Clicca qui per il nuovo sito di Articolo 21 »
Ricerca con Google
Web articolo21.info
 
 
Articolo 21 - Editoriali
Sakineh, la mobilitazione continua
Condividi su Facebook Condividi su OKNOtizie Condividi su Del.icio.us.

di Marco Curatolo

La parola d’ordine è “Salviamo Sakineh”: una catena di speranza e solidarietà che percorre l’intero pianeta e non accenna a fermarsi. Il tempo a disposizione per sottarre alla lapidazione Sakineh Mohammadi Ashtiani, la quarantatrenne iraniana condannata a morte per adulterio, potrebbe non essere molto. Ed è difficile prevedere se la forza di pressione della campagna in suo favore potrà avere efficacia, e spingere le autorità iraniane in un angolo, rendendo moralmente impossibile l’esecuzione della sentenza; o se, proprio per dimostrare la sua indipendenza e per riaffermare la sua capacità di resistere alle influenze esterne, il regime deciderà di proseguire fino in fondo sulla sua strada. Ma intanto la campagna per Sakineh continua, e il 9 settembre prossimo sbarcherà al Lido di Venezia, dove un’iniziativa promossa da Articolo 21 e coordinata da Ahmad Rafat porrà la vicenda della donna iraniana all’ordine del giorno della Mostra del Cinema. Dove, peraltro, la questione iraniana ha già avuto la ribalta della cronaca a causa del divieto per Jafar Panahi di lasciare l’Iran e di esser presente al Lido, dove è stato presentato il suo cortometraggio “The Accordion”. Un divieto che ha suscitato sdegno perché dimostra una volta di più in quale conto le autorità della Repubblica Islamica tengano la libertà di espressione e i diritti fondamentali dei cittadini.

Per salvare Sakineh si sono mossi persino Francesco Totti e l’A.S. Roma. Il capitano giallorosso e la presidente Rosella Sensi hanno inviato simbolici fasci di fiori alla donna (deposti in Campidoglio sotto la sua gigantografia), irritando a tal punto le autorità iraniane che l’IRNA, l’agenzia di stato della Repubblica Islamica, boicotterà per un mese le notizie sulla Roma. Una reazione così stizzita che potrebbe stupire chi non abbia letto gli insulti riservati pochi giorni fa a Carla Bruni (definita dal giornale ultraconservatore Kayhan una “prostituta italiana”) e ieri al presidente del consiglio Berlusconi (“moralmente corrotto”, sempre secondo Kayhan). Contro chi osa pronunciarsi in favore di Sakineh, Teheran non risparmia le offese. Ora anche la diplomazia vaticana, seguendo strade private, meno soggette al clamore mediatico e meno irritanti per le autorità iraniane, sta provando a muovere i suoi passi per evitare l’esecuzione della Ashtiani.

Purtroppo, oltre allo slancio umanitario collettivo, che talvolta assume tratti magari disordinati e convulsi, ma che ha l’unico scopo di salvare Sakineh, intorno alla vicenda sono nati anche gialli e polemiche, tanto più deprecabili perché contrappongono persone che hanno ugualmente a cuore il caso di Sakineh, e che hanno in vario modo titolo e merito per averlo portato all’attenzione generale. Da un lato Mina Ahadi, responsabile del Comitato internazionale contro la lapidazione e le esecuzioni, in stretto contatto con Sajad, uno dei figli della Ashtiani. Dall’altro l’avvocato Mohammad Mostafaei, già difensore della donna (come di moltissimi altri condannati a morte iraniani, molti dei quali gli devono la vita), recentemente costretto a lasciare l’Iran e adesso esule in Norvegia. La polemica nasce dalla notizia che, in seguito alla pubblicazione sul Times di una presunta foto di Sakineh senza lo hijab (il velo prescritto dalla legge iraniana), la donna sia stata condannata a subire 99 frustate supplementari. La foto, hanno sostenuto fonti vicine alla Ahadi, è stata inviata al giornale inglese dall’avvocato Mostafaei. E non è vero che quell’immagine ritragga Sakineh: si tratta di un’altra donna. “Ho personalmente contattato il tribunale di Tabriz [dove Sakineh è detenuta n.d.r.] e la notizia delle 99 frustate è completamente destituita di fondamento”, ribatte dalla Norvegia Mostafaei, attraverso il suo blog. Mentre Sajad, figlio della Ashtiani, ha ribadito in più occasione che Mostafaei non è più il legale della madre e quindi non ha più titolo per parlare di lei e della sua vicenda. È forte il dubbio che la Ahadi si stia servendo del caso Sakineh per ottenere consensi e pubblicità personale, screditando l’avvocato Mostafaei e il suo impegno umanitario. E intanto polemiche e rancori percorrono il web, dividono gli attivisti che seguono il caso, e pronunciarsi in un senso o nell’altro è difficile e forse irrilevante.
Oltre i gialli e i veleni, restano due soli dati di fatto reali: la sentenza di lapidazione contro Sakineh Mohammadi Ashtiani è esecutiva e potrebbe essere applicata in qualsiasi momento; e la mobilitazione internazionale per salvare Sakineh continua, in affannosa corsa contro il tempo.

 

Letto 1323 volte
Dalla rete di Articolo 21