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Il fuoco della mafia sul Circeo
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di Antonio Turri*

Il fuoco della mafia sul Circeo

Il 3 novembre scorso le fiamme hanno distrutto lo stabilimento balneare del Sindaco; dieci giorni dopo  si tenta di intimidire i Carabinieri. La notte di venerdi 13 novembre, a San Felice Circeo, ignoti, cosi si chiamano da quelle parti  i soldati di mafia, hanno cosparso di benzina l'autovettura del maresciallo Antonio Mancini,comandante la locale Stazione dei Carabinieri.  L'utilitaria del maresciallo era stata parcheggiata nella piazzetta di via del Faro, a poca distanza dalle ben visibili telecamere del servizio di videosorveglianza.
Quindi un gesto fortemente  intimidatorio e di sfida.
Il fuoco, dieci giorni prima, sempre di notte, aveva distrutto lo stabilimento balneare di proprietà della famiglia del sindaco Vincenzo Cerasoli.
Le fiamme, notti addietro, avevano reso inservibili quattro autovetture in un parcheggio cittadino.
Nei mesi passati strani incendi  avevano ridotto in cenere l'autovettura dell'allora sindaco Giuseppe Schiboni, la barca dell'assessore Stefano Capponi, l'auto del funzionario comunale Claudio Petrucci e alcuni chioschi degli stabilimenti balneari.
E' tutta autocombustione dovuta a corti circuiti,fatalità o cattiva sorte?
Bisogna minimizzare, come sostengono da anni gli esponenti della politica locale che negano la presenza delle mafie e del loro agire criminale?
In questi luoghi Omero nell'Odissea, fece approdare  Ulisse e narrò della maga Circe che trasformò i suoi marinai in porci.
Omero non narrò  mai di uomini trasformati in allocchi.
San Felice Circeo è al centro di quel vasto territorio della regione Lazio che da Minturno, Formia e Gaeta, passando per il litorale di Fondi e di Terracina,giunge sino a Sabaudia.
Un territorio, da sempre considerato  il "buen retiro", della medio-alta borghesia romana, divenuto dai primi anni ottanta crocevia degli interessi di mafia,camorra e 'ndrangheta , i cui capi hanno investito ingenti capitali sporchi nelle lucrose attività portuali,turistico-alberghiere, commerciali e nel ciclo del cemento.
I clan in quest'area del Paese hanno potuto contare,come in poche altre parti d'Italia, sulle paure,sulle omertà o sulle connivenze di pezzi della classe politica e sulla complicità di intere categorie professionali.
Anni e anni di “negazionismo” del fenomeno hanno reso possibile la sua cronicizzazione, al punto tale che oggi è difficile distinguere  le modalità di aggregazione criminale e le dinamiche di trasformazione.
Operano tutti in quest'area: mafia,camorra, 'ndrine calabresi, quinta mafia e da alcuni anni la mafia russa che agisce,al momento, silente.
Non è facile riscontrare in altri territori ad alta influenza mafiosa,cosi come nel basso Lazio, un attacco alle Istituzioni e tentativi di intimidazione, alle forze di polizia, a quella parte della stampa o della società responsabile,che si oppone alle mafie.
Attacchi come quelli subiti dal Prefetto di Latina Bruno Frattasi o dal Colonnello dei carabinieri Leonardo Rotondi, rei, per alcuni, di aver alzato il velo sulle commistioni tra mafia, economia e politica a sud della capitale e sui tentativi di controllare pezzi delle istituzioni  romane.
Il mancato scioglimento del comune di Fondi per infiltrazioni mafiose è stato già seguito da tutta una serie di segnali di violenza mafiosa che continuano ad essere minimizzati dalla politica e dal Ministro dell'Interno Maroni,  che al momento si dichiara solidale con il Prefetto, ma che, in pratica, continua a lasciare sguarniti,come hanno fatto i suoi predecessori, tutti i presidi dello Stato che combattono la piovra alle porte di Roma. 
Sono poche unità i carabinieri ,i poliziotti impegnati in prima linea contro le mafie tra Fondi,Terracina e Sabaudia.
Gli uffici giudiziari della provincia di Latina sono al collasso.
Non sono sufficienti i magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Roma e gli operatori della Dia del Lazio che devono seguire l'attività criminale dei centinaia di boss mafiosi stabilitisi nella Regione, dal fiume Garigliano a Civitavecchia,  da Cassino a Viterbo, nel corso degli ultimi venti  anni , dei loro emuli, sodali locali e referenti politici.
Non sono sufficienti le forze in campo per contrastare l'esercito di trafficanti di droga, in particolare di cocaina  che, con a base il mercato ortofrutticolo di Fondi, invadono  i mercati dello spaccio lungo tutto il litorale laziale e di Roma.
I 218 anni di carcere comminati  la scorsa settimana dal Tribunale di Latina ai capi clan e gregari della “quinta mafia”,a conclusione del  processo denominato” Lazial fresco”,  hanno dimostrano come la cocaina e le altre droghe, da Fondi  vengano distribuite in un amplissimo territorio del Lazio e del Paese.
Chi ha la responsabilità politica di combattere le mafie non faccia  come fece  la Maga Circe con Ulisse che gli indicò come avrebbe potuto trovare la rotta per Itaca, seguendo le indicazioni di Tiresia che avrebbe incontrato da vivo... nel regno dei morti.

*Referente di Libera nel Lazio

 

 


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