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Articolo 21 - Editoriali
Honduras, 132 morti il bilancio della dittatura
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di Gennaro Carotenuto*

Secondo le organizzazioni in difesa dei diritti umani honduregne e in particolare per il presidente del CODEH Andrés Pavón, che ha tenuto una conferenza stampa in merito, i golpisti in Honduras dal 28 giugno ad oggi avrebbero ucciso 132 persone e ferito almeno 453 altre. Di queste circa 30 sarebbero state uccise durante mifestazioni pubbliche e il resto assassinate da sicari, squadroni della morte o durante detenzioni arbitrarie.

Wendy Davila, è possibile citare solo alcuni dei 132 nomi, aveva 24 anni ed era una studentessa. E’ morta il 26 settembre a causa di un attacco respiratorio causato dal lancio di lacrimogeni da parte della polizia davanti all’Ambasciata brasiliana. Marco Antonio Canales, lo stesso giorno è stato assassinato da sicari mentre usciva dalla sede di Radio Globo. La lista prosegue per pagine e pagine.

Dal 28 giugno ad oggi in Horas vi sono stati almeno 3.033 arresti illegali documentati, 114 giornalisti aggrediti, 14 media chiusi e attualmente vi sarebbero ancora nelle carceri del paese almeno 114 prigionieri politici, un numero di molto superiore a quelli per i quali viene condannata Cuba e che tuttovia non commuove i grandi media internazionali.

Nonostante il complesso mediatico internazionale tergiversi e faccia credere che l’amnistia che proclamerà domani mercoledì il nuovo presidente Porfirio Lobo sia una concessione e si riferisca a presunti reati commessi dal deposto presidente Zelaya è in realtà ai crimini commessi dalla dittatura di Micheletti e in particolare ai 132 assassinii che l’amnistia è diretta. E’ parte infatti dei precisi accordi con  quali i due maggiori partiti del paese, il liberale ed il nazionale si sono divisii compiti. Il partito liberale ha realizzato il lavoro sporco, evitando che  arrivasse alla convocazione  dell’assemblea costituente, al prezzo di vittime citato, e il partito nazionale, complice in tutto, sistemerà le cose con una falsa discontinuità.

Le decine di organizzazioni democratiche che domani sfileranno per le strade della capitale si sono mostrate compatte nel ripudiare l’amnistia considerata un colpo di spugna. Non così la comunità internazionale che non vede l’ora di voltare pagina e che di quei 132 morti senza giustizia non sa cosa farsene.

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