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Articolo 21 - Editoriali
Ovociti e spermatozoi dalle staminali: gravi problemi etici. E quali sarebbero?
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di Simone Luciani

La notizia è questa: in California sono riusciti a ottenere ovociti e spermatozoi dalle cellule staminali ricavate dalla pelle. La procedura è quella di far reagire queste cellule staminali con determinati composti chimici. Il tutto è stato pubblicato sulla rivista Nature e la notizia è stata diffusa oggi in Italia da diversi media generalisti, in genere paventando gravi dilemmi etici. L’evocazione di foschi scenari ormai è un’abitudine di fronte a qualunque novità, dalla più bella alla più brutta, dalla più straordinaria alla più insignificante. Stavolta l’incredibile sconvolgimento sarebbe che un giorno, in teoria, si potrebbe arrivare a far nascere figli senza genitori. Nel momento in cui scriviamo (sono le 18.50), stranamente, l’unica voce che si è stagliata all’orizzonte è quella dell’Osservatore Romano. Immaginiamo che domani, con l’uscita della notizia sui giornali, i consueti cantori del declino dell’umanità, dell’imminente nuovo nazismo sostenuto dagli scienziati di tutto il mondo, dei deliri su scenari che non esistono si esibiranno nella consueta gara a chi farà la battuta più efficace. Quali sarebbero questi gravi dilemmi etici?
In primo luogo, andrebbe analizzato cosa significhi ‘figli senza genitori’. Se ci si riferisce a chi ha generato i gameti, è evidente che i genitori ci sono: anziché produrli per vie naturali, sperma e ovociti verranno creati dalle staminali della propria pelle (come ha ben detto Carlo Alberto Redi). Va aggiunto che un ovulo fecondato, per divenire prima feto e infine bambino, ha necessità di una donna che lo porti in grembo. Se invece per ‘genitori’ intendiamo, come da buon senso, coloro che educano, crescono, danno amore a un bambino, l’obiezione non ha nessun fondamento. E’ piuttosto ridicolo, crediamo, ridurre il ruolo dei genitori a coloro che forniscono i gameti, a meno di non sostenere che i genitori adottivi siano genitori di serie B. Dunque, tratteggiare paesaggi orwelliani non ha alcun senso.
In secondo luogo, se analizziamo lucidamente le potenzialità che questa tecnica, una volta messa a punto, potrebbe avere, scopriamo che più che portare nuovi problemi etici ne risolve di vecchi. L’applicazione più ovvia è infatti nell’ambito della fecondazione assistita: chi ha problemi di fertilità legati alla produzione o alla qualità dei propri gameti, potrà produrne attraverso la propria pelle. Ciò eviterebbe il ricorso alla fecondazione eterologa, cioè il ricorso a gameti esterni alla coppia, che a tanti (non a noi, ma di certo a coloro che domani si esibiranno in stentorei anatemi) crea disturbo, tanto da averne imposto il divieto per legge (siamo ancora in attesa che qualcuno ci convinca che ciò sia giusto, senza ricorrere al magistero della Chiesa Cattolica o a posizioni morali del tutto personali). Ed eviterebbe di manipolare l’embrione umano, termine impreciso col quale ormai si indica anche l’ovulo fecondato, che trova fra i suoi tifosi chi lo ritiene una persona (in tutto uguale a chi in questo momento sta leggendo questo articolo).
Infine, una considerazione di carattere generale: si continua a confondere, in questo paese e da parte di qualcuno, la tecnica con il suo utilizzo. A raccapricciare degli esperimenti del dottor Mengele (domani ci sarà chi parlerà di nazismo ed eugenetica) non erano le tecniche, ma il piano che c’era dietro. E così sarà nei secoli dei secoli: se aberrazioni ci saranno, verranno non dalla tecnica ma dal suo utilizzo. Gli scienziati dell’università californiana, infatti, hanno proposto delle linee guida da concordare con la comunità scientifica. In Italia, non si sa per quale ragione, si ritiene che gli scienziati non siano in grado di autoregolarsi, ritenendoli evidentemente dei pazzi esaltati. Si preferisce che a dettare le regole sia la politica, o peggio ancora la Chiesa, e, anche se ciò avesse una logica, non si capisce per quale bizzarro motivo dovremmo ritenere politici e vescovi antropologicamente migliori degli scienziati.

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