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Tav Firenze-Bologna: " Tanti i motivi per bocciarla"
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di Pietro Nardiello

Tav Firenze-Bologna: " Tanti i motivi per bocciarla"

Raggiungiamo telefonicamente Girolamo Dell’Olio, responsabile dell’associazione di volontariato IDRA di Firenze che da tempo svolge una campagna di informazione e assistenza sugli abusi ambientali. In questo caso parliamo di TAV perché domani 7 dicembre si terrà presso la sede della Corte dei Conti a Firenze, l’udienza avente ad oggetto il giudizio di responsabilità per danno erariale derivante dalla realizzazione dei lavori per l’Alta Velocità ferroviaria nella tratta appenninica Firenze-Bologna.


Da anni vi battete affinché il progetto TAV non giunga a compimento: perché?

Per tanti ottimi motivi. Ma ne basterebbe anche uno solo per bocciarlo...
Cominciamo con la domanda di trasporto: da noi oltre l’80% degli spostamenti è nel raggio dei 100 km o molto meno. L’Italia è chiamata il “Paese delle 100 città”. Non siamo né la Francia, né il Texas:  siamo un paese densamente popolato, privo di ampie aree pressoché disabitate. La maggior parte della gente si sposta a pendolo intorno al punto di origine. È qui che bisogna intervenire con la famosa ‘cura del ferro’.
Punto due: l’architettura finanziaria della TAV è “erariovora”. Nel senso che è scientificamente organizzata in modo da spremere al massimo le mammelle della spesa pubblica. L’ing. Ivan Cicconi, esperto di opere pubbliche e appalti, lo dice, lo scrive, lo dimostra da lustri. Da qualche anno lo mettono nero su bianco anche le massime autorità di controllo contabile: l’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici e la Corte dei conti: il meccanismo contrattuale legato alla figura del general contractor è energicamente censurato nelle loro relazioni perché produce effetti devastanti sull’economia nazionale. Si tratta di conseguenze che non gravano solo sull’erario e sull’ambiente, ma anche sulla durata e la qualità dei lavori.

Ci può fare qualche esempio?
Pensate che la premiata tratta appenninica fra Firenze e Bologna, inaugurata in pompa magna a dicembre 2009, doveva essere in esercizio nel 2003... dopo che i progetti erano stati approvati nel 1995!
Terzo punto: non servono tratte ferroviarie avulse dalla rete, ma binari interconnessi gli uni con gli altri. Il vantaggio della Direttissima Firenze-Roma era proprio quello di permettere ai treni per i pendolari di infilarsi sulla linea veloce negli spazi fra un intercity e l’altro, velocizzando così il trasporto per tutti. E invece, per volere imitare anche su questo la Francia, abbiamo ‘rami d’oro’ AV alimentati a corrente alternata, invece che a corrente continua, e là sopra tutti gli altri treni non possono andarci (a meno che non si dotino di costosissimi locomotori bi-tensione). Succede così che l’offerta di intercity sta deteriorandosi drasticamente (si arriva al paradosso che per fare molto meno di 100 km, come fra Firenze e Bologna, è diventato quasi sempre obbligatorio prendere un treno TAV, tariffa inclusa); mentre gli interregionali, i regionali e i locali sono costretti a tagli o a disservizi legati ai privilegi di cui sono fatti forzosamente godere i treni (e i profitti) TAV.

I vostri documenti parlano anche di danno all’ambiente, per questo punto come siamo messi?
l’Italia è anche paesaggio, risorse ambientali, beni culturali. Qui gli atti del procedimento penale celebratosi al Tribunale di Firenze hanno dimostrato la mole di danni prodotti dalla TAV con la benedizione di tanti cosiddetti soggetti pubblici. A riguardo di questi ultimi, fra pochi giorni si terrà presso la sede della Corte dei conti a Firenze l’udienza innanzi alla Sezione giurisdizionale per la Toscana con oggetto il giudizio di responsabilità per danno erariale derivante dalla realizzazione dei lavori per l’Alta Velocità ferroviaria nella tratta appenninica Firenze-Bologna. Nel giudizio, promosso dal Procuratore regionale della Toscana della Corte dei conti, interviene ad adiuvandum l’Associazione Idra.

E’ stata fornita la giusta informazione alle popolazioni?
L’approvazione di questi progetti – la cui finalità ben poco mostra di avere a che vedere con le esigenze sociali di trasporto e con quelle morali di buon governo dell’economia - è avvenuta naturalmente col minimo di coinvolgimento della popolazione, o col minimo di rispetto della voce dei cittadini. Come si sta tentando di fare da 20 anni in Val di Susa, militarizzandola se possibile. Come si fa senza pudore anche là dove – vedi Firenze – sono in gioco gli equilibri idrogeologici di un territorio patrimonio mondiale dell’umanità...


Sostenete da sempre che il rapporto costo benefici non sia conveniente: possiamo dare qualche dato?

Prendiamo la tratta appenninica Firenze-Bologna. I costi sono lievitati da 2.100 mld di vecchie lire, presentati a suo tempo come capitali di rischio privato al 60%, a 5.205 milioni € (oltre 10.000 mld di vecchie lire), interamente pubblici, visto che dal 1998 la TAV SpA è anche ufficialmente una costola di FS SpA. Ma il dato risale al 2004: poi il sito web di TAV SpA, da cui ricavavamo progressivamente gli incrementi fuori controllo della bolletta, ha chiuso.
Secondo il prof. Aurelio Misiti l’adeguamento della tratta TAV a criteri moderni di sicurezza farà lievitare ulteriormente i costi del 30-40%. Già, perché per 60 km fra Firenze e Bologna le gallerie mono-tubo TAV, in cui si incrociano sotto terra i super treni, sono sprovviste persino di un tunnel parallelo di sicurezza... E ogni tanto, là sotto, i treni si fermano: c’è qualche problemuccio nell’alimentazione.
Al processo di Firenze, il PM Gianni Tei ha informato che “il dato grezzo è che il danno ambientale viene individuato nel suo valore più attendibile in misura pari a 741 milioni di euro. Circa 1.500 miliardi di vecchie lire”.
Ma si è aggiunta anche la beffa.

Quale?
 Ancora un volta è stato il contribuente a dover pagare di tasca propria i 53 milioni di euro previsti per i primi rammendi ambientali delle criticità più vistose (ma 15 milioni, per quanto a noi risulta, non sono stati ancora erogati).
Eppure nell'autunno del '95 un certo Massimo D'Alema aveva dichiarato che la più grande opera pubblica di cui l'Italia ha bisogno è... il risanamento idrogeologico! Ci domandiamo: cosa è stato fatto in questo settore? I disastri idrogeologici crescono. L’impermeabilizzazione del suolo (e del sottosuolo) certo non aiuta! Vorremmo fare qualche citazione a questo proposito.

Per esempio?
Il meteorologo Luca Mercalli a una nostra domanda in occasione della presentazione del suo ultimo libro “Prepariamoci”, il 28 ottobre scorso a Firenze alla Libreria MelBookStore, ha risposto:  “In un momento in cui le risorse economiche si stanno assottigliando, la priorità degli investimenti dovrebbe essere sul prepararci a un futuro di grande incertezza, e non essere rivolta a opere faraoniche che hanno un’utilità assolutamente indimostrata, che concentrerebbero le risorse in un unico punto senza una ricaduta capillare su tutta la popolazione, e che rischiano tra l’altro in una situazione di questo genere di non essere nemmeno mai portate a termine, magari anche soltanto perché non servono più, perché via via che gli eventi incalzano ci si accorge che è più importante, per esempio, metterci in sicurezza contro le alluvioni o mettere i pannelli solari sui tetti di tutta Italia. Direi che anche solo per opportunità civile dell’intero Paese queste mega-infrastrutture sarebbero da spazzar via. Ho visto che almeno oggi ha ceduto il tabù del Ponte sullo Stretto. Speriamo che sia l’inizio di un effetto domino che travolga anche questa bulimia da gigantismo. Con un debito pubblico già di 1900 miliardi, si potrebbero usare i soldi in modo migliore, e tale che ritornino. In quei buchi non rendono niente. Invece se usassimo 10 miliardi per fare un programma di riqualificazione energetica delle case degli italiani ci tornano indietro tre volte: bilancia dei pagamenti con l’estero, bollette risparmiate ciascuno di noi e un’Italia più pulita e meno inquinata”.
 
Ritorniamo alle problematiche ambientali. Ci faccia capire meglio.
Questi i dati per l’Appennino tosco-emiliano, dove sono stati colpiti ambienti ufficialmente protetti dalla legislazione europea, i cosiddetti SIC, i Siti di Importanza Comunitaria: impattate 73 sorgenti; 20 fiumi, torrenti e fossi; 45 pozzi; 5 acquedotti. Può bastare? Senza contare le conseguenze connesse alle varie fonti e modalità di inquinamento. Fra queste, quello lasciato in regalo alle generazioni future che, per avere l’acqua là dove prima arrivava dalla sorgente, dovranno continuare per sempre a ri-pomparla dal basso verso l’alto con costi, consumi di risorse e inquinamento aggiuntivi.
Il volume drenato di preziose risorse idriche di montagna è cresciuto durante la cantierizzazione in maniera esponenziale: al processo penale di Firenze è emerso un dato (a quella data) di “non meno di 150 milioni di metri cubi di acqua nel territorio della Comunità Montana del Mugello”.
La chiave di lettura di tutto ciò? All’ombra di condizioni contrattuali autolesioniste per lo Stato, i principali soggetti realizzatori di “grandi opere” come la TAV sono di fatto incentivati non solo a raschiare il fondo delle casse pubbliche ma anche a sviluppare una grande capacità di saccheggio e di compromissione irreversibile di risorse naturali sempre più scarse.
 
Quali risultati avete ottenuto fino ad oggi?
Siamo stati molto soli nella battaglia contro la TAV da quando i decisori hanno firmato le carte. Molti si sono rassegnati troppo presto. Certe associazioni cosiddette ambientaliste hanno lasciato perdere... quando non l’avevano fatto già prima. Anche la cosiddetta politica si è adeguata, opposizioni incluse. Ma hanno sbagliato. Perché la nostra continua sorveglianza, denuncia e controinformazione è servita quanto meno a evitare che si consumassero a ruota libera danni e reati ancora più gravi. Negli ambienti tecnici e scientifici indipendenti abbiamo acquisito una credibilità che ci è derivata dall’atteggiamento irriducibile, sì, ma anche non-ideologico, non-propagandistico, che abbiamo voluto coltivare. Stare ai fatti e ai documenti: questa la nostra linea d’azione. E certo non ci consolano, ma ci confortano almeno un po’ i risultati che si ricavano dalla lettura delle sentenze. Auspichiamo in questo senso che un segnale ancora più importante, questa volta per i pubblici amministratori, arrivi dagli esiti del procedimento in corso presso la Corte dei conti a Firenze: perché sono i Governi, le Regioni e gli Enti Locali acquiescenti, a nostro avviso, i veri primi responsabili di questo sacco all’erario e al territorio che i nostri figli non meritano.
E ci sembra che rappresentino comunque, i risultati fin qui conseguiti, un elemento di prevenzione di analoghi danni qui e altrove. Un’arma informativa importante che – attraverso il sito web http://associazioni.comune.firenze.it/idra/inizio.html, il profilo facebook http://www.facebook.com/profile.php?id=1800297995, il blog http://idrafirenze.wordpress.com/– è ormai a disposizione di tutti, in Italia.
 
Adesso avete scritto una lettera al presidente del Consiglio Mario Monti. La proposta è quella di non depauperare più fondi pubblici e utilizzarli invece per provare ad uscire da questa crisi economica?
Ebbene sì. Oggi che finalmente anche dalle stanze del nuovo Governo ‘tecnico’ si evoca (almeno a parole) il diritto delle future generazioni a ricevere in eredità un mondo vivibile, la prima cosa da fare è quella di cancellare proprio quei progetti che fanno scrivere alla Corte dei conti, riferendosi al caso dell’Alta Velocità modello Italia: “Queste operazioni pregiudicano l’equità intergenerazionale, caricando in modo sproporzionato su generazioni future (si arriva in alcuni casi al 2060) ipotetici vantaggi goduti da quelle attuali. Sotto questo profilo la vicenda in esame è considerata dalla Corte paradigmatica delle patologiche tendenze – della finanza pubblica – a scaricare sulle generazioni future oneri relativi ad investimenti, la cui eventuale utilità è beneficiata soltanto da chi li pone in essere, accrescendo il debito pubblico, in contrasto con i canoni comunitari”.


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