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Articolo 21 - Editoriali
Finanziaria regionale e crisi
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di redazione

Di seguito i rilievi mossi alla finanziaria regionale Agostinelli di Unaltralombardia:

Con la diminuzione del Pil regionale del 4,1% per il 2009, 300mila in cassa integrazione e la prospettiva in autunno di nuovi consistenti licenziamenti che si andranno ad aggiungere ai 27mila del primo semestre, con un calo dei consumi (-1,5%) e un crescente fenomeno dell’impoverimento che investe circa 200mila famiglie, con l’allontanamento costante dagli obiettivi di Kyoto, occorreva delineare politiche economiche, industriali e di risanamento ambientale di forte contenuto innovativo, prestando particolare attenzione al sostegno dei redditi da lavoro dipendente, alla riconversione ecologica delle imprese, all’estensione e valorizzazione pubblica dei beni comuni, alla soluzione della crisi climatica, tornando all’economia reale in nome del lavoro e della sostenibilità.
Visto l’occultamento delle condizioni reali in cui vivono gli italiani e i lombardi, sommersi da rassicurazioni e dalla propaganda di Berlusconi e Formigoni, torno io sull’evidenza della crisi nella nostra Regione.   possiamo comprendere ancora meglio ciò che sta concretamente avvenendo sulla pelle di migliaia di lavoratrici e lavoratori lombardi. Come sempre i dati  fotografano  una situazione e  indicano una  tendenza. Quelli sull’utilizzo della cassa integrazione sono davvero significativi e sottolineano tutta la gravità della crisi nella nostra Regione. I dati raccolti e elaborati da me in questa settimana si riferiscono a lavoratrici e lavoratori  di aziende con oltre 15 dipendenti con contratti di lavoro  a tempo indeterminato . Restano fuori le migliaia di lavoratori  precari o in nero, in larga misura giovani e immigrate/i, la cui unica prospettiva consentita è quella della perdita del lavoro nel totale silenzio delle Istituzioni. Il dato lombardo nel Luglio del 2009 è di 24.497.275 ore di cassa integrazione a fronte dei 2.808.684 del mese di febbraio 2008! Con le persone coinvolte che percepiscono, nell’ipotesi migliore, 720 euro al mese. Una condizione di vita quasi impossibile da sostenere, che mette a dura prova i più fondamentali diritti. Se ipotizzassimo una media di 80 ore mensili di cassa integrazione  (cioè  due settimane al mese di cassa)  significa parlare di circa 306.000 persone. Oggi che i nodi vengono al pettine, la Giunta Regionale è inadeguata e impreparata sia sul versante analitico/conoscitivo (non vi sono dati precisi  sulle crisi aziendali , ormai quotidiane, né sulla qualità degli imprenditori e dei loro manager che in questi anni  hanno gestito, in completa libertà, le scelte produttive e occupazionali) sia sul versante politico ( le crisi   vengono affrontate una ad una senza un quadro complessivo della situazione), sia sul versante economico ( le scarse risorse messe a disposizione del settore “lavoro” oggi si rivelano ancor di più irrisorie, completamente inadeguate ad affrontare la crisi). Le stime dell’assessore Rossoni, presentate ultimamente in IV Commissione (attività produttive), parlano di 50 mila persone coperte dalla cassa integrazione ordinaria e straordinaria e di 10 mila persone prive di  ammortizzatori sociali per i quali la Regione ha stanziato una dote pro-capite di 6 mila euro (di cui 3.000 per sostegno al reddito, cioè  300 euro mensili lordi per 10 mesi!,  e 3.000 per la formazione professionale). Siamo a differenze dalla realtà di oltre 250.000 persone in carne ed ossa! Un chiaro atteggiamento di sottovalutazione e irresponsabilità. E che dire poi dei precari e delle misure a loro sostegno? La Regione fissa uno stanziamento di 60 milioni di euro facendone discendere un tetto massimo, come dicevamo sopra, di 6.000 euro all'anno  pro capite e ipotizzando circa 10.000 lavoratori precari da sostenere. Peccato che, secondo alcune realistiche stime,  in Lombardia  i precari siano oltre un milione e 200.000. Queste cifre  “pesanti” diventano drammatiche se consideriamo  che  nella nostra Regione sono presenti circa un milione di persone immigrate, con un’età media  di 37 anni,  che lavorano soprattutto nella miriadi di  piccole aziende diffuse sul territorio. La loro condizione è segnata doppiamente dalla precarietà perché in caso di perdita di lavoro queste persone perdono anche lo status di cittadine e cittadini diventando clandestini, corpo di reato in sé e privi di  qualsiasi diritto. 
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