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Articolo 21 - Editoriali
Navi veleni: inchieste a "perdere"?
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di Bruna Iacopino

Navi dei veleni. Dopo un can can mediatico, durato, tutto sommato ben poco perchè rimpiazzato da altre emergenze, la questione è stata nuovamente messa da parte, e per quanto possa risultare sgradevole, “affondata”. Fonti, intanto, continua a parlare, ma lo fa solo ed esclusivamente con la stampa. Si è rifiutato infatti di essere interrogato in sede giudiziaria fino a quando non gli verrà nuovamente concesso il trattamento di protezione. "Informeremo la Presidenza del consiglio e il ministero dell'ambiente per segnalare cosa ci è stato segnalato oggi" ha affermato Gaetano Pecorella, presidente della Commissione bicamerale sui rifiuti, dopo l'audizione del procuratore di Paola Bruno Giordano a Palazzo San Macuto di Roma, garantendo al tempo stesso il ripristino della protezione per Fonti.
L'inchiesta, tra le mani di Bruno Giordano, sta per passare alla Dda di Catanzaro, data la competenza specifica, mentre presso la Procura di Paola dovrebbe rimanere quella relativa alla contaminazione del suolo nell'entroterra del cosentino, un altro fascicolo di inchiesta, per ora ad uno stato “embrionale” è stato aperto anche presso la Procura di Livorno, dove, stando sempre alle dichiarazioni del pentito, sarebbe stata affondata un'altra nave.
Chiara la richiesta proveniente invece dalla "Commissione ambiente e protezione civile" degli assessori regionali, coordinata da Silvio Greco ( assessore all'ambiente per la Calabria): “ bisogna trovare tutti i relitti”. Per questo, è stato chiesto al presidente Errani di inserire immediatamente la questione nell'agenda del confronto Governo-Regioni, e richiedere un incontro con il Ministro Prestigiacomo.
Ad avallare le dichiarazioni di Fonti e a gettare nuova luce sull'intera vicenda ci pensa anche Massimo Sacalia, presidente della prima commissione bicamerale d'inchiesta sul traffico illecito dei rifiuti, la commissione "Ecomafie", istituita nel 1995.
In un'intervista apparsa oggi su greenreport.it, Scalia dichiara: “ C'è da precisare, nell'annosa vicenda delle "carrette" a perdere, che gli affondamenti sospetti presso le coste italiane, denunciati nel periodo che va dal 1979 al 1995, riguardano 39 casi...”
Secondo Scalia, il problema era ben noto già da nove anni: “ Vorrei ricordare il 20 novembre 2000, quando nello stupendo palazzo dei Normanni a Palermo le commissioni parlamentari Antimafia e Ecomafie organizzarono il convegno "Le rotte delle  ecomafie", presenti tutti i massimi responsabili delle forze addette al contrasto della criminalità organizzata. "Lo stato si è mosso", affermarono convinti molti dei partecipanti nella sala gremita. Non è stato purtroppo così. Il memoriale del pentito Fonti era già noto da tre anni, ma la sua complessità e la ricchezza delle sue informazioni erano state in qualche modo un fattore di scarsa credibilità, sembrava "costruito" si diceva. Oggi i riscontri effettuati dalla procura di Paola rilanciano invece le indagini e le ipotesi che varie procure e la commissione Ecomafie avevano avanzato nel corso degli anni '90: un panorama di traffici di rifiuti pericolosi o radioattivi, di smaltimenti criminali e complicità politiche in Italia e fuori...”
Ma nonostante questo, ancora si fatica a far emergere interamente la verità, quella verità che il Comitato De Grazia continua a chiedere a gran voce: “ Non chiediamo rassicurazioni ma verità provate e dimostrate a tutti noi che siamo i cittadini interessati colpiti da questa immane tragedia.” Si rinnova dunque l'appello ai cittadini, ai calabresi tutti, perchè in ogni Comune tirrenico si costituiscano dei Comitati civici e insieme si possa arrivare ad una mobiliatazione di massa, tale da far pressione sul Governo e sugli enti preposti all'emergenza.
La realtà, tuttavia, è molto più complessa di quanto non possa sembrare. Infatti, com'è possibile rispondere alle richieste delle regioni e dei cittadini per il recupero dei relitti e l'analisi di quanto contenuto in essi se non ci sono fondi sufficienti a sostenere le attività di ricerca destinate allo scopo?
Ad oggi la nave Astrea dell’Ispra che è coinvolta negli interventi in mare, e nello specifico, in questi giorni, impegnata lungo le coste del Tirreno calabrese, dispone di un equipaggio tecnico-scientifico, composto soltanto da sette unità, in seguito ai massicci licenziamenti attuati in tutto l'Ispra nei mesi scorsi, 200 persone in tutto, mentre altre 230 dovrebbero essere allontanate entro dicembre.
“Di esse - si apprende da un comunicato Flc-Cgil risalente al 22 settembre-  tre sono dipendenti a tempo indeterminato dell’Istituto, mentre le rimanenti quattro sono titolari di contratti a tempo determinato e di collaborazione di imminente scadenza, i cui rinnovi sono oltretutto a rischio. Infatti, a un anno dalla sua istituzione per decreto legge e dal conseguente commissariamento, l’Ispra non è ancora dotato di regolamenti in grado di assicurare la necessaria celerità nello stipulare o rinnovare contratti a termine, borse di studio, assegni di ricerca, ecc..”
Viene dunque spontaneo chiedersi: “ oltre al danno anche la beffa?”

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