di Ambra Murè
In Italia capita anche questo. Che lo stesso Ministero dell’Interno che in questi mesi ha sventolato alta la bandiera securitaria e pressato per un irrigidimento delle norme sull’immigrazione, poi conceda l’asilo politico a un immigrato egiziano riconosciuto colpevole di terrorismo. L’uomo in questione si chiama Abu Imad ed è l’ex imam della moschea milanese di Viale Jenner, attualmente detenuto a Benevento e condannato in terzo grado per associazione a delinquere aggravata dalla finalità di terrorismo, perché ritenuto promotore e leader di una cellula salafita che aveva progetti di attentati in Italia e all'estero. Una contraddizione che deve esser parsa evidente al responsabile del Viminale. L'asilo politico è stato infatti revocato in tempi record. Quando l'ex imam finirà di scontare la sua pena - ha precisato Roberto Maroni - "sarà espulso dal territorio nazionale".
E' dunque questo l'esito, quasi scontato, di una vicenda che comunque resta paradossale. Ciascuno di noi adesso può interrogarsi sul perché questo che l'eurodeputato della Lega Nord, Matteo Salvini, ha definito ai nostri microfoni "un errore" sia stato commesso. Una svista? Un black-out burocratico? Un problema di tempistica? Non è dato saperlo. Resta il fatto che, in un paese in cui ottenere un permesso di soggiorno è un percorso a ostacoli, in cui gli immigrati che non hanno un lavoro regolare sono dipinti dalla classe dirigente come delinquenti certi, la commissione ministeriale per la Lombardia ha concesso protezione internazionale a un uomo che, in punta di diritto, non avrebbe dovuto riceverla. Già, perché, come ci spiega Laura Boldrini, portavoce dell’Alto Commissariato Onu per i rifugiati, “la legge parla chiaro: la commissione valuta l’inclusione o l’esclusione della domanda di asilo. C’è un’esclusione quando si ritiene che la persona non sia meritevole di protezione. Ad esempio, se il richiedente asilo ha commesso reati molto gravi, tra cui atti di terrorismo. Se poi una protezione è già stata concessa, ci può essere la revoca”.
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