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Articolo 21 - Editoriali
Alla giustizia servono misure organizzative, non leggi ad personam
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di Domenico d’Amati

Il senso della relazione del presidente della Cassazione Carbone sull’amministrazione della giustizia nel 2009 è che i problemi del settore vanno risolti sul piano organizzativo; non v’è in essa una parola che possa interpretarsi come avallo per il “processo breve” varato dal Governo come contromisura alla bocciatura, da parte della Corte Costituzionale, del “lodo Alfano”. Non per nulla la relazione rileva che la durata dei processi non è uniforme nelle varie aree del paese, onde “l’uguaglianza dei cittadini è violata in funzione del luogo in cui si invoca la tutela”. Uno sguardo alle cifre concernenti la giustizia civile consente di constatare che mentre a Napoli e a Bari i tempi sono in effetti africani, a Torino e a Trento la durata dei processi rientra nella media dei paesi Ocse. Nel settore penale i Tribunali di Napoli, Milano e Trento hanno definito entro sei mesi rispettivamente il 35%, il 40% e il 65% dei processi trattati con rito collegiale. Trattandosi di attività identiche, le differenze di funzionamento fra un centro e l’altro possono essere spiegate solo con ragioni di natura organizzativa. In via esemplificativa la relazione si sofferma sulla seconda sezione penale della Cassazione dove “con la sinergia di un (moderato) rafforzamento del contingente di magistrati, della cancelleria e della logistica, una robusta pianificazione centralizzata in stretto raccordo con la presidenza della Cassazione, una riorganizzazione dell’ “ufficio spoglio” e soprattutto la richiesta di sforzi straordinari a tutti (anche con doppi collegi nella stessa giornata, per definire quanto più possibile in un’unica udienza, protratta fino a tarda sera), entro aprile 2010 l’arretrato della sezione (7.000 cause nel 2008) sarà completamente smaltito e, dopo l’intervento straordinario, il tempo stimato tra l’arrivo in sezione e la celebrazione di un processo è ridotto da cinque anni a cinque-sei mesi. La celebrazione di un processo giusto in tempo ragionevole è una realtà.” La relazione indica la necessità non solo di misure organizzative ma anche di interventi diretti a fermare, in particolare nel settore civile, l’incremento del contenzioso, ma non si sofferma su un aspetto particolarmente significativo del problema. Gran parte del contenzioso in sede civile ha come protagonisti le pubbliche amministrazioni, le società controllate dallo Stato e il Fisco. Basti pensare agli enti previdenziali e alle aziende “privatizzate” come Poste e Ferrovie e alla Rai. Queste situazioni patologiche potrebbero essere ridimensionate con interventi di natura gestionale sulla cui necessità andrebbe richiamata l’attenzione dei responsabili.
Roma, 2 febbraio 2010
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