Clicca qui per il nuovo sito di Articolo 21 »
Ricerca con Google
Web articolo21.info
 
 
Articolo 21 - Editoriali
Il terremoto prevedibile
Condividi su Facebook Condividi su OKNOtizie Condividi su Del.icio.us.

di Silvio di Francia*

“Con tutte le cautele del caso, credo che quanto sta accadendo e questo primo responso uscito dalle urne meriterebbe – e probabilmente l’avrà – una seria analisi non solo politica, ma  sociale e persino culturale.

Per il momento accontentiamoci di registrare che se non è semplice stabilire chi ha vinto (tutti i protagonisti hanno avuto risultati con luci e ombre), sappiamo che c’è un sicuro sconfitto: vale a dire Silvio Berlusconi.

Il voto ci consegna, infatti, la sua prima sconfitta, profonda e forse irrimediabile. Da Milano a Napoli, da Trieste a Cagliari, a Torino – e persino dove prevale il centrodestra – Berlusconi perde politicamente oltre i dati percentuali. Il terremoto, prevedibile, che seguirà nel centrodestra è solo la conseguenza di questo declino.

Il referendum su di sé, che il Presidente del Consiglio aveva inseguito anche questa volta, c’è stato, ma con risultati opposti a quelli previsti. Perde a Milano che aveva ossessivamente indicato come la madre di tutte le battaglie; perde in molte città del nord trascinando anche la Lega nella propria sconfitta. Cosa questo significhi è abbastanza semplice da spiegare: stiamo assistendo alla fine di un ciclo politico iniziato nel 1994 e che ha coinciso con la storia stessa della Seconda Repubblica.

La sconfitta di Berlusconi spiega anche i toni urlati e i colpi bassi utilizzati in questo scorcio di campagna elettorale da parte dei fedelissimi del Cavaliere: quella che era sembrata una strategia fatta di arroganza e di toni spregiudicati, era in realtà un segno di disperazione che assomigliava più alle “ultime raffiche” tipiche dei regimi morenti.

Ed è qui forse l’eredità più “pesante” che il ciclo berlusconiano consegna al paese. Berlusconi ha letteralmente avvelenato i pozzi. L’Italia che esce da questi vent’anni è un paese declinante economicamente, piegato moralmente e inquinato culturalmente. A scanso di equivoci non si tratta della consueta invettiva apocalittica, ma della constatazione derivante da una campagna elettorale durante la quale si è assistito a ogni sorta di colpi bassi: dalla promessa di sanatoria dell’abusivismo napoletano fino all’incredibile indicazione al disprezzo verso tutti “quelli di sinistra che puzzano, non si lavano e sono talmente brutti da non potersi specchiare” (citazione testuale da un comizio milanese di Berlusconi).

Già questo basterebbe a raccontare l’anomalia italiana dove i cambi di maggioranza elettorale non appartengono alla normale dialettica politica tra elettorati che condividono gli stessi valori di fondo e, talvolta, le stesse aspettative (salvo dividersi sulle ricette e sulle soluzioni proposte).

La fine del Berlusconismo ora, e più di prima, interroga e investe di responsabilità l’opposizione. Fino a oggi la crisi del centrodestra era arginata dalla debolezza delle opposizioni. L’afasia del PD, le divisioni nel campo del centrosinistra, le fughe in avanti di Di Pietro, la debolezza del personale politico locale di molte realtà (specie del sud) hanno costituito un alibi e un’assenza di alternativa che hanno mascherato il declino di Berlusconi. Anche i risultati elettorali appaiono ancora contraddittori. E’ vero il centrosinistra prevale a Torino, Bologna e in molte città delle regioni “rosse” e non solo.

E’ anche vero che le vittorie più convincenti si registrano dove l’opposizione si presenta – oltre le formule politiche e le alleanze – attraverso volti diversi, nuovi, comunque alternativi al vecchio ceto politico logorato anch’esso appartenente ad un ciclo politico alla fine. Se c’è un filo che lega i diversi risultati e può aiutare a capire cosa sta accadendo questo va ricercato forse nel volto del giovane candidato di Cagliari che interrompe una lunga egemonia di destra dopo aver battuto nelle primarie i notabili del centrosinistra sardo; può proseguire nella festa dei giovani sostenitori di Pisapia che hanno battuto porta a porta i quartieri milanesi come non si vedeva da anni; per finire con le affermazioni dei candidati di Beppe Grillo che si spera si rivelino meno retorici e più pragmatici del loro sponsor.

C’è un ultima lezione che si può ricavare da questo voto: il risultato davvero modesto di Fini, Casini e Rutelli. Per mesi la scesa in campo del terzo polo ha impegnato le opposizioni in calcoli e strategie su alleanze e sulle diverse combinazioni politiche. Il voto dei cittadini ha chiaramente indicato che la crisi del paese è irrimediabilmente oltre queste previsioni: ovvero, per dirla con Shakespeare, “ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia”.

*per www.popoloviola.org

Letto 1976 volte
Dalla rete di Articolo 21