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Articolo 21 - INTERNI
La verità del vescovo sul caso B.
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di Francesco Peloso

La verità del vescovo sul caso B. La Chiesa ha un atteggiamento fin troppo compromissorio rispetto alle vicende che riguardano il premier, mentre il Paese avrebbe bisogno della parola dei vescovi in un momento in cui si risente pesantemente della perdita di prestigio e di credibilità sia sul piano economico che su quello del prestigio internazionale. Monsignor Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo, è abituato a dire con schiettezza ciò che pensa, del resto più volte si è esposto in prima persona chiedendo un passo indietro allo stesso Berlusconi quando emersero le prime notizie sugli scandali a luci rosse nei quali era coinvolto il Presidente del Consiglio. Alla ‘sua’ Conferenza episcopale, Mogavero rimprovera l’incapacità di indignarsi, di dire una parola chiara e di fidare, oltre il necessario, nella stabilità dell’attuale governo.

Monsignor Mogavero, qual è il dibattito interno alla Chiesa sulla crisi del Paese e sugli scandali che hanno travolto nuovamente il Presidente del Consiglio?


Ufficialmente non c’è alcun dibattito all’interno della Chiesa su quanto sta avvenendo nel Paese. Il problema lo sui è affrontato guardando ai principi generali, in particolare per tutto ciò che si riferisce alle vicende del premier, e sui principi naturalmente siamo tutti d’accordo. Gli aspetti concreti della situazione, però, non vengono affrontati perché lì ci sono posizioni diverse, proprio nelle valutazioni che si danno su queste circostanze; c’è poi chi crede che se ci pronunciamo con troppa chiarezza facciamo un danno al Paese  perché questo intervento farebbe traballare ancora di più una situazione già delicata. Così accade che la voce della Chiesa non si leva con chiarezza, prevale una scelta compromissoria, tranne qualche cane sciolto, me compreso, che parla a ruota libera.

Quanto peserebbe, oggi, una parola chiara della Chiesa?

In gioco ci sono valori importanti, bisogna poi considerare che come Paese abbiamo perso la faccia sul piano della credibilità internazionale e su quello dell’affidabilità economica. Un sussulto etico da parte della Chiesa farebbe bene a tutti, sarebbe un segnale forte soprattutto per un Paese come il nostro dove il rigore morale non piace troppo e allora può prevalere l’idea che siccome cc’è chi si comporta in un certo modo al vertice, questo dà una maggiore libertà in quella stessa direzione a tutti gli altri. C’è una crisi di carattere economico, di credibilità, di prestigio. La stabilità del governo, per altro non così garantita, non può essere l’unico criterio di valutazione.

C’è un rischio assuefazione nell’opinione pubblica?

C’è un rischio indifferenza nel Paese, l’assuefazione della rassegnazione; una certa vicenda può accadere a Bari, Milano, Roma, Torino, e rischia di non fare più notizia. Poi non ci indigniamo nemmeno più noi, uomini di Chiesa.

In che modo però la Chiesa sta ragionando sul dopo-Berlusconi?

Certo ci stiamo interrogando sul dopo, anche perché è vero che la situazione è bloccata ma il popolo italiano si sta svegliando, le elezioni a Napoli e Milano dimostrano che il consenso è in movimento. In ogni caso la grande maggioranza dei vescovi non è d’accordo con l’idea di un nuovo partito cattolico. Per altro, attualmente, non esiste una forte leadership che rappresenti la presenza cattolica nel Paese. Quello che possiamo fare è accettare la transizione e investire sul futuro aiutando la formazione non tanto di politici cattolici, ma di cattolici coerenti che, quando arrivano in politica, abbiano una propria autonomia e non cedano all’omologazione; c’è oggi una debolezza identitaria del mondo cattolico. La discontinuità è invece il segno distintivo dei cattolici, il cattolico dà un contributo valoriale anche se non arriva per forza a un risultato legislativo, non si può essere  maggioranza per forza.

Il laicato cattolico esprime realtà molto diverse fra loro…


Mi pare che nel mondo del laicato cattolico manchi oggi una regia che riesca a porre sotto un’unica regia, una stessa sigla, tutte le varie forze presenti. Non, ripeto, per fare un partito, ma per riunire le forze che pure hanno sensibilità differenti e riuscire a pesare nella realtà, soffriamo dell’assenza di figure forti  capaci di catalizzare la presenza cattolica. Ogni associazione procede per conto proprio.


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