e per chiedere che si presti maggiore attenzione al Sudan, domenica 19 giugno saremo in piazza per il ‘Global day for Darfur’ 2011 con un sit – insieme ai rifugiati della Comunità del Darfur in Italia.
Oltre ai messaggi di sostegno dal mondo della società civile e dalle istituzioni, tra cui i presidenti di Camera e Senato, è stata riconosciuta alla nostra associazione la medaglia di Rappresentanza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per la mostra "Volti e colori del Darfur" che sarà allestita a Roma, al Colosseo. Con la speranza che si accendano i riflettori su questa tragedia spesso dimenticata e che sembra non avere mai fine.
*Giornalista e presidente di Italians for Darfur
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