di redazione
Nel giorno della fiducia al Senato del DDL sulle intercettazioni, ennesimo giro di vite alla libertà di informazione nel nostro Paese, abbiamo il dovere di segnalare l’ultimo gravissimo segnale di repressione messo in campo all’Agenzia radiofonica GRT.
È di queste ore l’arrivo a Francesco Demofonti , ex rappresentante del CDR aziendale, dimessosi il 17 Aprile u.s, di una querela per le parole pronunciate nel suo intervento all’assemblea della nostra Associazione ad Acquasparta.
Nel contesto di un ragionamento che ricostruiva la drammatica situazione nella quale i giornalisti dell’agenzia radiofonica erano costretti a lavorare il rappresentante sindacale aveva affermato “….'il direttore che ci guida, nostro malgrado, da Bolzano dove risiede e lavora - ci ha impedito esplicitamente, pena dure sanzioni , di riportare nei nostri Gr le notizie relative all'inchiesta della procura di Bari sul presunto giro di escort a Palazzo Chigi….. E ancora… "Il direttore sono io e si fa come dico io. Se non vi sta bene quella è la porta!!!" Parlando del comportamento della direzioni Demofonti dichiarava anche “….un sistema che poggia su un assunto odioso e pericoloso per definizione: eliminare il dissenso per creare un grande consenso. Detto diversamente si tratta di licenziare un giornalista oppure di spingerlo a dimettersi volontariamente, dopo costanti pressioni di vario tipo come le lettere di richiamo, tante albe di fila,negazione di cambi turno ecc.”
Così è stato: da quel giorno ad oggi molti colleghi della redazione hanno preferito rassegnare le dimissioni anziché sottostare al clima di repressione quotidiana messa in campo dalla direzione aziendale: non solo del direttore.
Cerchiamo di riepilogare l’intera vicenda nata dal tentativo di un gruppo di soci di rovesciare la compagine sociale della cooperativa. Come? Inserendo, dopo aver protratto illegittimamente il mandato del Consiglio di Amministrazione, un numero elevato di nuovi soci “non dipendenti”, in gran parte completamente sconosciuti . Da lì il ricorso all’arbitrato, previsto obbligatoriamente dallo statuto. Arbitrato da svolgersi naturalmente a Bari dove, nell’ultimo anno, è stata aperta una sede amministrativa della cooperativa. Naturalmente nel comune di residenza del Presidente del Cda che, guarda caso, è anche legale rappresentante di una emittente radiofonica. Da quel giorno abusi e soprusi: una trentina di lettere di richiamo, minacce, insulti, audizioni in assenza dei rappresentanti sindacali, stipendi non regolari, querele, quattro sospensioni, due licenziamenti. Da parte dei soci giornalisti l’ottenimento di un'interrogazione parlamentare, un'aspra vertenza sindacale e la decisione, sofferta, di molti di abbandonare.
Ma parliamo dell’arbitrato che, come molti sapranno, è ricorso alla risoluzione di controversie tra parti con un esborso economico elevatissimo. Pensate che i giornalisti di GRT hanno già pagato di tasca propria circa 20 mila euro. Stessa cifra pagata anche dagli altri soci che hanno, però, attinto dalla cassa della cooperativa.
La situazione dell’agenzia GRT, come quella di decine di aziende editoriali di questo paese, è adesso obiettivamente difficile dopo i tagli messi in atto dal governo Berlusconi al settore editoria. Chiunque si aspetterebbe un gesto distensivo da parte di questi signori. Invece no. Ignorando, ancora una volta, ogni regola sindacale, convocano l’assemblea dei soci, approvando lo stati di crisi annunciando una ristrutturazione aziendale e trasferendo il confezionamento di una delle linee di prodotto e la versione online di GRTV , l’agenzia per gli italiani all’estero, alle sedi distaccate dell’agenzia : Bari, Bolzano e Salerno. Non risulta che queste operazioni siano state concordate con Stampa Romana.
Ma torniamo alla querela nei confronti di Francesco Demofonti ex rappresentante del CDR ora dimessosi da dipendente e socio. Può un direttore che definisce la sua redazione “teste di cazzo allucinanti” e mette in atto le azioni di repressioni sopra descritte, sottoposto dall’Ordine dei giornalisti del Trentino Alto Adige ad accertamenti dopo un esposto presentato dalla redazione, continuare a minacciare indirettamente i colleghi che ancora resistono per la serie “colpirne uno per educarne cento”? Ricordiamo a Mario Bertoldi l'art.21 della nostra Costituzione, che recita: "Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione" E ancora: "La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure". Noi, come sempre, saremo al fianco di Demofonti e di coloro che combattono ingiustizia e soprusi e difendono il diritto alla libera informazione. Se volete querelateci tutti.