di redazione
A serrare le fila è per prima l'Assemblea dei dirigenti Rai (Adrai), convocata in via straordinaria per discutere di un Piano Industriale, definito dalla stessa assemblea, 'a dir poco discutibile e degli attacchi ormai quotidiani e chiaramente strumentali all'Azienda'. “L'Associazione dei Dirigenti -si legge nella nota diramata oggi a mezzo stampa- invita l'Azienda a non sottoscrivere il nuovo Contratto di Servizio fino a che esso conterra' la previsione di obblighi privi di finanziamento tali da costringere la Rai ad essere inadempiente o a spendere risorse che non ha. Senza contare -prosegue l'Adrai- il ridicolo obbligo di pubblicazione delle retribuzioni nei titoli di coda che molto ha a che fare con i termini demagogia e pressapochismo e nulla con la voce trasparenza, che e' perseguibile e, anzi, auspicabile, ma non certo in questo modo becero e tecnicamente inapplicabile'. Una presa di posizione dura e ben argomentata.
'I Dirigenti della Rai –si legge - ritengono ormai intollerabile la pressione della politica che, invece di lavorare nell'obiettivo di un'Azienda libera, autonoma e sana, si ricorda della Rai solo per legarle le mani nella competizione di mercato con obblighi e vincoli destinati a mortificare l'Azienda in un angolo di marginalizzazione e progressiva, inevitabile asfissia'. E le accuse dell'Assemblea sono ben precise: 'Si va dalla natura giuridica della Rai, sempre piu' assimilata a quella di un Ministero, che le impedisce di stare anche solo lontanamente al passo con le innovazioni tecnologiche e la condanna ad una arretratezza da terzo mondo, all'imposizione di continui obblighi di programmazione di assai dubbia utilita', che di certo hanno solo la mancanza di finanziamenti che siano vagamente adeguati'.
Pressione politica che, si concretizzerebbe , a detta della stessa assemblea, anche in una serie di licenziamenti che non andrebbero a risanare le casse dell’erario ma costringerebbero piuttosto a procedere con le esternalizzazioni.'Non occorre essere esperti del settore -prosegue la nota dell'Adrai- per capire che quanto precede e' piu' che sufficiente ad uccidere la Rai, soprattutto se si considera la fase di crisi mondiale che peggiora drammaticamente la situazione e il fatto che anche dall'interno dell'Azienda, non si registra quella determinazione in difesa dell'Azienda medesima che in un momento come questo sarebbe indispensabile'. Ma i dirigenti non si arrendono alla possibilità di un declino: "...in assenza di iniziative concrete - rilanciano- da parte dell'Azienda per la sua stessa tutela, l'Adrai si impegna a procedere direttamente a far valere presso le autorita' giudiziarie competenti il diritto della Rai al finanziamento con risorse pubbliche delle attivita' di servizio, al fine di recuperare tutti gli importi provenienti da introiti pubblicitari che negli anni sono stati impropriamente destinati a finanziare attivita' di servizio pubblico e stimati, nell'ultimo quinquennio, in circa 1.2 miliardi di euro".
E unitamente ad un invito alla coerenza nei comportamenti rivolto al CdA e al Direttore Generale chiudono con una sorta di "ultimatum": " 'Se tuttavia, contrariamente a quanto si ritiene in tutto il mondo civile, in Italia si pensa che il servizio pubblico sia inutile, o impossibile, va bene lo stesso, ma che si abbia il coraggio -prosegue la nota dell'Associazione- di dirlo una volta per tutte senza per forza strozzare un'Azienda come la Rai. Che si sia conseguenti: che si tolga il canone all'Azienda, si adeguino i suoi tetti pubblicitari a quelli dei privati e si veda se sopravvive oppure no. Noi siamo certi della sopravvivenza della Rai. Magari, il problema e' che mettere davvero la Rai sul mercato potrebbe creare qualche problema di redditivita' ad altri. Per quanto ci riguarda, comunque, l'Associazione -conclude l'informativa- fara' tutto quanto in suo potere per spiegare cosa fa la Rai, in quale contesto opera e perche' non puo' essere paragonata agli operatori privati".
Immediate le reazioni.
'Condividiamo totalmente la forte reazione dell'associazione dei dirigenti RAI agli attacchi cui e' sottoposta l'azienda e alla debole risposta che e' stata data dai suoi vertici a cominciare dal direttore generale Mauro Masi'. Lo affermano i consiglieri di amministrazione della RAI, Nino Rizzo Nervo e Giovanni Van Straten, che poi spiegano: 'Le continue ingerenze della politica, la sua demagogia, dall'emendamento Calderoli alla ridicola proposta dei compensi nei titoli di coda, mentre non si affrontano i nodi reali come l'evasione del canone, dimostrano una precisa volonta' della maggioranza di governo di affossare il servizio pubblico'.
'La RAI -proseguono Rizzo Nervo e Van Straten- deve certo ripensare se stessa, ridurre in modo razionale i costi, dare segnali inequivocabili di efficienza ed equita' (purtroppo la nostra proposta di non ricorrere a esterni per le cariche direttive anche nelle societa' controllate e' stata respinta dal consiglio di amministrazione nella sua ultima seduta), ma c'e' di che essere ottimisti se dall'interno dell'azienda riprendono voce unitaria coloro che ci lavorano e sanno quanto preziosa sia la sua funzione di servizio pubblico'.
Mentre l'Usigrai invita subito ad una conferenza di produzione: " 'E' venuta l'ora di una conferenza di produzione che riunisca allo stesso tavolo tutti coloro i quali hanno realmente a cuore il futuro della Rai'. E' quanto auspica il segretario dell'Usigrai, Carlo Verna che rivolge l'invito a 'dirigenti, giornalisti, tecnici, impiegati, operai, consiglieri di amministrazione che negli anni si sono impegnati lealmente dalla parte del servizio pubblico e contro tutti quelli che volevano trasformare la Rai in 'cosa loro'.
Per Verna 'se le bandiere sono la demagogia dei compensi nei titoli di coda, allora ci e' rimasto poco da sventolare. E' ora di ricominciare a parlare di missione, di servizio pubblico, evasione del canone, rilancio dell'offerta e rinnovamento dei sistemi produttivi'.