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Articolo 21 - Editoriali
Siamo tutti fratelli... d'Italia
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di Gian Mario Gillio*

«Nomadi, immigrati, poveri, precari, disoccupati… siamo tutti fratelli… d’Italia», questo lo slogan lanciato per la campagna Otto per mille dell’Unione delle chiese valdesi e metodiste presentata ieri sera a Milano (martedì 11 maggio) presso la Camera del Lavoro. Un appuntamento all’insegna della festa con momenti di teatro, musica, testimonianze, filmati e il resoconto di un’indagine commissionata a Eurisko sulle opinioni – in campo etico e sociale – degli italiani che scelgono di firmare per l’Otto per mille valdese e metodista. Ad aprire l’incontro l’Orchestra di via Padova – gruppo multietnico composto da 15 musicisti – che con l’attrice Alessandra Faiella hanno animato la serata con momenti musicali e teatrali. Il pastore africano Mawuli Adubrà – incaricato dalla Tavola valdese di monitorare i progetti e gli interventi effettuati con i fondi otto per mille in Africa – è intervenuto sul significato dei progetti nel particolare contesto del continente. Dagmawi Yimer, regista del documentario-film «Come un uomo sulla terra», realizzato dalla Ong Asinitas e finanziato dai valdesi, ha invece messo in luce l’odissea che gli immigrati devono affrontare prima di sbarcare a Lampedusa e la tragedia dei respingimenti verso la Libia.

Ad aprire la serata, dopo la performance musicale, l’attrice Lella Costa, che ha raccontato il motivo per cui ha deciso di destinare il proprio otto per mille ai valdesi. L’anno precedente la campagna era stata dedicata al tema della laicità. «Anche in conseguenza del caso Englaro – ha ricordato la moderatora della Tavola valdese Maria Bonafede –, erano particolarmente caldi i temi della bioetica e ci parve doveroso ribadire il principio della laicità: che non è indifferentismo o relativismo etico. Significa semplicemente riconoscere che una comunità di fede, per quanto ampia e rilevante qual è il cattolicesimo in Italia, non può dettare le leggi dello Stato che, soprattutto su temi sensibili, devono essere il frutto e la sintesi di un ampio dibattito pubblico. Quest’anno invece l’accento cade sui temi dell’esclusione e del pregiudizio perché siamo preoccupati. Da una parte la nostra società è visibilmente sempre più multietnica e multi-religiosa, mentre dall’altra l’immigrazione viene vista come una minaccia ed un problema. E questa concezione può alimentare comportamenti anche violentemente razzisti. Come per altro la cronaca ci dimostra».

Come è noto, l’Unione delle Chiese metodiste e valdesi destinano il 100% delle risorse ottenute dalla distribuzione dei fondi Opm a finalità culturali, educative e assistenziali in Italia (il 70%) e all’estero (il 30%). Non un euro va a finalità di culto, stipendi pastorali, ristrutturazioni o costruzione di chiese: questo è da sempre un criterio chiave dell’utilizzo dei fondi, come la trasparenza nella rendicontazione. «Negli ultimi anni l’Otto per mille alla Chiesa valdese ha registrato un costante incremento», ha sottolineato il politologo Paolo Naso, riportando i dati commissionati all’Eurisko. «Per limitarci agli ultimi tre anni (comunque relativi a firme e dichiarazioni di 5, 4 e 3  anni fa, le ultime rese note dall’Agenzia delle entrate) abbiamo registrato il costante aumento di +5%, +12% e +16%, arrivando a superare le 311.000 adesioni, per un totale di poco superiore agli 8 milioni di euro. Valdesi e metodisti in Italia non superano le 30.000 unità. I dati dell’ inchiesta Eurisko confermano che l'assoluta maggioranza dei firmatari per l’Opm ai valdesi non sono evangelici, e tra di essi il 25% si dice cattolico. Ad oggi – ha proseguito Naso – , la Tavola valdese non partecipa ancora alla ripartizione dei fondi non esplicitamente destinati dal contribuente. In virtù di una modifica dell’Intesa con lo Stato, tale partecipazione avverrà a partire dal 2013. La ragione per cui la Chiesa valdese ha deciso di accedere anche alle quote non espresse è legata a una valutazione negativa dell’utilizzo dei fondi Opm da parte dello Stato ai quali ancora oggi va la “quota non espressa” ipoteticamente destinata ai valdesi». Proprio come ha voluto sottolineare Maria Bonafede: «Negli anni abbiamo visto che lo Stato non ha fatto un uso ragionato e strategico di questi fondi: da una parte non ha mai promosso l’opzione a suo favore, dall’altra ha finito per utilizzare i fondi senza una precisa strategia e, talvolta, per fini che non potevamo condividere, quali ad esempio il finanziamento delle missioni militari in Iraq. Il Sinodo ha ritenuto che la decisione “per lo Stato” non fosse migliore e più difendibile di quella di accettare anche i fondi non destinati, ovviamente impegnandoci a farne un uso altrettanto attento e trasparente di quelli ricevuti nel corso degli anni».

*direttore di Confronti

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