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di Annibale
Qualcuno ricorderà che il governo Prodi entrò ufficialmente in crisi proprio nel giorno in cui il cardinale Angelo Bagnasco lesse la sua prolusione al consiglio permanente della Conferenza Episcopale Italiana. Sull'onda di un persistente risentimento per la proposta di legge sui Dico il presidente dei vescovi italiani parlò, quel giorno, del comportamento governativo nelle ore della cancellazione della visita del Papa a La Sapienza. Il consiglio permanente della Cei è tornato a riunirsi in queste ultime settimane.
A porte chiuse molti vescovi avrebbero espresso preoccupazione e malessere per l'andamento del confronto politico italiano, ma di concreto in quei giorni non è emerso nulla e adesso si è avuta notizia della contrarietà del vescovo di San Marino all'indicazione di voto da parte dell'Udc per il candidato del Pd a Rimini. Volendo andare a cercare qualcosa d'altro si potrebbe segnalare l'editoriale dell'Avvenire del 19 ultimo scorso, nel quale si parla di smarrimento davanti all'inchiesta che coinvolge Berlusconi ed a certi suoi comportamenti. 
Ma  un giornale nazionale con l'Avvenire difficilmente poteva esimersi dal dedicare almeno un editoriale alla vicenda che vede il presidente Berlusconi al centro di simili polemiche.
La verità sembra essere molto semplice e anche abbastanza chiara: per la chiesa italiana, o almeno per la testa della sua dirigenza, questo governo era e resta un interlocutore affidabile, certamente preferibile a quello che lo ha preceduto. "La chiesa valuta i politici per le leggi che fanno e non per le persone con cui vanno a cena", si è letto e sentito dire in molte circostanze. Neanche la politica economica riesce ad intaccare la qualità di questo rapporto (la Chiesa sembrerebbe preferire  un deficit spending, temendo per la tenuta occupazionale). Ma l'occupazione non rientra tra i principali irrinunciabili per il vaticano. 
Quelli sono stati fissati dal Papa e riguardano la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna e la sua tutela, l'aborto e il "fine vita", termine che deve sostituire quello di "testamento biologico" perché è l'esatto contrario, cioè indica la negazione del diritto del paziente a indicare la propria scelta di rinunciare ad alimentazione e idratazione artificiali. Nel caso di Welby poi si ritenne di opportuno negare anche il diritto alla sospensione della ventilazione artificiale.      
  
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