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Articolo 21 - Editoriali
Libera Chiesupola in libero Statarello
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di Simone Luciani

Per noi poveracci ai quali tocca vivere, nostro malgrado, in uno Stato a sovranità limitata, è comunque un colpo leggere sui giornali del cancan tra Il Giornale e Avvenire (ovvero: governo e almeno una parte delle gerarchie ecclesiastiche). Perché, in fondo, ci eravamo abituati (con disgusto, ma ci eravamo riusciti) a interpretare gli anatemi di Oltretevere come le pressioni di una lobby che si occupa di questioni che, Costituzione alla mano, non dovrebbero riguardarla. Ci eravamo abituati. Ma questo polverone, comunque la si metta, ci spiazza, ci intristisce e ci rivolta le carte in tavola. Perché quello che emerge è che tra questo governo (e gli altri?) e le gerarchie ecclesiastiche il rapporto non si limita a una parte che chiede –o sarebbe meglio dire ‘ordina’- e un’altra che, per mano di qualche integralista e molti di più dediti alla cura delle proprie carriere, esegue. No. Qui siamo di fronte a delle incrostazioni di potere, a dei legami, a dei giochi e delle prove di forza da guerra fredda.
Eravamo ingenui a pensare ad altro? Può darsi. Fatto sta che la vicenda dell’informativa, quale che sia la sua origine, smaschera più di ogni altra condanna tirata fuori dai cassetti e più di ogni altra audacia (la vogliamo chiamare così?) di spregiudicati direttori legati al premier queste incrostazioni. Pare di capire che le fonti di quella informativa possano essere due: o qualche manina legata o riconducibile a servizi segreti e ambienti simili, o qualcuno legato al Vaticano. Nel primo caso vuol dire che siamo di fronte, per quel che concerne i rapporti fra Stato e Chiesa Cattolica, a intrecci a dir poco imbarazzanti (per quel che concerne il resto si fa addirittura fatica a commentare). Tanto che, più veloce di Usain Bolt, dovrebbe arrivare da chi ancora conservi un minimo di lucidità un’undicesima domanda a Silvio Berlusconi: ‘che tipo di rapporti esistono fra il suo governo e le gerarchie ecclesiastiche, tutte o una parte di esse?’ Perché qui non saremmo più di fronte al rapporto fra due Stati, pur legati da Concordato, o fra lo Stato e un’autorità religiosa, e non siamo nemmeno di fronte alle pressioni di una potente lobby che vuole leggi e garantisce carriere. Saremmo di fronte a un rapporto fondato su patti, segreti, minacce, ritorsioni, ricatti e quant’altro, tutto ciò strutturato e radicato chissà in che modo e chissà da quanto. Sulla pelle, ovviamente, degli italiani.
Nel secondo caso (che, stando alle rivelazioni giornalistiche, in particolare quelle di Dagospia, ci pare, da lettori, la più probabile), ovvero quello di una velina uscita da ambienti vaticani, non andrebbe meglio. Ci troveremmo infatti di fronte a lotte intestine della Chiesa di Roma in cui correnti avversarie e talora nemiche si combattono, si accoltellano e si stritolano. Roba da far impallidire il PD. Il problema, però, è che in questo caso il giornale di proprietà del premier italiano avrebbe giocato un ruolo in favore di una di queste correnti (come osservato giustamente da Oliviero Beha). Perché? La risposta è facile da intuire.
Scriviamo da mesi su questo sito, da ben prima che divenisse un ragionamento comune a tanta stampa, che sono in arrivo almeno un paio di provvedimenti ‘riparatori’ verso il Vaticano e la Cei (che non sono certo stati timidi nel richiederli) da parte di governo e maggioranza. E’ un ragionamento che non basta più. Ci sarà tutto ciò e poi chissà cos’altro. Perché quel che viene fuori sembra un romanzo di John LeCarré. Ma non lo è: è la triste realtà di uno statarello e di una chiesupola, a noi per sventura contemporanei.

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