di Antonella Napoli*
Gli echi di scontri, di rapimenti e di nuove vittime in Darfur dimostrano ancora una volta l'inefficacia di accordi di pace sommari, che non coinvolgano tutte le parti in conflitto.
Avevamo accolto con ottimismo la notizia del 'cessate il fuoco' raggiunto con il Justice and Equality movement, annunciato con entusiasmo dal presidente sudanese Omar Hassan al Bashir, ma non abbiamo nascosto lo scetticismo che questo atto potesse portare alla conclusione della guerra nella regione.
Abbiamo da subito denunciato gli attacchi dell'esercito regolare di Khartoum - il giorno dopo la firma del pre-accordo di Doha - nell'area di Jebel Marra, sotto il controllo dei ribelli del Sudan liberation army.
Nei giorni successivi, l'Onu stessa aveva dichiarato che i combattimenti tra militari e guerriglieri potevano aver causato centinaia di morti.
Nelle ultime ore, l'agguato a una pattuglia dell'Unamid - la missione ibrida che dovrebbe garantire protezione e sicurezza alla popolazione - ha confermato che l'azione militare, portata avanti da entrambe le parti, continua senza tregua.
A tendere l'imboscata ai 'caschi blu' sarebbe stato un gruppo di ribelli proprio nella zona di Jabel Marra.
Due militari che facevano parte del contingente di pace internazionale sono scomparsi.
'"Forse - ha dichiarato un portavoce dello Sla che ha poi annunciato la liberazione dei peacekepers - hanno cercato di fuggire nel corso dell'agguato. Noi non sappiamo nulla del loro destino".
Il timore è che siano finiti nelle mani di sequestratori senza scrupoli interessati a un eventuale riscatto.
E' chiaro, quindi, che la situazione nell'area sia totalmente fuori controllo.
Non è un caso che gli Stati Uniti, molto cauti negli ultimi mesi nell'esprimersi in merito al conflitto nella martoriata regione del Sudan, si siano detti "estremamente preoccupati" riguardo alle notizie degli ultimi scontri.
Le dichiarazioni del portavoce del Dipartimento di Stato, Philip Crowley, sono state molto chiare.
"Le forze armate del governo sudanese conducono da tempo - ha affermato Crowley - operazioni nel quadro di un'offensiva contro postazioni dell'Esercito di liberazione del Sudan di Abdelwahid Nour. In base alle informazioni disponibili questi combattimenti hanno provocato importanti perdite civili, spostamenti di popolazione e sgomberi di organizzazioni umanitarie".
Gli Usa non hanno esitato a sollecitare sia il governo sudanese e sia lo Sla-Aw ad astenersi da nuove violenze per permettere alla missione congiunta Onu - Ua di accedere a Jebel Marra al fine di valutare la situazione umanitaria e ripristinare la stabilità nell'area. Ma il loro appello è rimasto inascoltato.
E il bollettino di guerra si è macchiato di ulteriore sangue.
Oltre duecento civili sarebbero morti a causa di questi attacchi, ma un bilancio certo è impossibile visto che le unità delle Nazioni Unite non sono riuscite ad accedere alle zone colpite.
*Presidente di Italians for Darfur