Articolo 21 - Editoriali
Le macerie de L'Aquila
di Samanta Di Persio
A L’Aquila il vento sta cambiando. Dal 14 febbraio i cittadini del capoluogo abruzzese sono scesi in piazza. Sono partiti da piazza Duomo, hanno attraversato i portici, il tratto aperto già da mesi, poi sono arrivati ai quattro cantoni. In questo punto ci sono gli sbarramenti, non si può passare. Quel giorno 300 aquilani forzano con determinazione per raggiungere piazza Palazzo. Lo scenario davanti ai loro occhi: macerie, macerie, e ancora macerie. Una montagna di pietre, mattoncini, metalli, materiali di ogni genere, perfino oggetti ed indumenti appartenuti chissà a chi. Nessuno aveva portato via ciò che restava di quella notte del 6 aprile. Si sale sulle macerie, c’è la voglia forte di dire al mondo intero: “Qui a L’Aquila non è stato ricostruito niente, solo nuove costruzioni le new town. Case del progetto C.A.S.E che in comune con una casa hanno solo il nome, nient’altro!” Ci sono le telecamere di tutte le televisioni. Il messaggio passa. Gli aquilani si incontrano ancora il 21 febbraio. Sempre di domenica, questa volta per la manifestazione “Le mille chiavi”. I cittadini appendono le loro chiavi allo sbarramento in metallo e poi entrano ancora a piazza Palazzo. Quelle macerie sempre lì, come l’ultima volta. Se né la protezione civile, né il comune sono in grado di dar loro un destino, l’appuntamento è per domenica 28 per toglierle. Carriole, secchi, guanti, mascherine e di nuovo si scende in piazza per dare una dimostrazione importante: per ricostruire, per riaprire la città bisogna "smacerializzarla". Più di seimila aquilani partecipano. Le macerie vengono portate via dalla piazza del municipio e una catena umana, di passaggio in passaggio le fa arrivare a piazza Duomo per differenziarle. Sì, gli aquilani hanno pensato anche a fare una raccolta differenziata. Ma nonostante riescano a far vedere che le cose a L’Aquila non sono affatto a posto, si prendono anche gli insulti dai sostenitori della maggioranza di governo: “Vergognatevi, ingrati, vi meritereste trent’anni nei container!” Per non parlare poi dei malpensanti che nella volontà di far rinascere una città dai cittadini vedono strumentalizzazioni politiche. Intanto sono trascorsi 11 mesi e L’Aquila è ancora macerie, terremotati negli alberghi, sfollati senza soluzioni, moduli abitativi del progetto C.A.S.E. in manutenzione perenne, edifici che rischiano di crollare perché non vengono ancora messi in sicurezza o ancora non si comincia a ricostruire. Solo il popolo può far volare L’Aquila.
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