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Articolo 21 - Editoriali
Ecco il miracolo del piano C.A.S.E.
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di Samanta Di Persio

All’alba del 6 aprile aspettavo che arrivasse il sole. Dalle 3.32 ero in macchina. Ero tornata a casa molte volte fra le scosse, rischiando molto (l’ho capito solo dopo). Una prima volta tornai per prendere delle coperte, non sapendo quali per la paura e la fretta le sfilai dal letto. Poi tornai a prendere il carica batterie. Si susseguivano scosse forti, avvertite da tutti. Come me, tutti gli aquilani del centro storico e dei comuni vicini spaventati avevamo abbandonato le nostre case. Novantamila, centomila e più persone in strada consapevoli che era accaduto qualcosa di drammatico: distruzione e morti. Il dolore era in mezzo alle macerie e alla polvere. Ma nei palazzi… quelle maledette intercettazioni, nonostante le leggi, vengono fuori: si sfregavano le mani. Anche se non si trattava delle olimpiadi di nuoto di Roma, della spazzatura di Napoli, dei giochi del Mediterraneo l’odore del business non si ferma nemmeno di fronte ai morti. Il 6 aprile il Presidente del consiglio arriva a L’Aquila, nella conferenza stampa tenutasi presso la scuola sottoufficiali della guardia di finanza dichiara: “Farò una new town”. Le parole hanno un significato. Come ha detto qualcuno una catastrofe come il terremoto de L’Aquila non capita tutti i giorni. Quindi cosa c’è di più remunerativo della colata di cemento? L’uomo che ha costruito la sua fortuna con Milano2 sa perfettamente quali sono i passi da fare. Il 10 aprile il presidente del consiglio era a L’Aquila per il funerale delle vittime innocenti. Di fronte a 207 bare ha giurato: “Non farò una new town, ricostruirò L’Aquila così com’era” Il dato ormai era tratto. Con delle istituzioni incapaci di opporsi, che hanno lasciato fuori i cittadini da qualsiasi scelta decisionale sul proprio futuro, la seconda affermazione del premier, con tanto di giuramento, ben presto diventerà una bugia. Protezione civile e governo impongono le loro scelte: progetto C.A.S.E. Quanti proclami da maggio Berlusconi affermava e Bertolaso ribadiva: “Tutti avranno un tetto entro settembre!”. I comitati sorti all’indomani della tragedia chiedevano trasparenza, ricostruzione, requisizione delle case invendute. Inascoltati, perfino quando avevano capito che le case non bastavano. Il 29 giugno 3000 aquilani a Montecitorio per opporsi alle scelte di regime. L’unica risposta: "Hanno organizzato delle manifestazione sul nulla, hanno strumentalizzato le speranze, la paura e i morti. Vergogna!" di Silvio Berlusconi. Come dire il bue dice cornuto all’asino. E così 20 new town che Bertolaso non riconosce come nuovi agglomerati perché sono contigui a paesi già esistenti. Qualche esempio: Cese di Preturo, Coppito3, Bazzano, Paglaire di Sassa erano terreni utilizzati per il pascolo. Oggi ci abitano dalle 1000 alle 3000 persone. Queste zone sono state urbanizzate, sono state create strade e vie… alla faccia del contiguo all’esistente! Solo due imprese aquilane hanno potuto partecipare alla partita ricostruzione, così la chiama per un effetto mediatico il presidente del consiglio: “Il miracolo” Di miracoloso c’è che il centro storico dell’Aquila e di altri meravigliosi borghi è distrutto e quindi dichiarato zona rossa. Ancora non vengono messi in sicurezza i palazzi pericolanti, ancora non vengono tolte le macerie, ancora non viene spartita la torta sul centro storico… perché la pancia è ancora piena dell’affare fatto con il progetto C.A.S.E. Grazie alla procura di Firenze!
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